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CHI E’ LA VERA ZARIFA GHAFARI?

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Zan Times – 28 giugno 2023, a  cura di Zahra Nader, Archit Mehta e Kreshma Fakhri *

Zarifa Ghafari è diventata faZarifa-Ghafari-.jpgmosa nel 2018 in quanto prima donna sindaco di Maidan
Shahr, capoluogo della provincia di Maidan Wardok.
Si trattava della seconda donna sindaco in tutta la storia dell’Afghanistan.

Dopo la sua nomina a sindaca Z.G. venne inondata di riconoscimenti e premi dai
media e dalle piattaforme internazionali, e nel 2019 fu inserita nell’elenco della BBC
delle 100 donne più influenti e ispiratrici, nell’elenco della rivista InStyle delle 50
donne più forti del 2020, ricevette il Premio Internazionale delle Donne Coraggio del
Dipartimento di Stato degli Stati Uniti nel 2020, il premio come “realizzatrice del
cambiamento” al Summit 30/50 di Forbes nel 2022 e più recentemente il Premio
Luther in Germania (questa comunque non è la lista completa dei suoi premi e
riconoscimenti).
Inoltre, è stata pubblicata la sua autobiografia “Zarifa: la battaglia di una donna in
un mondo di uomini” scritta con la co-autrice giornalista Hannah Lucinda Smith e
distribuita da PublicAffairs nell’ottobre 2022 (dopo la sua uscita è stata tradotta in
altre lingue). Nel novembre 2022 è andato in onda su Netflix “Nelle sue mani”, un
programma su Ghafari distribuito da HiddenLights Productions e sostenuto dalla ex
First Lady degli Stati Uniti, Hillary Clinton.
Ghafari è stata anche relatrice all’interno di siti web di varie agenzie che si occupano
di eventi e servizi sulle “amministrazioni talentuose”: “Relatori celebri” (UK),
“Kruger Cowne” (Londra), “L’angolo dei relatori” (UK), “Relatori Premium”
(Dubai) e “Tutto l’intrattenimento americano” (UK). Non si sa con precisione quanto
sia stato il costo sostenuto dai siti web per avere Ghafari come relatrice, anche se
alcune voci evidenziano tariffe superiori a 10.000 dollari.
Il nostro interesse nella storia di Ghafari iniziò col tentativo di rivedere su Netflix il
programma “Nelle sue mani”, ma la nostra curiosità crebbe quando non riuscimmo a
trovare Zarifa Ghafari raffigurata nei paesi occidentali.
Dopo aver ascoltato attentamente ciò che Ghafari diceva e affermava, trovammo
difficile tracciare una separazione tra la Ghafari sostenitrice dei diritti delle donne e la
Ghafari sostenitrice di un “negoziato” con i Talebani, creatori dell’apartheid di
genere in Afghanistan. Dopo una breve visita nell’Afghanistan controllato dai
Talebani nel 2022, anno in cui le donne che protestavano venivano arrestate perché

partecipavano a dimostrazioni contro la politica repressiva dei Talebani, Ghafari
scrisse nella sua autobiografia: “Quando fui io stessa in Afghanistan, cominciai a
capire come, per la gente che ancora viveva lì, questa pace repressiva fosse
preferibile alla violenta libertà che c’era stata negli ultimi vent’anni”.
Questa non sembra certo essere l’esperienza di milioni di ragazze e donne che in
questa “pace repressiva” hanno perso il diritto allo studio e al lavoro. La modalità con
cui Ghafari sembrava confondere la linea tra il sostegno ai diritti delle donne e il
sostegno ai Talebani ci ha obbligate a guardare più a fondo nella sua vita per capire
chi sia realmente.
Zan Times ha passato più di due mesi rivedendo ore e ore delle sue interviste e ha
letto più di una dozzina di racconti su di lei in tre lingue: Farsi, Pashtun e Inglese.
Abbiamo letto la sua autobiografia, guardato due programmi che si focalizzavano
prevalentemente su di lei, uno su Netflix e l’altro su Arte, un canale culturale
europeo. Abbiamo intervistato persone che la conoscevano e hanno verificato i fatti
che la riguardavano sia in Afghanistan sia in India.
Zarifa Ghafari ha svolto probabilmente uno dei lavori più duri e difficili del mondo:
fare la sindaca in Afghanistan. Tuttavia, indipendentemente dal suo ruolo politico,
Zan Times ha scoperto che alcune delle affermazioni di Ghafari sulla sua vita, sulla
sua educazione e sulle sue esperienze, contenevano contraddizioni e incongruenze.
Quando le venne chiesto se i fatti citati nella biografia di Ghafari fossero stati
effettivamente verificati e se volesse esprimere commenti in merito a quanto scoperto
da Zan Times, Kelly Falconer, fondatrice dell’Agenzia Letteraria Asia che
rappresenta Ghafari, scrisse in una mail: “La biografia di Zarifa Ghafari è il prodotto
di una stretta collaborazione con un’esperta giornalista, Hannah Lucinda Smith. La
Sig.ra Ghafari e la Sig.ra Smith si attenevano entrambe a quanto realmente accaduto.
Ci furono situazioni in cui la sig.ra Ghafari dovette offuscare alcuni dettagli riguardo
alla sua età per poter continuare la sua battaglia in una società repressiva, con una
visione molto limitata su ciò che una donna afghana può o non può fare e quando può
farlo. La vita della Sig.ra Ghafari è stata completamente dedicata a rafforzare e
incoraggiare le donne affinché possano sfidarsi, in particolare quando la loro
istruzione e la loro educazione vengono interrotte e le loro vite pubbliche e
professionali vengono limitate”.
Clive Priddle, la casa editrice della biografia di Ghafari, e Hillary Rodham Clinton,
produttrice del programma “Nelle sue mani” andato in onda su Netflix, non risposero

alla nostra richiesta di commentare quanto trasmesso. Zan Times ha inoltre cercato
diverse volte di collegarsi con Netflix, provando anche a contattare i direttori della
comunicazione di Netflix Canada e Netflix USA, ma senza risposta.
Questo articolo cita le discrepanze che abbiamo scoperto durante la verifica dei fatti –
discrepanze che altre organizzazioni non sembrano avere notato o riportato mentre
interagivano con Zarifa Ghafari.
1994 – 2009: gli anni della formazione di Ghafari
Zan Times ha scoperto che anche alcune informazioni basilari, come ad esempio il
suo luogo di nascita, sono discordanti nei media. Secondo la sua autobiografia,
nacque in Kabul. Tuttavia, un articolo pubblicato su Vanity Fair nel marzo 2023
riporta che nacque nella provincia di Paktia. Inoltre, nel 2018 lei stessa disse al
giornale Etilaatroz Afghanistan di essere nata a Maidan Wardak.
Quando abbiamo chiesto chiarimenti a Ghafari in merito a queste discordanze, ci ha
risposto con una mail: “Sono nata a Kabul, ma come molte altre famiglie che sono
arrivate a Kabul dalle province e hanno sempre vissuto tra Kabul e la loro provincia,
nella mia carta d’identità nazionale il mio luogo di nascita viene indicato come il
villaggio di Dawrankhil nel distretto di Chak, provincia di Wardak”. Ha indicato
come data di nascita il 25 settembre 1994.
Nella sua autobiografia afferma di aver completato le scuole superiori e di aver
superato gli esami di ammissione all’università nel 2009 nella provincia di Paktia.
Tuttavia, durante un’intervista a Tolo TV, ha dichiarato di aver completato la sua
istruzione a Kabul.
Quando abbiamo chiesto chiarimenti a Ghafari in merito a questa ulteriore
incongurenza, ci ha risposto: “A causa della mia situazione familiare non ho avuto
l’opportunità di studiare in un ambiente o in una scuola ideale. Di conseguenza, mi
sono dovuta adattare e ho completato 12 anni di scolarizzazione in soli 8 anni
accademici. Ho cominciato a frequentare la scuola a Kabul nel 2001, presso l’Istituto
Naswan-e Shahre, dalla quarta classe fino ai primi mesi della settima, ma poiché mio
padre ottenne un lavoro a Paktia, dal completamento della settima fino alla
dodicesima classe ho studiato a Gardiz, Paktia”.
Nella sua autobiografia Ghafari ha scritto che venne ammessa all’università nella
provincia di Khost. Tuttavia, nel 2018 sul quotidiano Etilaatroz si legge che venne
ammessa alla facoltà di legge presso l’Università di Kabul. Il giornalista di Etilaatroz

che aveva scritto l’articolo, ha confermato a Zan Times che tutte le informazioni
biografiche vennero fornite dalla stessa Ghafari.
Quando abbiamo chiesto a Ghafari chiarimenti in merito, ci ha risposto: “Vorrei
chiarire che ci sono molti malintesi e molte falsità che circolano su di me. Tuttavia, è
fondamentale sapere che nessuna di questa storie ha la mia approvazione, e nemmeno
quella dei miei familiari e dei miei amici più cari. Benché sia stata ammessa
all’Università di Khost, non potei proseguire lì i miei studi”.
Nella sua autobiografia ha scritto di aver ottenuto una borsa di studio presso
un’università in India con l’aiuto di un importante burocrate del Ministero
dell’Educazione, anche membro del parlamento a Kabul.
2010 — 2016: istruzione superiore in India e fondazione di un’organizzazione
Quando racconta della sua educazione in India, la cronologia degli eventi, inclusa la
sua biografia e il suo profilo Linkedin, non sembrano collimare. Sulla sua pagina
Linkedin afferma di aver iniziato il suo corso di laurea nel 2009. Nella sua biografia
dichiara di aver iniziato il suo corso di laurea all’università Panjab di Chandigarh
nell’autunno del 2010 e di aver ottenuto presso questa università sia la laurea
triennale sia la laurea specialistica in economia.
Nella stessa biografia scrive che era al secondo anno di università quando venne
investita da un’auto e racconta al pubblico di TED’x che l’incidente avvenne nel
dicembre 2014, quattro o cinque anni dopo aver iniziato gli studi (dipende dalla fonte
di informazione).
Normalmente in India per ottenere una laurea ci vogliono tre anni, mentre per
ottenere una laurea specialistica servono altri due anni, ma lei ha scritto nella sua
biografia che il 2015 fu l’ultimo anno del suo corso di laurea specialistica, mentre
Linkedin cita il 2016. Inoltre, secondo quando indicato sul New York Times del
2019, Ghafari frequentava un corso di laurea nel 2018. Uno dei giornalisti del New
York Times ci ha confermato di aver ricevuto dalla stessa Ghafari queste
informazioni riguardanti il suo percorso educativo.
Zan Times ha trovato una foto di Ghafari su Facebook datata 7 agosto 2013 del
College Shri Guru Gobind (SGGS) di Chandighar, uno dei molti college affiliati
all’Università di Panjab.
Il giornalista Bhagwan Singh, che lavora a Chandighar ed è esperto nella verifica dei
fatti ha visitato il collegio SGGS per conto di Zan Times e ha notato che Zafira
Ghafari veniva indicata come una studentessa di notevole impegno.

Zan Times inviò una formale richiesta all’ufficio del Preside del College SGGS per
verificare le credenziali relative all’istruzione di Ghafari. Pur confermando che
Ghafari fu una studentessa universitaria presso il College dal 2012 al 2014, l’ufficio
non confermò se o quando Ghafari si fosse laureata.
Quando chiedemmo a Ghafari notizie in merito al periodo e alla collocazione dei suoi
studi in India e se potesse fornire prove della sua laurea, ci ha risposto: “In accordo
con gli articoli 7 e 8 della Legge relativa ai Lavoratori del Servizio Civile della
Repubblica Islamica dell’Afghanistan, viene richiesto ad ogni candidato sindaco di
possedere una laurea o diploma di laurea in un ambito rilevante da parte di
un’università riconosciuta. Ho ottemperato a questa richiesta ottenendo una laurea da
un’università in India. Tuttavia, sembra che le vostre domande abbiano lo scopo di
screditare le conquiste ottenute da una donna che in Afghanistan ha coraggiosamente
lottato per i diritti delle donne in una società dominata dal maschilismo. Se è questa
la vostra intenzione, non credo che sia utile condividere con voi la mia istruzione”.
Nel periodo in cui si trovava in India Ghafari fondò l’associazione “Assistenza e
Promozione per le Donne Afghane” (APAW). Secondo il suo profilo Linkedin, ne fu
l’amministratrice delegata dall’aprile 2014, benché il database ufficiale delle ONG in
Afghanistan indica che APAW venne registrata il 1° aprile 2015. Per tutto il periodo
in cui Ghafari lavorò per il governo l’associazione non fu attiva, ma durante il
summit di Ginevra dell’aprile 2022, Ghafari affermò di aver riattivato la ONG e di
raccogliere donazioni (questa pagina è ora chiusa).
Quando Zan Times cercò di verificare le attività di APAW a Kabul, un collega della
sig.ra Ghafari confermò che la ONG non era più attiva e promise di fornire
informazioni circa le sue precedenti attività, ma da allora non ha più dato notizie.
Quando chiedemmo a Ghafari notizie in merito ad APAW, ci rispose: “Siamo stati
obbligati a chiudere l’istituto femminile professionale ed educativo a causa dei
continui avvisi dei talebani sul divieto alle donne di lavorare. Tuttavia, abbiamo preso
le necessarie precauzioni per poter trasferire il lavoro di questo centro all’interno di
case private e in luoghi lontani per poter salvaguardare la sicurezza delle nostre
colleghe e delle beneficiarie. La chiusura di un centro non significa che la ONG sia
chiusa. L’organizzazione APAW è legalmente registrata in Afghanistan dal 2014 e
tutte le relative tasse sono state pagate. Tuttavia, quando i Talebani comunicarono
tutte le restrizioni in merito al lavoro delle donne nelle ONG, venimmo informate
che, per poter procedere a tutte le pratiche burocratiche e amministrative, il
responsabile della ONG avrebbe dovuto essere un uomo. A quel punto mi rifiutai di
assegnare ad un uomo la direzione della ONG e questo causò il posticipo del lavoro.
Nonostante tutto, io stessa continuo attualmente a fornire sostegno finanziario
all’organizzazione che offre comunque assistenza a un certo numero di donne e di
persone bisognose”.

2016 – 2018: Esperienza lavorativa prima di diventare sindaca
Secondo la sua autobiografia nel 2016, quando tornò in Afghanistan, incontrò quello
che sarebbe diventato suo marito, Bashir Mohammadi, che lei presentò alla sua
stazione radio come suo partner in affari, affermando che “oltre a quello della
stazione radio, aveva un buon lavoro alla direzione del dipartimento di cultura”.
Ciò che non venne detto fu che Mahammad Bashir Mohammadi era un funzionario
del governo, direttore del dipartimento di informazione e cultura nelle province di
Ghazni e Paktika dal 2015 e, dal 2019, anche della provincia di Wardak. Secondo
quanto riportato da tre fonti di informazione a Maidan Shahr, a Paktika lavorava
anche presso una stazione radio pubblica.
Foto: Mohammadi, direttore del dipartimento di informazione e cultura della
provincia di Wardak mentre incontra il Ministro di informazione e cultura
nell’ottobre 2020.
Nella sua biografia, Ghafari descrive come avessero deciso di aprire una stazione
radio nella provincia di Wardak dopo aver scoperto che nessuna stazione radio aveva
una conduttrice donna. Venne chiamata Peghla FM.
“Verso la fine del 2016, dopo aver ‘cancellato’ la vecchia prigione (un carcere di
Stato in cui erano detenuti i Talebani) togliendo le catene, dipingendo i muri e
aprendo uno studio e alcuni uffici nei blocchi in cui c’erano prima le celle, divenni la
prima voce femminile delle onde radio di Wardak”… Così ha scritto nella sua
autobiografia. Tuttavia, in un’intervista tenutasi nel 2020 presso la rete locale 5abc,
Ghafari citò una diversa data di avvio, affermando che iniziò nel 2014 e che copriva
tre province.
Quando le chiedemmo quando la radio ebbe inizio e in quali province, rispose: “La
stazione radio FM Peghla iniziò le trasmissioni a Maidan Shahr, capitale del Wardak,
nel luglio 2016. Attualmente è attiva con due antenne, una collocata a Maidan Shahr
e l’altra nelle montagne di Dasht-e Toop. Questa stazione raggiunge zone a Wardak,
Local, Ghazni e Paghman a Kabul.
Zan Times ha parlato con molti giornalisti radio della provincia di Maidan Wardak,
incluse diverse donne, hanno categoricamente negato la sua affermazione di essere
stata “la prima voce femminile sulle onde radio di Wardak”. Almeno tre giornalisti
professionisti di lunga data di Maidan Shahr hanno dichiarato che c’erano diverse
stazioni radio nella capitale della provincia e che vi lavoravano diverse donne dal
2016. In particolare, una stazione radio privata chiamata Tajala, trasmetteva voci
femminili già dal 2011. Questo è quanto dichiarato da un giornalista veterano.

Quando le chiedemmo chiarimenti in merito alla sua affermazione di essere stata la
prima voce femminile andata in onda a Maidan Wardak, Ghafari rispose: “Quando
lanciammo la stazione radio FM Peghla, questa era l’unica della provincia che
trasmettesse esclusivamente voci femminili. Una donna era proprietaria della stazione
radio e il nostro gruppo era formato da 4 donne conduttrici, inclusa io che ero la
fondatrice. Registravamo programmi e conducevamo interviste. Ricordo che prima
dell’avvento della stazione radio FM Peghla, solo una donna faceva parte del gruppo
dirigente presso la RTA Maidan Shahr, e non si ascoltavano voci femminili”.
Tuttavia, nella sua biografia scrive: “Ero delusa per via dell’impossibilità di creare un
team al femminile presso la stazione radio”.
Nella sua risposta per mail, Ghafari ha anche condiviso con Zan Times una foto che
la mostra insieme a due donne durante il taglio di una torta. Nella didascalia si legge:
“Foto tratta dalla celebrazione del secondo anniversario della stazione radio Peghla.
La foto ci è arrivata da una persona che era presente alla cerimonia, ma che ha chiesto
di rimanere nell’anonimato e che afferma: “Una delle due donne è sua sorella e l’altra
è un’amica”. Questa persona ha dichiarato categoricamente che non c’erano altre
donne che lavoravano alla stazione radio ad eccezione della stessa Ghafari.
Quando Zan Times contattò nuovamente l’agente di Ghafari, Kelly Falconer,
chiedendo chiarimenti in merito a queste ulteriori questioni sorte dopo le sue varie
risposte, Falconer ha ribattuto: “La signora Ghafari non ha ulteriori dichiarazioni da
rilasciare”.
Nel giugno 2023, diverse fonti della provincia di Wardakm hanno confermato a Zan
Times che la stazione radio di Ghafari non è più attiva. Il 7 giugno Ghafari ha scritto
su Linkedin: “Noi, insieme a Virgin Unite e Richard Branson, stiamo attivamente
raccogliendo fondi per Peghla FM, una stazione radio con base a Wardak che
trasmette nelle province afghane di Wardak, Logar, Kabul e Ghanzi.
In risposta alle domande relative alle condizioni in cui si trova la stazione radio,
Ghafari ha detto: “Dalla caduta di Wardak nelle mani dei Talebani nel 2021, per un
po’ di mesi abbiamo cercato di andare avanti. Tuttavia, a causa della situazione
finanziaria e delle regole restrittive dei Talebani, non abbiamo potuto continuare e
con immensa tristezza abbiamo dovuto chiudere la stazione. Attualmente
l’organizzatore della raccolta fondi sta cercando di ripristinare la stazione, e i fondi
raccolti devono ancora essere utilizzati”.
2018-2021: Quando divenne sindaca e gli anni in carica
Nel 2018 Ghafari si candidò per l’elezione a sindaco a Maidan Shahr, nella provincia
di Maidan Wardak, a ovest di Kabul, una roccaforte talebana. Il capoluogo della
provincia contava una popolazione di circa 15.000 abitanti.

In Afghanistan, le qualifiche minime richieste per potersi candidare a sindaco sono
una laurea triennale e cinque anni di esperienza lavorativa in un ambito direttivo e
gestionale di alto livello. Questo secondo quanto affermato da un ex componente del
consiglio di amministrazione del governo locale, istituzione che si occupa
dell’assunzione di funzionari locali.
Nella sua biografia Ghafari spiega come prese la decisione di candidarsi: “Bashir
insisteva affinché mi candidassi… Ero di Wardak, avevo una laurea magistrale in
economia e in quel periodo, grazie al mio lavoro alla stazione radio, conoscevo bene
la regione e i suoi problemi. Io ambivo a lavorare in ambiti pubblici e le sfide mi
sono sempre piaciute. Ma una sfida come quella di Wardak? Quando dissi che non mi
sarei candidata Bashir andò su tutte le furie. Non parlammo per due giorni. Non so
quante volte cercai di spiegargli il mio punto di vista, ma lui non accettò. Alla fine
cedetti”.
In un’intervista a Women in Tech, Ghafari afferma di essere stata “l’unica” donna a
correre per la candidatura. “Partecipai al concorso con altre 138 persone e ottenni i
voti più alti. Gli altri erano tutti uomini”. Zan Times ha intervistato altre due persone
che si erano candidate, le quali affermarono che c’era almeno un’altra donna che
partecipava al concorso. Inoltre nel 2018 il quotidiano Etilaatroz e Tolo TV
riportarono che ci fu almeno un’altra donna in competizione con Ghafari fra 130
concorrenti.
Quando chiedemmo a Ghafari chiarimenti in merito, lei ci rispose: “Non posso
ricordare se ci fossero altre candidate donne oltre a me che venissero prese in
considerazione per questa posizione”.
Nella sua biografia Ghafari ha ripetuto che ottenne i voti migliori sia nelle prove
scritte che in quella orale. Due concorrenti maschi raccontano un’altra storia,
affermando che superò la prova solo perché ricevette i 5 extra punti che venivano
assegnati come merito di genere. Alle nostre domande su questo Ghafari ha replicato:
“Non ho familiarità con il sistema di votazioni e le varie formalità. Tuttavia, secondo
la legge, la persona con i voti più alti riceve la dichiarazione ufficiale del presidente
per venire eletta in questa posizione. Per mia fortuna fui colei che ricevette questa
dichiarazione”.
Dopo essere stata eletta sindaca a Maidan Shahr nel luglio 2018, scrisse nella sua
biografia che non assunse la carica per altri nove mesi a causa della forte opposizione
a questa sua elezione. “Alcuni dei miei oppositori affermavano che avessi pagato una
tangente per ottenere i voti più alti – un’accusa ridicola poiché ero praticamente senza
soldi. Altri sostenevano che ero un’amica di Bibi Gul, la moglie del presidente – e
non lo ero – oppure che avevo avuto rapporti sessuali per ottenere questa carica. Un

classico! Ovunque nel mondo, le donne che vengono elette vengono sempre accusate
delle stesse cose”, ha scritto nella sua biografia.
Ghafari spiega poi come è riuscita a insediarsi nella sua carica di sindaca: “Dissi a
Mohib (Hamdullah Mohib, il Consigliere per la Sicurezza Nazionale in Afghanistan)
che stavo pensando di darmi fuoco di fronte al palazzo presidenziale. Dovetti anche
usare i miei contatti, come del resto chiunque voglia ottenere qualcosa in
Afghanistan… Trovai il numero di Wali Khan Basharmal, un membro dell’ufficio del
Presidente Ghani. Lo chiamai e gli ripetei la mia minaccia di darmi fuoco. Mi disse di
mandargli una lettera e che l’avrebbe consegnata al presidente”. Secondo quanto
scritto nella sua biografia, la sua nomina a sindaca venne ufficializzata nell’aprile del
2019.
A distanza di tre mesi dalla sua elezione a sindaca, Ghafari scrisse: “A casa a Wardak
e anche all’interno della mia stessa famiglia, erano poche le persone che notavano il
mio lavoro. Ma fuori dall’Afghanistan la mia storia prese il volo. La BBC mi nominò
fra le 100 donne più influenti del 2019 e venni invitata a intervenire presso festival
cinematografici, forum sui diritti umani e tavole rotonde con personaggi rilevanti di
paesi potenti”.
Nella sua biografia ammette che ricevette l’attenzione internazionale dopo che il suo
profilo venne pubblicato sul New York Times nel 2019. “Ricevevo quasi
quotidianamente richieste di interviste da molti programmi di media internazionali e
presto arrivarono anche molti altri inviti da personaggi importanti di tutto il mondo.
Mi resi conto che la mia battaglia per diventare sindaca mi aveva dato un
palcoscenico molto più vasto di quanto non avessi mai avuto prima. In Turchia
incontrai il presidente Erdogan e sua moglie Emine nel loro stupendo palazzo ad
Ankara. Ho incontrato funzionari di governo in Svezia e in India e sono stata invitata
a intervenire in conferenze, davanti ad un pubblico composto dai personaggi più
influenti del mondo”, ha scritto.
Benché Ghafari venga citata nei media e nelle piattaforme internazionali come
attivista per i diritti delle donne, le ricerche effettuate da Zan Times non hanno
rilevato nessuna indicazione di donne che abbiano lavorato per la sua stazione radio e
nemmeno che abbia fatto lavorare un numero maggiore di donne ad alti livelli nel
governo locale nel periodo in cui era sindaca. Anche tutte le foto apparse sul suo
profilo nel New York Times mostravano prevalentemente uomini che lavoravano con
lei (è stato possibile vedere foto solo di un’altra donna mentre faceva le pulizie).
Analogamente nel programma di Netflix In her hands non è stato possibile
individuare nemmeno una donna nel suo ufficio.
Quando Zan Times le ha chiesto chiarimenti in merito, la sua risposta è stata: “Mi
sorprende il fatto che pensiate che le poche donne che si trovano in una posizione di
potere debbano automaticamente essere campionesse nella lotta dei diritti delle

donne. Tuttavia, agire a favore delle donne, come dirigere una stazione radio
indirizzata ad ascoltatrici e che si focalizza sui diritti delle donne, oppure diventare la
sindaca di un paese in una società patriarcale… Tutte queste azioni contribuiscono in
modo significativo a favore di quelle donne che sono state trascurate e oppresse per
decenni e di quelle donne che sono state dimenticate anche da chi afferma di lottare
per i diritti delle donne.
Inoltre, è fondamentale comprendere che il riconoscimento dei diritti delle donne non
consiste semplicemente nel collocare tre o dieci donne in posizioni di potere.
Consiste invece nel promuovere una consapevolezza di base nelle donne,
nell’incoraggiare la loro partecipazione sociale, fattore che per me è stato
fondamentale fin dal 2014. Bisogna anche notare che ho fatto lavorare ragazze
afghane giovani e talentuose non solo all’interno della municipalità, ma anche presso
la stazione radio, un passo fondamentale per rompere i tabù sociali esistenti”.
Ha anche fornito un link e una foto su Facebook con questa descrizione: “Foto di 5
ragazze che lavorano con me negli uffici comunali durante la celebrazione del
centenario dell’indipendenza, Ghazi Karim Khan Hall (nell’agosto 2019)”. La foto
mostra Ghafari con 6 donne. Questo link ci ha collegato ad un post sulla pagina
Facebook di Ghafari datata 8 luglio 2019 che cita: “La municipalità di Maidan Shahr,
in collaborazione con il programma DAI della città, ha preso in carico 6 tirocinanti
donne nei reparti di amministrazione, finanza, redditi e beni immobili per un periodo
di 6 mesi”.
Alla fine della sua biografia appare un’immagine senza data sotto la quale si legge:
“Visita all’unico parco per donne a Wardak con l’obiettivo di renderlo un luogo più
verde e più sicuro per le donne. Volevo aiutarle a uscire di casa per un picnic con le
loro famiglie, cosa molto difficile da realizzare”. Sembra che la foto sia stata fatta nel
periodo in cui era sindaca, ma si notano due peculiarità: la completa assenza di
qualsiasi altra donna o di bambini nell’ “unico parco per donne” e un campo da
football dietro la sua spalla sinistra.
“Si tratta di un campo da football allo Sports club Ghazi Amanullah Khan” ha
spiegato un giornalista locale che aveva anche fornito a Zan Times alcune foto dello
Sports club che sembrano uguali allo sfondo della foto di Ghafari nella sua biografia.
Quando le abbiamo chiesto notizie in merito al parco e le abbiamo riportato le
dichiarazioni del giornalista, ha replicato: “Non so da dove la vostra fonte, che voi
indicate come un ‘giornalista locale’, abbia ottenuto queste informazioni, ma sono
false. Quella che si vede nella foto è una proprietà del Comune che si trova nel centro
della città e si chiama Giardino delle Donne. L’unico parco per donne precedente era
di proprietà del dipartimento Affari Femminili, nel centro della città… Lo Sports club
Ghazi Amanullah Khan è molto lontano dal luogo che si vede nella foto”.

Zarifa Ghafari: una straordinaria sopravvissuta
Nella sua biografia afferma di essere sopravvissuta a due bombardamenti durante il
tragitto per arrivare a scuola, uno nel 2005 e l’altro nel 2006. In un’intervista del
settembre 2021 per Women in Tech, Ghafari dichiara di essere stata ferita da
esplosioni di bombe sulla strada per andare a scuola “malauguratamente più di tre
volte”. Nel giugno del 2022 ha detto al pubblico di TEDx di essere sopravvissuta a
quattro esplosioni mentre si recava a scuola.
Quando le chiedemmo chiarimenti in merito, rispose: “Sono stata ferita due volte a
causa di esplosioni di bombe mentre mi recavo a scuola”.
E’ stata anche gravemente ferita in un incidente automobilistico nel dicembre 2014 in
India. L’incidente la lasciò “completamente paralizzata” in tutta la parte sinistra del
corpo e i dottori dissero alla famiglia che nel 99% dei casi la ragazza sarebbe morta,
in pratica che stava per morire. Se fosse sopravvissuta avrebbe perso la memoria,
l’intelletto o avrebbe potuto rimanere mezza paralizzata per tutto il resto della vita.
Questo è quello che ha raccontato durante il suo intervento a TEDx.
Il periodo in cui assunse la carica di sindaca fu decisamente pericoloso. Zarifa
Ghafari ha detto di essere sopravvissuta ad almeno tre tentativi di assassinio mentre
era sindaca a Maidan Shahr. Secondo la sua biografia, il primo tentativo avvenne nel
novembre 2019. Dichiara infatti che la sua donna delle pulizie, una vedova, venne
pagata per lasciare aperto il gas nella sua cucina. “Il fuoco scoppiò quando accese il
forno. Iniziai a dare colpi sul fuoco con la mia caviglia, pensando di poterlo spegnere
facilmente, ma dopo alcuni secondi le fiamme avevano già preso l’altra gamba del
mio pigiama e le maniche della parte superiore. Allora cominciai ad andare in panico
e realizzai che stavo veramente prendendo fuoco” ha scritto. Il suo fidanzato riuscì a
spegnere il fuoco buttandole addosso una secchiata d’acqua. I dottori dissero che
avrebbero forse dovuto amputare il piede destro perché le ustioni erano penetrate
nelle ossa” ha raccontato nella sua biografia.
Scrisse che il secondo attentato ebbe luogo a Kabul nel marzo 2020, quando alcuni
uomini armati assalirono il veicolo sul quale si trovava insieme a Bashi Mohammadi.
“Sentii per tre volte un sottile fischio. Bashir guardò nello specchietto retrovisore…
‘Siamo sotto attacco!’. Mentre mi chinavo riuscii a vedere la canna di una pistola
puntata verso di noi attraverso il finestrino di una Ford Corolla bianca che arrivava da
dietro”.
Ha raccontato anche di un attacco in strada da parte di uomini provvisti di armi
pesanti. “Ho visto tutto: cinque metri davanti a noi c’era un uomo sul lato della strada
che stava lanciando una bomba a mano. ‘Siamo sotto attacco!’ gridai… ‘Vai!’.
L’autista schiacciò il piede sull’acceleratore e filammo a tutta velocità. L’uomo con
la bomba a mano non ebbe il tempo di lanciarla, ma apparvero altri due uomini sul

lato della strada, uno che ci puntava un Kalashnikov e l’altro una pistola americana
M4. Entrambi aprirono il fuoco e ci scaricarono addosso una gran quantità di colpi.
Avremmo potuto morire nella nostra vecchia auto”.
Inoltre, racconta di come riuscì a scampare ad una folla di uomini inferociti…
“Alcuni dei quali mostravano gigantografie di foto di me e Bashir durante il nostro
fidanzamento, contornate da un cerchio rosso e con una striscia rossa sopra i nostri
visi”. Questo avvenne all’interno di un complesso municipale a Maidan Shahr.
Nonostante non venga citata alcuna data in merito a questo avvenimento, lo stesso si
trova nella sua biografia al capitolo in cui descrive i suoi sforzi per diventare
ufficialmente sindaca, fra luglio 2018 e aprile 2019. Tuttavia, tredici pagine prima,
scrive che il suo fidanzamento era stato celebrato nel marzo 2020, stranamente dopo
che quegli “uomini inferociti” avevano mostrato le foto del suo fidanzamento…
Quando chiedemmo a Ghafari di commentare l’accaduto rispose: “Leggendo questa
domanda, sembra che le vostre ricerche su di me siano sostenute dalle stesse persone
che mi hanno attaccato e che hanno sparso così tanto odio sul mio conto. Penso che i
vostri investigatori e coloro che mi hanno attaccato siano dello stesso stampo di
coloro che hanno distrutto il Paese, impedito alle ragazze di studiare, distrutto i nostri
sforzi per costruire un Afghanistan meraviglioso. In ogni caso si tratta di due fatti
separati, uno avvenuto il 15 dicembre 2018 e il secondo a settembre 2020, quando
annunciai alla Municipalità la presa in carico di 17 posizioni ufficiali, ed ero già
fidanzata al mio compagno di vita”. Insieme a questa replica, Ghafari fornì due link,
uno di una pagina Facebook che cita “Questo video non è più disponibile”, l’altro ci
porta alla pagina principale del Comune, ora gestito dai Talebani.
Ha anche condiviso una foto che mostra una folla di gente che protesta, con manifesti
di foto di Ghafari e Bashir Mohammadi con una linea rossa che attraversa i loro volti
e uno slogan in Pashtun che dice. “Non vogliamo due sindaci in Comune”. Almeno
tre fonti di Maidan Sharh hanno affermato a Zan Times che, benché Ghafari fosse la
sindaca ufficiale, in realtà era Mohammadi, il suo fidanzato, che svolgeva quel ruolo.
Quando Zan Times cercò di contattare nuovamente Zarifa Ghafari in merito a queste
ulteriori affermazioni la sua agente, Kelly Falconer, rispose che la Signora Ghafari
non intendeva aggiungere nulla.
La carica di sindaca di Ghafari a Maidan Shahr si concluse nel giugno 2021, quando
divenne direttrice del Dipartimento di Sostegno alle Famiglie dei Martiri, dei Feriti e
dei Prigionieri di Guerra al Ministero della Difesa.
Agosto 2021 e inizio di una carriera come attivista
Il 15 agosto 2021 i Talebani presero il potere a Kabul. Come donna sindaco del
governo precedente, Ghafari temeva per la sua vita “Sapevo che se fossi rimasta non

sarei sopravvissuta” disse in lacrime in un programma su Netflix. Tuttavia, nella sua
biografia ha scritto: “Avrei trovato un posto per la mia famiglia su un volo di
evacuazione e poi li avrei lasciati, sarei uscita dall’aeroporto e tornata a casa per
portare avanti il mio lavoro. Se fossi stata sola avrei potuto sopravvivere”. Dopo
essere evacuati da Kabul, Ghafari e la sua famiglia finirono in Germania.
Nonostante i pericoli che avrebbe dovuto correre, scrive: “Cominciai a pensare di
tornare in Afghanistan già dal momento in cui atterrai in Germania”. Tornò a Kabul
alla fine del febbraio 2022. Nella sua biografia Ghafari spiega che, oltre ad aver
chiesto la protezione del governo tedesco per la sua visita a Kabul, pretese anche
assicurazioni dai Talebani. “L’ultimo passo da fare era essere certa che i Talebani
non mi avrebbero arrestato al mio arrivo”. Il portavoce dei Talebani Zabihullah
Mujahid ha confermato a Zan Times di aver parlato con Ghafari prima della sua
visita e che alcuni membri dell’Intelligence Talebana scortarono Ghafari
dall’aeroporto fino alla sua destinazione finale a Kabul. Nello stesso momento, altri
membri dell’Intelligence arrestavano donne che protestavano nelle strade contestando
le restrizioni dei loro diritti da parte dei Talebani. Molte di loro vennero picchiate e
arrestate.
Mentre era a Kabul, durante un’intervista con 1TV rilasciata in Farsi-Dari, si è riferita
ai Talebani parlando di “una nuova esperienza”. “Io, intendo dire noi, le donne, siamo
disponibili ad un dialogo. Forza, parliamo e risolviamo tutto”.
Sicuramente, avere un dialogo con i Talebani sembra essere un obiettivo importante
per Ghafari, e lo era anche prima del suo ritorno in Afghanistan. Nel settembre 2021,
durante un’intervista con Women in Tech, Ghafari ha raccontato: “Ho chiesto ai
leader talebani, in particolare a questo Mullah Haibatullah… qualunque cosa vuoi,
quando vuoi, dammi solo un segnale e io accetterò qualsiasi cosa, potrò anche venire
in Afghanistan. Ho bisogno di un segno da parte vostra… Indosserò il mio burqa (e
scoppia a ridere) e avrò la testa coperta mentre parlerò con te, non ti mostrerò il mio
viso mentre parliamo… ma parliamo, almeno, parliamo”.
Tuttavia, nella sua biografia pubblicata nell’ottobre 2022 ha scritto: “Non volevo
negoziare con loro (i Talebani) e nemmeno incontrarmi con loro a Kabul. Non volevo
che, mostrando foto, potessero usarmi come un’opportunità per convincere il mondo
che trattavano bene le donne”.
Due mesi più tardi, nel dicembre 2022, durante il Forum del Premio Nobel per la
Pace, ha dichiarato che i suoi obiettivi includevano “aprire la strada per avviare un
dialogo delle donne afghane sui loro diritti con chiunque fosse al governo in
Afghanistan, inclusi i Talebani” e “contribuire alla formazione di una protezione
politica finalizzata alla risoluzione del conflitto in Afghanistan”.

Quando le abbiamo chiesto qual era la sua posizione nei confronti dei Talebani e
della loro politica, ci ha risposto: “Ho sempre sostenuto la possibilità di un dialogo
diretto fra i Talebani e le donne afghane. A differenza degli uomini, le donne afghane
parlerebbero sicuramente a favore del paese e della sua gente e non di terrorismo o
spargimento di sangue. E’ fondamentale capire che il dialogo è l’unica strada pacifica
per risolvere i conflitti politici in Afghanistan. Anche gli stessi precedenti
Mujahideen – i signori della guerra che devastarono Kabul – proibirono alle donne di
studiare negli anni ’80, distrussero infrastrutture, causarono la morte di milioni di
persone in conflitti interni, violentarono donne e scatenarono una migrazione di
massa, ma dopo il furono in grado di riformarsi e cambiare. Lasciarono i loro rifugi
sulle montagne e alcuni di loro vennero addirittura definiti attivisti dei diritti umani,
eroi o guide. Quindi non è impossibile che anche i Talebani possano cambiare. Potrà
arrivare un giorno in cui rispetteranno i diritti umani e i diritti delle donne, proprio
come hanno fatto i Mujahideen e i loro sostenitori”.
I giornalisti di Zan Times non sono i primi che si fanno delle domande in merito a
Ghafari. Nell’aprile 2022 Marina Zaffari, una giornalista afghana, ha mandato in
onda sul suo canale YouTube un video dal titolo “Le donne attiviste che ci tradiscono
/ Zarifa Ghafari che favorisce i Talebani”. Nel video Zaffari pone la domanda: “Tutte
queste contraddizioni in una sola persona e in un periodo di tempo così breve?” prima
di mostrare una serie di clip di interviste di Ghafari, incluse quelle su media
occidentali e afghani, che evidenzia le contraddizioni delle dichiarazioni di Ghafari,
in particolare per quanto riguarda i Talebani. In una di queste clip Ghafari dice:
“Distruggono i diritti delle donne. Picchiano le donne pubblicamente. Picchiano gli
uomini pubblicamente. Stanno distruggendo tutto”. Una delle clip seguenti mostra
Ghafari che afferma cose diverse in merito ai Talebani: “Sono qui, sono la realtà del
territorio a penso che si debba parlare con loro”.
In particolare, Zaffari si chiede come mai Ghafari sia tornata in Afghanistan, dove
fece molte interviste, inclusa quella con Tolo News. “Ciò che più di tutto catturò la
mia attenzione in questa intervista fu il suo tono allegro, il suo viso felice e le regolari
risate durante la conversazione” ha spiegato Zaffari. Nelle interviste fatte al di fuori
dell’Afghanistan, soprattutto in Germania, ha quasi sempre una faccia triste, piange
spesso … ma in Afghanistan, un Paese invaso dai terroristi, dove i civili, gli
intellettuali, gli attivisti per i diritti delle donne vengono perseguitati e sequestrati,
torturati, umiliati e uccisi quasi quotidianamente, sembra perfettamente felice e le sue
parole sono vuote e senza significato”.
Benché sia stato relativamente facile per i giornalisti afghani, inclusi quelli di Zan
Times, trovare incongruenze e contraddizioni nei racconti di Zarifa Ghafari sulla sua
vita, ricavati da fonti pubbliche e incluse le sue interviste e la sua biografia, le
organizzazioni e i media occidentali continuano a ricoprirla di lodi, apparentemente
inconsapevoli di tutte le discrepanze nella storia della sua vita.

Nel dicembre 2022, un editore del Financial Times ha scritto: “L’attivista afghana
diventata in seguito una politica, che a 24 anni fece scalpore poiché fu eletta prima
cittadina in un paese della provincia conservatrice di Wardak, è il prodotto della
guerra americana più lunga: una donna educata e culturizzata che ha superato
famiglia e tradizioni per raggiungere una posizione di potere – e una sopravvissuta”.
NOTA: Insieme a questo articolo viene pubblicata una completa sessione di domande
che Zan Times ha posto Zarifa Ghafari e le sue risposte complete non censurate e non
modificate. Per leggerle, cliccate qui.
Freshta Ghani ha contribuito alla stesura di questo articolo.

* [Trad. a cura di Cisda]

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