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“Donna”: anche la parola è vietata

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Oltre al divieto totale di impiego per le donne, ora i talebani pretendono anche la rimozione della parola “donne” dagli statuti delle organizzazioni nazionali e internazionali

 Amin Kawa, Hasht-E-Subh, 13 settembre 2023

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I talebani stanno intensificando le restrizioni all’occupazione femminile. Ora hanno imposto alle organizzazioni di sostituire con la parola “famiglia” i nomi delle donne nei loro documenti; inoltre hanno eliminato le donne dai consigli di amministrazione delle organizzazioni e orientato a nominare uomini al loro posto. Loro fonti interne rivelano che hanno sciolto le “ONG femminili” o le hanno poste sotto una guida maschile. Questa direttiva non è ufficiale ma viene applicata attivamente. Inoltre, il governatore dei talebani afferma che, per ordine della Guida suprema, è severamente vietato impiegare donne nelle organizzazioni anche nel settore delle vaccinazioni. In una registrazione audio a lui attribuita afferma inequivocabilmente che nessuna organizzazione può assumere donne o retribuirle per lavori a distanza. Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite aveva già riferito che i talebani avevano estromesso le donne dai consigli di amministrazione delle organizzazioni e revocato loro la facoltà di firmare i documenti dei programmi di aiuto.

 

Donna”, una parola vietata dai talebani

Negli ultimi due anni i talebani hanno posto numerose restrizioni alle donne sia nelle organizzazioni nazionali che straniere. In seguito all’ordine del Mullah Hibatullah Akhundzada, leader supremo del gruppo, di vietare l’impiego di donne nelle organizzazioni nazionali il Ministero dell’economia ha esercitato una pressione sostanziale su tali istituzioni, ordinando loro di astenersi dall’utilizzare la parola “donne” nei loro statuti e rapporti di lavoro e di utilizzare al suo posto la parola “casa” o altre parole.

Anche le organizzazioni internazionali in Afghanistan riferiscono che i talebani stanno stringendo il cappio sulla vita delle donne giorno dopo giorno. Dicono che “i talebani hanno ordinato loro di non registrare i nomi delle donne ma di scrivere “famiglia”, “nucleo familiare” e così via. Non solo hanno rimosso le donne dai consigli di amministrazione delle organizzazioni ma impediscono anche l’uso dei nomi femminili nei testi”. “Anche se non c’è un decreto ufficiale scritto [che vieti l’uso di nomi di donne nelle carte], insistono che [la parola ‘donna’] non venga usata. Quando ci si riferisce a una donna per nome, dicono di cambiarlo e di sostituirlo con un uomo. Le donne possono essere solo consulenti dietro le quinte. Vogliono eliminare completamente le ONG femminili”.

 

Una direttiva “de facto”

Le nostre fonti affermano che i talebani non hanno emesso questo ordine per iscritto, ma lo hanno espresso nelle loro conversazioni e attualmente questa è una direttiva “de facto”. Anche l’allontanamento delle donne dalla leadership delle organizzazioni sarebbe stato effettuato sulla base di ordini verbali. Sottolineano che i talebani intendono usare queste misure nelle loro interazioni politiche con il mondo, rimarcando che questi decreti non sono formali, ma piuttosto verbali e temporanei.

Questa “mascolinizzazione” delle organizzazioni nazionali e internazionali, contraria ai valori dei diritti umani e delle organizzazioni umanitarie, è un’azione “mirata e sistematica” che dovrebbe essere indagata dalle organizzazioni internazionali per i diritti umani. I talebani, rimuovendo i nomi delle donne dagli statuti, stanno cercando di cambiare radicalmente la struttura e le operazioni di queste organizzazioni.

In precedenza, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite aveva criticato questa azione come dannosa per le operazioni umanitarie e dichiarato che l’aver escluso le donne dai consigli di amministrazione delle organizzazioni e dalla firma dei documenti relativi ai programmi di aiuto è in contrasto con i principi umanitari.

 

Divieto assoluto al lavoro femminile

Mohammad Ali Jan Ahmad, governatore talebano della provincia di Urozgan, ha recentemente dichiarato che l’”assoluto divieto” della Guida suprema all’impiego delle donne nelle organizzazioni si applica anche alle vaccinatrici e al lavoro a distanza delle donne. In un file audio a lui attribuito afferma che nessuna organizzazione ha il diritto di assumere donne o di fornire loro una retribuzione per il lavoro a distanza, riferendo ciò come un ordine del leader supremo dei talebani Mullah Hibatullah Akhundzada e avvertendo che qualsiasi trasgressione andrà incontro a gravi conseguenze. Ha affermato che violare questo ordine e non aderire al comando del mullah Hibatullah è inaccettabile per lui, e ha aggiunto: “Indagheremo ulteriormente su questo. Se le organizzazioni impiegano personale femminile, le chiuderemo. Non c’è spazio per la negoziazione, è un decreto.”

Ha ribadito: “L’assunzione di donne sotto qualsiasi titolo è vietato, le organizzazioni non sono autorizzate ad assumere donne. Questo divieto copre qualsiasi forma di occupazione, tra cui l’assunzione di vaccinatrici, le campagne di sensibilizzazione del pubblico e anche le occupazioni da remoto in cui le donne lavorano da casa e ricevono una retribuzione”. Ha lanciato un avvertimento alle organizzazioni umanitarie della sua provincia affermando che, sulla base delle loro informazioni di intelligence, alcune di loro hanno assunto donne e forniscono loro un reddito mentre rimangono a casa. Egli sottolinea che questa azione è una sfida al comando del leader supremo dei talebani e sottolinea che coloro che non attuano questo ordine dovranno affrontare gravi conseguenze.

 

Vietato anche il lavoro femminile nelle Nazioni Unite

Va notato che i talebani, il 24 dicembre 2022, hanno privato donne e ragazze del diritto di lavorare in organizzazioni non governative nazionali e internazionali. Il Ministero dell’Economia ha citato “il mancato rispetto dell’hijab islamico” come motivo di questa decisione. Successivamente, questo gruppo ha vietato l’impiego di donne anche nelle agenzie delle Nazioni Unite in Afghanistan.

Le Nazioni Unite hanno annunciato il 3 aprile di quest’anno che i talebani li avevano informati che nessuna donna avrebbe potuto lavorare negli uffici di questa organizzazione e in risposta avevano consigliato a tutto il personale di non presentarsi al lavoro fino a nuovo avviso.

La Missione di assistenza delle Nazioni Unite in Afghanistan (UNAMA) ha descritto questo divieto come “illegale, una flagrante violazione dei diritti delle donne, una chiara violazione dei principi umanitari e una violazione delle leggi internazionali”. Tuttavia, negli ultimi due anni, i talebani hanno emesso più di 50 ordini restrittivi contro le donne, sostenendo che le condizioni attuali non sono favorevoli al lavoro delle donne, una mossa che è stata ritenuta “ridicola e vergognosa” dalla maggioranza della popolazione afghana.

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