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“Piena applicazione” della Sharia. La stretta dei talebani sull’Afghanistan

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La “sentenza” è arrivata via Twitter dal leader supremo dei talebani Mullah Akhundzadar, confermata dal portavoce dell’Emirato islamico, Zabihullah Mujahid.

Simona Losito, InsideOver, 14 novembre 2022

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In Afghanistan tornerà l’applicazione totale della Sharia come mezzo punitivo per i reati. La “sentenza” è arrivata dal leader supremo dei talebani via Twitter, confermata dal portavoce dell’Emirato islamico, Zabihullah Mujahid.

Mullah Akhundzada, da cui deriva tale decisione, governa per decreto da Kandahar, culla dei talebani e loro centro spirituale; il misterioso leader non è mai stato filmato o fotografato in pubblico dalla sua ascesa al potere nell’agosto 2021. Il suo ordine obbligatorio è di esaminare “attentamente i casi di ladri, rapitori e sovversivi”, come ha affermato in un incontro con alcuni giudici, secondo la testimonianza del portavoce. Ma cosa comporta questa “piena attuazione”?

Secondo quanto affermato da un leader religioso afghano alla Bbc, le pene in discussione vanno da fustigazioni e lapidazioni all’amputazione di arti. “In quei casi in cui ricorrano le condizioni della legge questa va applicata, è la Sharia e il mio comando, che è obbligatorio” ha dichiarato il leader. Il riferimento è in particolare verso i reati hudud (reati contro Dio), ovvero tutti i reati per i quali, secondo la legge islamica, sono obbligatori alcuni tipi di punizione, e i qisas, cioè i reati contro gli uomini. I crimini di hudud includono l’adulterio, consumo di alcolici, furto, rapimento e rapina, apostasia e ribellione. I reati Qisas includono, invece, omicidi e lesioni deliberate, ma è consentito alle famiglie delle vittime di accettare un risarcimento.

Si tratta di un’ulteriore stretta da parte dei talebani al potere, gli stessi che avevano promesso una versione più morbida del duro governo che ha caratterizzato il loro primo periodo al potere, dal 1996 al 2001, ma la repressione dei diritti e della libertà continua ad essere attuata gradualmente dalla presa al potere dello scorso anno.

La realtà è che pian piano le loro richieste obbligate tornano a risuonare all’interno del Paese e a vietare l’accesso alle adolescenti nelle scuole o a impedire alle donne di viaggiare per lunghi tratti senza l’affiancamento di un uomo. Ancora, continuano ad essere escluse dal lavoro, mentre dal mese di maggio sono state costrette a tornare a coprire il volto in pubblico. Solo la scorsa settimana sono state bandite da tutti i parchi e luna park di Kabul.

“Per gli ultimi 14 o 15 mesi abbiamo tentato di offrire un ambiente coerente con la Sharia e la nostra cultura perché le donne si recassero nei parchi”, ha dichiarato Mujahir ai media locali, riferisce Reuters. “Purtroppo i proprietari dei parchi non hanno cooperato con noi molto bene, e anche le donne non hanno adottato l’hijab come suggerito”, ha aggiunto, “per adesso, è stata presa la decisione di bandirle”.

In base alle norme imposte dai talebani dopo il loro ritorno al potere in Afghanistan nell’agosto del 2021, le donne possono visitare i parchi tre giorni alla settimana – domenica, lunedì, martedì – e gli uomini i restanti quattro. Ora le donne non saranno ammesse anche se accompagnate da parenti maschi.

Per le donne è impossibile frequentare anche palestre e bagni pubblici. “Le palestre sono vietate perché gli allenatori sono maschi e si tratta di palestre miste”, ha precisato il portavoce del ministero afghano per la Propagazione della Virtù e la Prevenzione del Vizio, Mohammad Akif Sadeq Mohajir. Per quanto riguarda gli hammam, i bagni pubblici tradizionali arabi, “ogni casa ha una stanza da bagno, non ci sarà alcun problema per le donne”, ha riferito il responsabile.

Senza dubbio la direzione intrapresa dal potere dei talebani è controcorrente rispetto all’emancipazione che il popolo sperava di ottenere col passare degli anni. “Con queste ulteriori limitazioni, ora le donne afghane sono letteralmente prigioniere nelle quattro mura di casa”, ha commentato una studentessa di Kabul.

Nulla di nuovo

Era passato poco più di un mese dalla presa di Kabul quando il governo talebano aveva già cominciato a parlare di esecuzioni e amputazioni come punizioni per i condannati secondo la Sharia. L’agenzia di stampa Associated Press aveva ricevuto la testimonianza da uno dei fondatori del movimento talebano e ex responsabile dell’organizzazione, Nooruddin Turabi. “Il taglio delle mani è necessario per la sicurezza”, aveva dichiarato. 

Già dallo scorso anno sui social media erano apparsi video e immagini di combattenti talebani che infliggevano fustigazioni sommarie a persone accusate di vari reati. In varie occasioni sono anche stati mostrati in pubblico i corpi dei rapitori che secondo i talebani sarebbero stati uccisi in sparatorie.

Decisioni conservatrici come questa erano già state attuate durante il periodo in cui i talebani si sono ristabiliti al potere. Dunque, in tutto questo tempo, sembrerebbe lecito supporre che la rigida legge coranica sia stata pienamente applicata. I talebani hanno infatti regolarmente eseguito punizioni in pubblico, comprese fustigazioni e esecuzioni.

Rahima Popalzai, analista legale e politico, ha affermato al Guardian che l’editto potrebbe essere un tentativo di rafforzare la loro reputazione ed evitare di far credere che possa essersi ammorbidita dal loro ritorno al potere.

“Se davvero inizieranno a implementare hudud e qisas, mireranno a creare la paura che la società ha gradualmente perso” sostiene. “Come impostazione teocratica, i talebani vogliono rafforzare la loro identità religiosa tra i paesi musulmani”

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