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Alla disperata ricerca di un lavoro

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Le donne in Afghanistan devono affrontare molestie sessuali e grandi difficoltà quando cercano lavoro

Mahtab Safi*, Freshta Ghani, Zan Times, 24 luglio 2023

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Nel giugno 2023, Farida*, laureata in economia e con due anni di esperienza lavorativa, da un anno e mezzo era alla ricerca di un lavoro nella provincia di Sar-e-Pol. La trentaduenne racconta che trovare un lavoro è stato come cercare un ago in un pagliaio. Ha presentato più di 30 domande prima di essere selezionata per una posizione di assistente sociale in un’organizzazione locale e sostenere un test presso il loro ufficio. Farida era l’unica donna in lizza contro otto uomini. Un uomo, presumibilmente il dirigente dell’organizzazione, è entrato nella stanza per supervisionare l’esame e dopo averle dato un’occhiata le ha chiesto tranquillamente di andare nel suo ufficio dopo l’esame.

Seduto dietro la sua scrivania, il dirigente la salutò con un sorriso. Mentre Farida iniziava a parlare della sua esperienza lavorativa come assistente sociale, la interruppe dicendo: “I suoi vestiti le stanno bene. E’ sposata o single?”. Farida ci racconta di aver risposto di essere madre di cinque figli e che  lui ha commentato: “Dato il suo fisico e il suo aspetto, è difficile credere che abbia cinque figli”.

Scossa dalle sue parole, Farida ha cercato di riportare la conversazione sulla sua esperienza professionale, ma l’uomo l’ha interrotta di nuovo. “Sicuramente sarai assunta come dipendente di questa organizzazione”, ricorda che le disse. “Se riesci a passare una notte con me, puoi essere nominata a posizioni più alte e ottenere qualsiasi posizione tu voglia”.

Farida uscì rapidamente dal suo ufficio, con le lacrime che le rigavano il viso, ma sentì la voce di lui alle sue spalle che le diceva: “Cosa perderesti se passassi una notte con me?”. Nell’intervista telefonica con Zan Times racconta: “Ho camminato per un’ora fino a casa, piangendo. Ero profondamente colpita dall’incidente”.

 

Quasi tutte licenziate

Farida continua a cercare un lavoro. È lei la capofamiglia, poiché il marito soffre di forti mal di testa che gli impediscono di lavorare. Hanno bisogno che lei trovi un lavoro ben pagato non solo per mettere il cibo in tavola ma anche per permettergli di curarsi. 

Prima che i Talebani prendessero il potere, Farida guadagnava 20.000 afghani al mese come assistente sociale presso una ONG nella città di Sar-e Pol. Il suo stipendio era sufficiente a coprire le spese per la sua famiglia. Dopo aver perso il lavoro al ritorno dei Talebani la loro situazione finanziaria è peggiorata drasticamente. “La preoccupazione più importante della mia vita è quella di assicurare il cibo ai miei figli. Se riesco a fargli fare colazione, inizio a preoccuparmi per la cena e, una volta che hanno cenato, l’ansia per il pranzo del giorno dopo si fa sentire”, si preoccupa. 

Farida è una delle 12 donne che hanno parlato con Zan Times delle immense difficoltà, e degli sforzi spesso infruttuosi, per trovare un nuovo lavoro. Le donne che vivono nelle province di Kandahar, Ghor, Sar-e Pol, Bamyan, Kabul e Samangan avevano tutte un lavoro prima dell’agosto 2021, ma lo hanno perso dopo che i Talebani hanno ripreso il potere. Solo due settimane dopo la presa di Kabul, i Talebani hanno vietato alle donne di lavorare negli uffici governativi. Nel tentativo di eliminare le donne dalla sfera sociale, hanno chiuso scuole e università alle ragazze di età superiore ai 12 anni e hanno imposto sempre più restrizioni alle donne che lavorano in posizioni in cui possono interagire con gli uomini. 

Di conseguenza, un numero enorme di donne qualificate e istruite è ora senza lavoro. Nel 2020, le donne rappresentavano circa un quarto dei 415.000 dipendenti della pubblica amministrazione, secondo le statistiche dell’Ufficio centrale di statistica. Da allora, quasi tutte sono state licenziate dai Talebani. Inoltre, nel dicembre 2022 i Talebani hanno vietato alle donne di lavorare con le ONG nazionali e straniere. Zabihullah Mujahid, portavoce dei Talebani, ha dichiarato alla BBC che il divieto è stato emanato per “preservare la dignità e la castità” delle donne.  I decreti talebani volti a limitare le attività delle donne in Afghanistan continuano. Il 6 luglio 2023 hanno annunciato il divieto per le donne di lavorare nei saloni di bellezza.

Sahar Rezaie* lavorava come amministratrice presso il Ministero della Difesa prima del ritorno dei Talebani. Il suo stipendio mensile di 35.000 afghani permetteva alla giovane vedova di provvedere comodamente alla famiglia, anche se non è stata pagata per quattro mesi prima del crollo del governo repubblicano. Poi si è nascosta per cinque mesi, temendo che i Talebani potessero punirla per il suo lavoro precedente. Ha cercato di trovare un lavoro ovunque, comprese le ONG e persino il Ministero della Difesa talebano, dopo aver appreso che questo permetteva ad alcune donne di lavorare nel settore militare. Nel marzo 2022, Sahar ha ricevuto una risposta da un dipendente di un istituto privato che ha detto di poterla aiutare. Dopo aver raccolto i suoi documenti di lavoro le ha promesso di trovarle un impiego in un’ambasciata straniera con uno stipendio di 800 dollari al mese. Tuttavia ha posto due condizioni, come racconta Sahar: “La prima è che io abbia una relazione sentimentale con lui e la seconda è che io dia 200 dollari ogni mese”.

Anche dopo che Sahar ha rifiutato e gli ha chiesto di non contattarla più l’uomo ha continuato a molestarla. “Per diversi mesi mi chiamava verso mezzanotte. Io riattaccavo, ma lui mi richiamava”, racconta la donna a Zan Times in un’intervista telefonica. Alla fine Sahar è stata costretta a cambiare numero di telefono.

Come Sahar e Farida, Zulikha*, 27 anni, ha cercato senza successo un lavoro. È disoccupata da un anno e mezzo, nonostante abbia sette anni di esperienza di lavoro in organizzazioni non governative nella provincia di Samangan. Sebbene abbia inviato più di 20 domande di lavoro, non ha mai ricevuto risposta da un solo ente. “Quando controllo i siti web, i posti proposti sono per lo più riservati agli uomini. Tuttavia, continuo a fare domanda ai pochi uffici che pubblicizzano posti sia per donne che per uomini, ma non mi selezionano mai”, racconta a Zan Times. “Quando parlo con le organizzazioni mi dicono che i talebani non permettono alle donne di lavorare e che, se mi assumessero, dovrebbero rispettare le regole talebane per i compagni maschi e l’hijab”.

Asma* parla per tutte quando dice che non c’è posto per le donne in nessuna organizzazione governativa o non governativa della provincia, dato che nonostante abbia quattro anni di esperienza lavorativa nel governo della provincia di Ghor non è riuscita a trovare un nuovo lavoro. “Quando inviamo un curriculum per una domanda di lavoro, ci sembra di gettarlo in mare”, racconta a Zan Times. “Si perde”.

*I nomi sono stati cambiati per proteggere l’identità degli intervistati e di chi scrive. Mahtab Safi è lo pseudonimo di una giornalista di Zan Times in Afghanistan.

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