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L’inizio del disastro afghano

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Un racconto storico sull’inizio del sostegno statunitense ai warlords afghani

Cristiana Cella, giugno 2023

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Khost 1980.

Il buio e la  fatica si portano via le ultime parole stanche dei combattenti. Si sistemano per la notte, posando il fucile accanto a loro, accudendolo come un bambino. La cena, riso , yoghurt e uva, offerta dal comandante Bul Bul, è un miracolo, tra i buchi profondi delle bombe, gli echi di qualche assalto notturno, in quello sperduto villaggio diventato il suo quartier generale. “I Russi sono già passati di qui, per questo è un posto sicuro”. Ci dice. Sorride, con un sorriso che fa quasi luce. “ Quando tornerai, l’anno prossimo, ti farò fare tutto il giro del mio paese su un elicottero russo. Sarà bellissimo e non dovrai più camminare a piedi!” Guardiamo insieme quel piccolo sogno. Nessuno di noi ci crede.

“Davvero, insiste, in un paio di mesi prenderemo Khost”. E’ per questo che siamo qui. La città è in fondo alla valle, la vediamo. Il bersaglio, l’aeroporto, con gli MI24, micidiali elicotteri russi da combattimento,  che luccicano al sole. Abbiamo passato la giornata a spiarne i movimenti. La notte seguente ci sarà battaglia. Bul Bul mi spiega i dettagli dell’assalto all’aeroporto. “Da quella collina potrai vedere bene gli MI24 che saltano in aria”. Come per un programma di fuochi artificiali.

Il comandante Bul Bul fa parte, in segreto, del Fronte Nazionale Unito, una formazione che raggruppa laici, democratici, militanti di sinistra e islamici moderati. Combattono i russi ma anche i gruppi fondamentalisti, che hanno fatto di Peshawar, in Pakistan, la loro sede. Stanno diventando sempre più forti e terrorizzano la popolazione dei villaggi che attraversiamo. Una guerra su due fronti, difficile da reggere con poche armi, soldati contadini, senza esperienza militare e comandanti più abituati ai libri che ai fucili. Così, come altri militanti, Bul Bul sceglie di infiltrarsi in gruppi islamisti ben armati e numerosi, prendere il controllo di un piccolo esercito personale e aiutare altre formazioni che combattono con le sue stesse idee. Ora è un capo rispettato, e porta la sua guerra anche nella mente delle persone. Una preziosa opportunità. Mostra loro il futuro del loro paese, libero, democratico, dove l’uguaglianza dei diritti di uomini e donne e di afghani  di tutte le etnie sia la base per un futuro di pace. L’antidoto al veleno integralista, venuto da oltre confine, che comincia a circolare. Le sue previsioni sono lucide e puntuali, non c’è spazio per le illusioni. “La guerra sarà lunga e sempre più violenta. Alla fine, i russi se ne andranno. Ma se, al posto loro, arriveranno i mujaheddin, sarà molto peggio. Sono come cani furiosi e fanatici e  si azzanneranno tra loro portando alla rovina  tutto il paese”. Purtroppo è andata proprio così.

Il doppio fronte di guerra si porterà via più di 60.000 militanti. Qualcuno, ancora, in Afghanistan, contrapponendoli ai jihadi, capi delle fazioni fondamentaliste, li chiama “i veri mujaheddin”. E’ nell’ambito di queste famiglie di combattenti che sono cresciuti donne e uomini liberi che oggi,  contrastano i talebani in una impari lotta di resistenza. 

Qualche mese prima, nella primavera del ’79, molto lontano da quelle montagne, nei fumosi uffici della Cia, qualcosa si stava muovendo. Una nuova idea stava prendendo piede. Un’idea che sarebbe costata agli americani alcuni miliardi di dollari.

E’ ai primi di marzo che la Cia trasmette le sue segretissime proposte al presidente Carter per un sostegno ai ribelli afghani anticomunisti. La proposta rimane a lungo sospesa nell’incertezza. Gli Stati Uniti, con la rivoluzione khomeinista, hanno perso il loro appoggio a Teheran e l’idea di rivolgere contro l’Unione sovietica il fondamentalismo agguerrito che si presenta ora sulla scena sembra allettante. Le rivolte contro il Governo comunista, intanto, in Afghanistan, diventano sempre più violente e represse nel sangue.

Carter si convince e il 3 luglio sottoscrive il documento di autorizzazione all’operazione. La Cia avrebbe appoggiato i ribelli ma senza l’invio di armi, per mettersi al riparo da eventuali rappresaglie russe se fossero stati scoperti. Si tratta di poco più di 500.000 dollari in attività di propaganda e psicologiche, apparati radio, equipaggiamenti medici e denaro contante. Tutto, come succederà anche in seguito, sarebbe passato dalle mani dell’Isi (Inter Services Intelligence)  pakistano e del suo governo. “Brzezinski, consigliere per la sicurezza nazionale di Carter, aveva già tracciato le grandi linee di una campagna americana diretta dalla Cia in Afghanistan che sarebbero rimaste in vigore per il decennio successivo”. Scrive Steve Coll, condirettore del “Washington Post”. Brzezinski a Natale ha già chiaro che i ribelli vanno sostenuti, armati e consigliati, utilizzando il Pakistan come mediazione, altrimenti i russi non saranno fermati. E’ questa  la nuova brillante mossa della Guerra fredda.

Ma la svolta militare decisiva arriva nel 1986 per porre fine alla supremazia aerea russa. La Cia fornisce  ai ribelli i micidiali Stinger, lanciamissili contraerei, che si portano comodamente in spalla. L’ideale per la guerriglia tra le montagne. Ne arrivano tra i 2000 e i 2500. Colpiscono efficacemente il  bersaglio con la guida a ricerca di calore. Tra l’86 e l’89 elicotteri e aerei da trasporto russi cadono a centinaia. 

Trovarsi sotto la minaccia degli elicotteri da combattimento MI24 russi non è una bella esperienza. Non puoi fare nulla, non ti puoi difendere. “Nasconditi!” mi diceva il comandante. Ma dove? Intorno solo deserto e arbusti bassi. “Togli gli anelli, chiudi gli occhi , luccicano e possono rivelare la nostra presenza!” Sembrava una superstizione  magica. Le  mani nella terra, gli occhi bassi. Non si poteva fare altro che appiattirsi nella polvere gialla e sperare. La frustrazione dei mujaheddin era enorme. Sparavano contro i mostri al titanio con i vecchi fucili Enfield, pur di non sentirsi impotenti. Gli Stinger rovesciano la situazione e, a sentirsi esposti e vulnerabili saranno i piloti russi, morti a centinaia. I capi fondamentalisti conquistano trionfalmente terreno.

Partiti i Russi, siamo agli inizi degli anni ’90,  la Cia si rende conto che quei missili, che nessuno aveva restituito, sono diventati una mina vagante. Avrebbero potuto essere usati dai terroristi,  contro gli americani. Del resto l’Iran ne aveva già comprati diversi. Sia il presidente George Bush che il suo successore Bill Clinton approvano un programma segretissimo che autorizza la Cia a ricomprare a qualsiasi prezzo tutti gli Stinger sui quali avrebbero potuto mettere le mani. Vengono stanziati decine di milioni di dollari per l’operazione. I warlords, impegnati nella loro catastrofica guerra etnica, accettano di rivenderli al prezzo variabile tra 80.000 e 150.000 dollari al pezzo. In quella guerra strisciante e infida il cielo non è minaccioso e i dollari della Cia diventano la cassa segreta dei signori della guerra, il carburante della distruzione del paese.

Nel gennaio 1998, in un’intervista al “Nouvel Observateur”, Brzezinski rivela: “Avevo spiegato al Presidente che, a mio parere, il nostro sostegno avrebbe prodotto un intervento militare russo in Afghanistan. Non abbiamo spinto l’Unione Sovietica a intervenire ma abbiamo consapevolmente aumentato le probabilità che lo facessero”. E continua: “E’ stata un’eccellente idea attirare i russi nella trappola afghana. Il giorno in cui l’Armata rossa ha attraversato la frontiera ho scritto al Presidente che avremmo avuto la possibilità di dare alla Russia il loro Vietnam”. Un vero successo per gli americani. L’inizio di una catastrofe per la popolazione afghana che durerà più di 40 anni.

Alla domanda del giornalista sulla sua responsabilità nell’avere sostenuto il terrorismo islamista Brzezinski risponde: “Che cos’è più importante per la storia del mondo? I talebani o la caduta dell’Impero Sovietico? Qualche esaltato islamista o la liberazione dell’Europa Centrale e la fine della guerra fredda?”. L’ipotesi dell’affermazione dell’islamismo integralista e del terrorismo sono sciocchezze, liquida deciso.

In molti hanno seguito la sua strada. Nessuno ha voluto, nei decenni successivi, prendere atto di questo pericolo, nessuno ha voluto fermarli. Anzi, i fondamentalisti islamici si sono confermati le migliori pedine del gioco dell’Occidente in Afghanistan e  in altri paesi. Così sui fanatici e feroci gruppi  afghani pioveranno armi, denaro e  consigli militari per i prossimi decenni a venire. Il loro Islam fondamentalista e politico, ispirato all’ideologia wahabita saudita, la più estrema, si insinuerà nelle menti e nella vita di milioni di persone, cambiando profondamente la società afghana e soprattutto esiliando sempre di più le donne dalla vita sociale.

Eppure qualcuno aveva cercato di avvertire del pericolo. Najibullah, quarto e ultimo Presidente della repubblica Democratica dell’Afghanistan, ucciso, in seguito, barbaramente dai talebani, teneva la posizione anche dopo l’annuncio del ritiro dell’Armata Rossa. Siamo nell’87 e il Presidente fa di tutto per arginare il futuro disastro che seguirà la partenza dei russi. Ai suoi nemici, i mujaheddin islamisti, offre condivisione del potere, promulga una nuova Costituzione liberale. Ma fallisce. I warlords non scendono a compromessi. Porta il suo grido di allarme all’Assemblea generale  delle Nazioni Unite il 7 giugno 1988. Chiede un intervento per fermare i fondamentalisti che, una volta preso il potere, avrebbero scatenato una sanguinosa guerra civile. Nessuno gli da retta e i combattimenti proseguono sempre più feroci. Nessuno tiene fede agli accordi che cerca di mettere in piedi. Nel ’92, ormai rifugiato nella sede dell’Onu, lancia un altro appello disperato alla Comunità Internazionale. Anche questo, ignorato.

Quei warlords, divenuti ormai criminali di guerra, dopo le sanguinose gesta che li avevano visti protagonisti nella guerra civile, sono rimasti saldi al potere, sostenuti dagli invasori americani,  fino all’agosto 21, in cui il paese è stato consegnato ai loro rivali talebani.

Con le conseguenze che tutti possiamo vedere e pochi vogliono guardare.

Un popolo intero è chiuso in gabbia, la miseria uccide la popolazione, la paura fa parte della vita, corrode l’anima e la mente delle persone, la brutalità e l’ignoranza governano il paese con leggi ottuse e paranoiche che seppelliscono le donne, ogni giorno il respiro è più corto.

Di nuovo il fondamentalismo islamico, che non è nato tra queste montagne massacrate da 40 anni di guerra, armato e sostenuto dall’Occidente, di nuovo ha vinto. Quell’idea della Cia, nel lontano ’79, ha fatto strada, mettendo in moto e accompagnando  l’orrore. Tutto questo, forse, Bul Bul, comandante onesto e coraggioso, non lo aveva previsto.

Una versione più corta di questo articolo è pubblicata su “Altreconomia” di giugno 2023 con il titolo Chi ha spianato la strada ai fondamentalisti in Afghanistan

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