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Parte da onlus milanese la campagna a favore delle donne afgane: “Una luce contro l’oscurantismo e la violenza di genere”

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Milano Repubblica.it Lucia Landoni 15 agosto 2022

CISDALogo

Il Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane è presieduto da Gabriella Gagliardo.Rivolta una petizione su Change.org ai vertici della Commissione Europea, delle Nazioni Unite e ai governi europei, a partire da quello italiano

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In piedi al fianco delle donne afghane, per mantenere accesi i riflettori dell’attenzione internazionale sulla loro condizione a un anno dall’ascesa al potere dei talebani: è stata battezzata #StandUpWithAfghanWomen la campagna con cui la onlus milanese Cisda (Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane) presieduta da Gabriella Gagliardo e l’associazione Large Movements di Roma si propongono di denunciare il regime di apartheid totale e di genere instaurato in Afghanistan.

“La vita e la sicurezza delle donne sono a rischio fin da quando sono bambine e il loro diritto di scelta nella sfera personale, educativa e lavorativa è ormai completamente negato. Tutta la popolazione è costretta a vivere in condizioni inaccettabili – sottolineano dal Cisda – Ma in Afghanistan è in atto una resistenza tenace e clandestina da oltre quarant’anni contro tutti i fondamentalismi e le ingerenze straniere. È condotta dalle donne e va sostenuta perché rappresenta una luce contro l’oscurantismo e la violenza di genere, nonché contro le connessioni transnazionali che le alimentano”.

Da qui l’idea di rivolgere una petizione su Change.org ai vertici della Commissione Europea, delle Nazioni Unite e ai governi europei, a partire da quello italiano, che si fonda su quattro punti fondamentali.

I promotori chiedono il non riconoscimento del governo dei talebani, l’autodeterminazione del popolo afghano affinché possa decidere del proprio destino senza ingerenze straniere, la messa al bando di personaggi politici legati ai partiti fondamentalisti e il riconoscimento politico delle forze afghane progressiste (a partire da Revolutionary Association of the Women of Afghanistan e Hambastagi), ma anche il monitoraggio sulle violazioni dei diritti umani fondamentali da parte dell’attuale governo talebano.

Esattamente com’era già avvenuto nel 1996, “le città afghane sono diventate prigioni per le donne, costrette a ritornare al chiuso delle proprie abitazioni. Le attiviste e gli attivisti sono costretti oggi a vivere e ad agire nella clandestinità – si legge nel testo della petizione – Molti di loro sono obbligati alla fuga per poter sopravvivere e dev’essere garantita la possibilità di migrare senza alcun ostacolo. Tutta la società afghana è ostaggio della repressione talebana e dell’emergenza umanitaria”.

Il Cisda chiede quindi che le autorità europee, in cooperazione con le agenzie dell’Onu, oltre a nominare un relatore speciale sui diritti umani in Afghanistan, “si impegnino a istituire un organismo di investigazione internazionale indipendente, con poteri di documentazione e di raccolta di prove in loco, per accertare le responsabilità del governo e delle milizie fondamentaliste in materia di violazione dei diritti umani, crimini di guerra, crimini contro l’umanità e genocidio. E che ogni violazione venga portata all’attenzione della Corte penale internazionale”.

La petizione può essere sottoscritta da tutte le organizzazioni e le persone interessate, ma la campagna #StandUpWithAfghanWomen non si limita a questo: “Si snoderà in diverse azioni di informazione, sensibilizzazione ed advocacy rivolte alla società civile e ai decisori politici – concludono dalla onlus milanese – Le azioni verranno co-programmate e co-progettate insieme a tutte le realtà che aderiranno”.

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