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L’AFGHANISTAN DUE ANNI DOPO. Radio Bullets

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15 Agosto 2021, quando il mondo tradì le donne afghane

Radio Bullets, 15 agosto 2023, di Barbara Schiavulli

Due anni fa la valigia era pronta, i biglietti aereo erano nella borsa, e il passaporto aveva un visto dell’Ambasciata della Repubblica islamica dell’Afghanistan a Roma. Il volo, via Istanbul, doveva essere il 16 agosto, qualche giorno prima dell’evacuazione degli Occidentali dal paese degli aquiloni.

Sarei arrivata prima e avrei come al solito raccontato quello che stava accadendo. Ma il 14 agosto fu chiaro, che non sarebbe andata come avevo previsto. Il 15 i talebani, dopo aver preso il controllo di tutto il paese, sono entrati a gamba tesa a Kabul, decretando la fine di un paese che avevo raccontato per 20 anni.

I voli vennero sospesi. I confini chiusi, insieme ad altre persone tra colleghi e ong, siamo stati coinvolti in una inaspettata e caotica evacuazione della società civile, durata 10 giorni. Un devastante attentato porrà fine alla fuga di 150 mila persone. Chi non era riuscito ad uscire, era rimasto lì.

Con un fotografo amico, Marco di Lauro, riusciremo ad entrare in Afghanistan solo qualche giorno dopo dall’Uzbekistan, ritrovandoci in un paese che conoscevamo, ma che non sarebbe mai più stato lo stesso. D’allora sono tornata almeno cinque volte, e tra qualche settimana non farò eccezione, per raccontare cosa ha significato soprattutto per la gente ritrovarsi nel pieno di una catastrofe umanitaria ed economica, abbandonati e traditi da quell’occidente che aveva insegnato loro a sperare per poi uccidere la speranza.

Sono trascorsi due anni da quanto i talebani hanno preso il potere mentre le forze statunitensi e della NATO si ritiravano dal paese dopo due decenni di guerra. Si ritrovano una nazione a pezzi, ma senza alcuna significativa opposizione che possa rovesciarli, nonostante la maggior parte della popolazione sia contraria al rigido fondamentalismo che hanno imposto a tutti.
I talebani hanno evitato le divisioni interne mettendosi in fila dietro il loro leader ideologicamente inflessibile, che non si vede mai, ma elargisce editti come se non ci fosse un domani.

Si sono barcamenati in una economia seriamente in difficoltà, in parte tenendo colloqui sugli investimenti con paesi regionali ricchi di capitali, anche se la comunità internazionale nega il riconoscimento formale.
Secondo il SIGAR (L’ispettore generale statunitense per la ricostruzione dell’Afghanistan), gli Stati Uniti, facendo orecchie da mercante, hanno aiutato i talebani con 2,35 miliardi di dollari da quando i talebani sono saliti al potere. Nel suo 60° rapporto al Congresso, il SIGAR ha osservato che gli Stati Uniti sono ancora il maggior donatore in Afghanistan. Nonostante Cina, Russia, e i paesi  confinanti abbiano tenuto le ambasciate aperte, e siglato contratti finanziari molto vantaggiosi per la leadership talebana.

Il rapporto SIGAR, pubblicato due anni dopo che i talebani hanno preso il controllo dell’Afghanistan, parlano di interferenza, abuso e mancata distribuzione degli aiuti internazionali da parte dei talebani, e che i talebani sono il principale ostacolo all’accesso per chi ha bisogno di aiuti.

Nel frattempo, i talebani dicono di aver migliorato la sicurezza interna attraverso la repressione di gruppi armati come lo Stato islamico e affermano di combattere la corruzione e la produzione di oppio. Anche se poi, Iran e Pakistan, non smettono di lanciare frecciate, sul fatto che non stiano facendo abbastanza per combattere i gruppi come l’Isis o al Qaeda che ha ritrovato il suo porto sicuro in Afghanistan. Ma, al di là di questo, è stata la loro sfilza di divieti nei confronti di ragazze e donne afghane a dominare il secondo anno di governo dei talebani. Le hanno esclusi da parchi, dalle palestre, dalle università e dai posti di lavoro nei gruppi non governativi e le Nazioni Unite – tutto nel giro di pochi mesi – in teoria perché non indossavano la copertura integrale in modo adeguato o violavano le regole sulla segregazione di genere. Questi ordini hanno fatto seguito a un precedente divieto, emanato nel primo anno di governo talebano, alle ragazze di andare a scuola oltre la prima media.

I talebani affermano di essere impegnati ad attuare la loro interpretazione della legge islamica, o sharia, in Afghanistan. Questo non lascia spazio a tutto ciò che pensano sia straniero o laico, come le donne che lavorano o studiano. La stessa cosa accade alla fine degli anni ’90, quando presero il potere per la prima volta in Afghanistan, e nonostante le promesse iniziali, lo hanno rimposto, solo più lentamente, da quando hanno ripreso il controllo il 15 agosto 2021.

Il loro leader supremo Hibatullah Akhundzada ha elogiato i cambiamenti imposti dall’acquisizione, affermando che la vita delle donne afgane è migliorata dopo che le truppe straniere se ne sono andate e la copertura integrale è diventata nuovamente obbligatorio.

Come è stata la risposta ai divieti?

Governi stranieri, gruppi per i diritti e organismi globali hanno condannato le restrizioni. Le Nazioni Unite hanno affermato che rappresentavano un grave ostacolo al riconoscimento internazionale dei talebani come governo legittimo dell’Afghanistan. Gli aiuti dall’estero si stanno esaurendo mentre i principali donatori hanno interrotto i loro finanziamenti, trascinati in direzioni diverse da altre crisi e preoccupati che i loro soldi possano cadere nelle mani dei talebani.

La mancanza di fondi, così come l’esclusione delle donne afghane dalla fornitura di servizi umanitari essenziali, sta colpendo duramente la popolazione, spingendo più persone verso la povertà.

Come si vive in Afghanistan?

Quasi l’80% del precedente bilancio del governo afghano sostenuto dall’Occidente proveniva dalla comunità internazionale. Quei soldi – ora in gran parte tagliati – avevano finanziato ospedali, scuole, fabbriche e ministeri del governo. La pandemia di COVID-19, la carenza di medicinali, i cambiamenti climatici e la malnutrizione hanno reso la vita più disperata per gli afgani. Le agenzie umanitarie sono entrate nella breccia per fornire servizi di base come l’assistenza sanitaria.

L’Afghanistan è alle prese con il suo terzo anno consecutivo di siccità, il crollo in corso del reddito delle famiglie e le restrizioni sulle attività bancarie internazionali. Inoltre, soffre ancora per decenni di guerre e disastri naturali.

L’economia

La Banca mondiale ha dichiarato il mese scorso che la valuta locale, gli afghani, ha guadagnato valore rispetto alle principali valute. I clienti possono prelevare più denaro dai depositi individuali effettuati prima di agosto 2021 e la maggior parte dei dipendenti pubblici viene pagata. La Banca mondiale ha descritto la riscossione delle entrate come “sana” e ha affermato che la maggior parte degli articoli di base è rimasta disponibile, sebbene la domanda sia bassa perché la gente non ha abbastanza soldi o lavoro per comprarla.

I talebani hanno tenuto colloqui sugli investimenti con i paesi della regione, tra cui Cina e Kazakistan. Vogliono la rimozione delle sanzioni e il rilascio di miliardi di dollari in fondi congelati dagli Stati Uniti, affermando che queste misure allevieranno le sofferenze degli afghani. Ma la comunità internazionale intraprenderà tali passi solo quando i talebani intraprenderanno determinate azioni, inclusa la revoca delle restrizioni contro le donne e le ragazze.

Con una stima delle Nazioni Unite che dice che il 97 per cento della popolazione è al di sotto della soglia di povertà e con il fatto che le donne non lavorano, in Afghanistan sono in aumento vertiginoso fenomeni come i matrimoni precoci, la vendita di organi, il traffico di essere umani, la vendita di bambini, il lavoro minorile, l’accattonaggio e l’accesso all’uso di droghe per non pensare, e picchi di depressione soprattutto tra le donne, senza precedenti.

I talebani potrebbero cambiare direzione?

Dipende in gran parte dal leader talebano, Akhundzada. Il religioso annovera nella sua cerchia ministri del governo che la pensano allo stesso modo e studiosi islamici. C’è lui dietro i decreti su donne e ragazze. I suoi editti, formulati nel linguaggio della legge islamica, sono assoluti. I divieti verranno revocati solo se Akhundzada lo ordinerà. Alcune figure talebane si sono espresse contro il modo in cui vengono prese le decisioni e c’è stato disaccordo sui divieti a donne e ragazze. Ma il principale portavoce dei talebani, Zabihullah Mujahid, ha definito questi commenti come propaganda.

“Il segreto del loro successo è che sono uniti”, ha detto Abdul Salam Zaeef, che è stato inviato dei talebani in Pakistan quando governavano l’Afghanistan negli anni ’90 e poi è stato per diversi anni agli arresti domiciliari a Kabul dove lo incontravamo nel suo appartamento. “Se qualcuno esprime la sua opinione o i suoi pensieri, non significa che qualcuno sia contro la leadership o che andrà da un’altra parte”, ha detto Zaeef che ha trascorso diversi anni nel centro di detenzione di Guantanamo Bay dopo l’invasione statunitense del 2001. “I disaccordi vengono messi davanti all’emiro (Akhundzada) e lui decide.

I funzionari degli aiuti internazionali affermano che i talebani vedono il riconoscimento come un diritto, non qualcosa da negoziare. I funzionari citano anche incontri ad alto livello con stati potenti come Cina e Russia come segnali che i talebani stanno costruendo relazioni bilaterali a modo loro. Il primo ministro del Qatar ha incontrato Akhundzada nella città sud-occidentale dell’Afghanistan di Kandahar a giugno, il primo incontro pubblicamente noto tra il leader supremo e un funzionario straniero.

Anche se i talebani sono ufficialmente isolati sulla scena globale, sembrano avere interazioni e impegno sufficienti perché i legami con i paesi si avvicinino lentamente alla normalizzazione. La cooperazione con i talebani in materia di stupefacenti, rifugiati e antiterrorismo è di interesse globale, anche in Occidente. Paesi come Cina, Russia e il vicino Pakistan vogliono la fine delle sanzioni.

Qualcuno si oppone ai talebani?

Non c’è opposizione armata o politica con sufficiente sostegno interno o esterno per rovesciare i talebani. Una forza combattente che resiste al dominio talebano dalla valle del Panjshir a nord di Kabul è stata violentemente combattuta. Le proteste pubbliche sono rare, sono solo di donne, che spesso vengono arrestate o minacciate. Sempre le donne hanno un minimo di resistenza clandestina, quando si parla di istruzione, sanità, ma non è coordinata e raggiunge solo alcune zone del paese dove ancora c’è elettricità e accesso internet come le grandi città.

Lo Stato Islamico, intanto ha colpito obiettivi di alto profilo con attentati mortali, tra cui due ministeri del governo, ma i militanti mancano di combattenti, denaro e altre risorse per condurre una vera offensiva contro i talebani.

Due anni di violenza dei talebani contro i civili

Tornando a due anni fa, Il 17 agosto 2021, due giorni dopo la caduta di Kabul, i talebani tennero una conferenza stampa promettendo l’amnistia per gli ex funzionari governativi, il rispetto dei diritti delle donne e la libertà di stampa.  Quasi due anni dopo, è chiaro che i talebani non hanno mantenuto nessuna di queste promesse, conducendo invece una violenta campagna di repressione. Dall’acquisizione, i talebani hanno preso di mira ex funzionari del governo e della sicurezza, hanno applicato punizioni collettive nelle aree in cui sono emersi gruppi anti-talebani e imposto restrizioni sociali ultraconservatrici – in particolare su donne e giornalisti – volte a mantenere il controllo.

L’ACLED (Armed Conflict Location & Event Data Project) ha registrato oltre 1.000 episodi di violenza contro i civili da parte dei talebani tra la caduta di Kabul il 15 agosto 2021 e il 30 giugno 2023, pari al 62% di tutti gli attacchi ai civili nel Paese. Questo colloca il regime talebano in Afghanistan 2tra i principali governi mondiali o stati de facto autori di violenze contro i civili a livello nazionale dall’agosto 2021, dietro solo alla giunta militare in Myanmar.

Mentre i talebani conquistavano una provincia dopo l’altra nell’estate del 2021, le forze di difesa e sicurezza nazionali afgane (ANDSF) crollarono.  Dopo che le forze degli Stati Uniti e della NATO si sono ritirate dal paese, molti ex funzionari della sicurezza, così come ex funzionari del governo, sono rimasti vulnerabili agli attacchi dei talebani. Di fronte a questa minaccia, molti funzionari, tra cui l’ex presidente Ashraf Ghani, hanno lasciato il Paese.  Quando i talebani hanno preso il potere, sono emerse notizie di esecuzioni di forze di sicurezza che si erano arresi.  Molti di coloro che facevano parte della precedente amministrazione o dell’ANDSF sono noti ai talebani, sia per contatto diretto in prima linea sia per i registri di impiego del governo precedente che hanno recuperato occupando basi e ministeri.

Nonostante l’annuncio di un ordine di amnistia per ex funzionari del governo e della sicurezza, l’alta dirigenza talebana non è riuscita a mantenere questo impegno. Mentre inizialmente negava che si verificassero omicidi per vendetta, il ministro degli interni dei talebani ha ammesso le violazioni dell’ordine di amnistia nel 2022.

Nei quasi due anni successivi alla presa del potere da parte dei talebani, molti ex funzionari continuano a essere detenuti, irreperibili o uccisi. In alcuni casi, le famiglie hanno appreso del destino dei loro familiari solo quando hanno ricevuto i loro corpi giorni dopo la loro detenzione.

Dal 16 agosto 2021 al 30 giugno 2023, ACLED ha registrato oltre 400 atti di violenza contro ex funzionari del governo e della sicurezza, con 290 incidenti commessi dai talebani.

I talebani hanno inquadrato il loro obiettivo di ex funzionari del governo e della sicurezza come uno sforzo per impedire loro di ricreare un fronte di opposizione armata. Sebbene alcuni ex funzionari abbiano effettivamente mobilitato gruppi armati antitalebani o si siano allineati con gruppi di resistenza attivi nella valle del Panshir, nessuno di questi gruppi ha rappresentato una minaccia significativa per il dominio talebano. I talebani hanno comunque utilizzato questa minaccia come pretesto per perseguire ex membri del governo e delle forze di sicurezza.

I civili nel mirino

Anche i civili che vivono nelle aree in cui sono emersi gruppi armati anti-talebani sono stati oggetto di violenze da parte del regime talebano, tra cui percosse, torture e uccisioni extragiudiziali. Un recente rapporto di Amnesty International ha presentato la prova che il crimine di guerra della punizione collettiva è stato compiuto dai talebani nella provincia del Panjshir, dove si è concentrata la resistenza armata.  Questa indagine sostiene un rapporto delle Nazioni Unite del 2022 secondo cui nella provincia si stavano verificando sospette punizioni collettive.

Poco dopo che i talebani hanno preso il controllo dell’Afghanistan, sono emersi numerosi gruppi di resistenza armata in tutto il paese. I gruppi armati anti-talebani hanno condotto attacchi in almeno 29 province su 34 dall’acquisizione del potere da parte dei talebani. Il più grande gruppo armato anti-talebano, il National Resistance Front (NRF), ha operato principalmente nel nord-est del paese, principalmente nella provincia di Panjshir e nei dintorni. La NRF si è inoltre espansa ulteriormente nel nord dell’Afghanistan a metà del 2022, in particolare nella provincia di Takhar, dove secondo quanto riferito i comandanti talebani tagiki locali avrebbero disertato verso la NRF  e dove, secondo quanto riferito, i talebani affrontano anche l’opposizione armata dei signori della guerra locali.

Gli attacchi ai civili sono spesso avvenuti nel contesto delle incursioni talebane nei villaggi alla ricerca di combattenti della NRF. I civili accusati di sostenere la NRF sono spesso detenuti, torturati o uccisi.  Anche i civili senza presunti legami con la NRF, compresi i bambini, sono stati feriti durante le incursioni dei talebani nei villaggi. In un incidente nel luglio 2022, i talebani hanno ucciso un ragazzo nella casa della sua famiglia nella valle di Kasa Tarash nel distretto di Deh Salah durante perquisizioni casa per casa a seguito di scontri con la NRF nella zona.

Diversi combattenti della NRF sono stati uccisi dopo essere stati arrestati e disarmati. Questo è stato il caso durante diversi giorni di scontri tra i talebani e la NRF nella provincia di Panjshir nel settembre 2022, quando i talebani hanno arrestato decine di combattenti della NRF. Secondo quanto riferito, i talebani hanno portato i prigionieri della NRF in una remota area montuosa e li hanno giustiziati.  video circolati sui social media mostravano i combattenti della NRF maltrattati prima delle esecuzioni.

Le donne nel mirino dei talebani

Oltre a colpire direttamente i civili affiliati al precedente governo e nelle aree di intensa attività di resistenza armata, i talebani hanno anche usato la violenza per attuare restrizioni oppressive che hanno avuto un impatto di vasta portata su vari settori della società. L’esempio più lampante sono le restrizioni ai diritti delle donne e alla libertà di stampa. In tutto il paese, i talebani hanno imposto queste restrizioni con mezzi violenti, con attacchi contro donne e giornalisti particolarmente concentrati a Kab.
Kabul è stata anche un luogo chiave della resistenza civile ai talebani. Dall’acquisizione del potere da parte dei talebani, ci sono state più manifestazioni con donne a Kabul che in qualsiasi altra parte del paese.

Negli ultimi due anni, i talebani hanno implementato restrizioni sempre più draconiane sulle donne che impediscono loro di partecipare attivamente alla società. Il regime ha inizialmente vietato alle ragazze di frequentare la scuola oltre la prima media  e successivamente, nel dicembre 2022, alle donne è stato vietato di frequentare l’università.  Inoltre, a dicembre, i talebani hanno annunciato che alle donne non sarebbe stato permesso di lavorare con organizzazioni non governative (ONG). Il divieto minava e continua a minare il lavoro dei gruppi di aiuto, poiché le donne sono fondamentali nell’attuazione dei programmi di assistenza.

Le ONG nel paese hanno incontrato i funzionari talebani per cercare di convincerli a riconsiderare il divieto.  Invece di ripensarci, nell’aprile 2023 i talebani hanno fatto un ulteriore passo avanti e hanno vietato alle donne di lavorare con le Nazioni Unite. Nel 2023 sono stati emanati anche ulteriori decreti che limitano ulteriormente la vita delle donne come l’ultimo, il divieto di andare nei saloni di bellezza che sono chiusi da fine luglio.

Anche se le donne sono state prese di mira, hanno anche corso grandi rischi per resistere pacificamente al dominio talebano e manifestare contro le restrizioni talebane. Nel 2022, il numero di manifestazioni con le donne è quasi raddoppiato rispetto all’anno precedente. Alla fine di giugno, l’ACLED registra finora oltre 60 manifestazioni di donne nel 2023.

Nonostante le misure per evitare l’intervento, alcune manifestazioni sono state prese di mira dai talebani. In un caso, il 13 agosto 2022, Radio Bullets era presente, i talebani hanno ferito dozzine di donne organizzando una protesta in difesa dei diritti delle donne davanti al ministero dell’Istruzione superiore a Kabul. I talebani sono intervenuti sparando in aria mentre molte donne si sono rifugiate nei negozi vicini. Le forze talebane – che hanno usato il calcio dei Kalashnikov per picchiare le manifestanti – hanno ferito 29 ragazze.

Il targeting fisico delle donne si estende anche oltre lo spazio di protesta nella vita di tutti i giorni. Sono almeno 22 incidenti segnalati durante la prima metà dell’anno. Tale targeting include la violenza sessuale, che è in aumento. In un esempio degno di nota, nel marzo 2022, un funzionario talebano ha violentato una donna nel suo ufficio. Dopo essere stata stuprata, la donna, figlia di un ex funzionario del governo afghano e studentessa di medicina, è stata trattenuta e costretta a sposare il suo stupratore. È riuscita a pubblicare un video sui social media, ricevendo il sostegno di alcune organizzazioni per i diritti umani che, secondo quanto riferito, l’hanno aiutata a fuggire dall’Afghanistan.
I funzionari talebani hanno negato le accuse, affermando che il matrimonio è stato consensuale e non si è verificato alcuno stupro, sebbene il funzionario accusato sia stato rimosso dal suo incarico. Secondo quanto riferito, in seguito i talebani hanno trovato la donna e l’hanno riportata con la forza in Afghanistan. La sua ubicazione è rimasta poco chiara fino a poco tempo fa, quando è stata rilasciata dalla prigione in cui i talebani l’avevano trattenuta per diversi mesi. Ha riferito di essere stata sottoposta a tortura durante la detenzione.

Sempre mentre ci trovavano in Afghanistan l’estate scorsa, una nota ex parlamentare è stata uccisa nella sua casa, colpevole di lavorare per una ong.

Mentre i talebani sembrano intenzionati a negare i diritti fondamentali alle donne e usare la forza fisica per impedire alle donne di muoversi liberamente nella società, ci sono segni di disaccordi interni sulle sue politiche. Alcuni membri talebani riconoscono che queste restrizioni hanno un impatto sui rapporti del regime con gli attori internazionali, il che, a sua volta, ostacola i tentativi dei talebani di legittimare il proprio governo mentre passa dall’insurrezione al governo. Tuttavia, non vi è alcuna indicazione che le mosse in corso per installare quello che molti, tra cui noi, hanno definito “l’apartheid di genere” finirà presto.

All’inizio di marzo, il relatore speciale delle Nazioni Unite per la situazione dei diritti umani in Afghanistan ha chiesto alla Corte penale internazionale di considerare il reato di persecuzione di genere come parte della sua indagine sui crimini di guerra e contro l’umanità nel paese dal 2003.

Il giornalismo, pilastro della democrazia

Con l’arrivo dei talebani, le organizzazioni dei media hanno dovuto fare i conti con la censura e la repressione, inclusa la minaccia di arresto arbitrario.  L’ambiente dei media in Afghanistan è cambiato radicalmente dopo la presa del potere da parte dei talebani, con la chiusura del 50% dei media.  I talebani hanno anche chiuso i siti web di importanti media come Hasht-e-Subh e Zawia Media, e alcuni giornalisti conosciuti in posizioni chiave sono stati costretti a dimettersi o lasciare il paese.

Sotto i talebani, i giornalisti hanno anche affrontato una moltitudine di minacce fisiche. Ci sono stati almeno 70 episodi di violenza contro giornalisti e operatori dei media tra la caduta di Kabul e il giugno 2023. I talebani hanno effettuato almeno l’83% di questi eventi. In uno di questi casi, un giornalista dell’agenzia di stampa Pajhwok, che era anche vicecapo provinciale dell’Associazione dei giornalisti indipendenti afgani, è stato torturato per mesi dopo che l’intelligence talebana lo aveva arrestato il 14 giugno 2022. In precedenza, aveva ricevuto minacce dai talebani.  È stato rilasciato mesi dopo, ma le autorità talebane non hanno fornito alcuna ragione per la sua detenzione durata mesi.

Nonostante questi attacchi, molti giornalisti continuano a dedicarsi alla cronaca. Alcuni media hanno continuato a riferire dall’estero e le informazioni sulla repressione talebana dei civili continuano a uscire dal paese.

All’inizio di maggio, una riunione di due giorni delle Nazioni Unite in Qatar sull’Afghanistan è stata accolta dalle proteste delle donne afghane preoccupate per la legittimazione del governo talebano. Prima dell’incontro, il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres ha affermato che non era il momento giusto per un impegno con i talebani, anche se più tardi nella settimana l’ONU ha annunciato che sarebbe rimasta nel paese. Tuttavia, nessun paese ha riconosciuto la legittimità dell’Emirato islamico dell’Afghanistan, il nome ufficiale del governo talebano. L’inviato delle Nazioni Unite per il paese ha recentemente affermato che sarebbe “quasi impossibile” per i talebani essere riconosciuti dalla comunità internazionale fintanto che le restrizioni esistenti su donne e ragazze saranno in vigore.

A due anni dal loro arrivo nonostante le sue promesse contrarie, i talebani non sono cambiati rispetto al loro precedente modo di governare, lasciando che i civili sopportino il peso maggiore della violenza e del malgoverno del regime. Motivo per il quale è necessario continuare a parlare di Afghanistan, di donne, di società civile. La scorta mediatica internazionale, la presenza delle Ong per quanto poche e con mille difficoltà permette agli afghani di sentire che non sono soli, che l’occidente e l’opinione pubblica sa. Continuare a tornare, come faremo noi tra qualche settimana, fa sì che le voci le voci di chi ha bisogno, non venga spenta.

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