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Mentre i talebani ballano, la popolazione è senza cibo

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Le donne afghane sono scomparse dai media internazionali

Laura Sestini – The black coffee – 12 marzo 2022

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Ogni nuova guerra – tale quella russo-ucraina, ultima in cronologia – cancella dai media, e purtroppo anche dalle menti umane, ‘bombardate’ con inedite immagini sempre più cruente, anche le più recenti crisi umanitarie o sociali in atto nel mondo.
Potremmo senz’altro citarne almeno un paio, di cui ancora si discuteva solo un mese fa (non un anno fa o dieci!), come la processione di migranti mediorientali che tentavano di entrare in area europea dalla Polonia e morivano di stenti e di freddo nei boschi bielorussi, oppure la crisi umanitaria che si sta consumando in Afghanistan, dove l’autogoverno talebano – complici gli occidentali – non è in grado di gestire il Paese neanche dal punto di vista alimentare, dal momento che le casse statali sono vuote.

L’informazione a senso unico è limitante, e se già di per sé una notizia non è mai completamente veritiera, relativamente parziale per oggettività, ecco che il mondo mediatico attuale è proprio a senso unico, monotematico.

Questo meccanismo, non nuovo ma ultimamente molto estremizzato, è ingiusto e d incivile, e promuove (intenzionalmente?) molta confusione nelle menti umane, già poco propense a riflettere se non davanti allo schermo di una televisione o di un telefono cellulare.

Con questa premessa, torniamo un passo indietro nel tempo e riprendiamo il discorso sull’Afghanistan e più precisamente sul ritorno dei Talebani al potere, che costringono le donne alla considerazione di poco più di bestie. Se poi pensiamo quanto spesso in occidente gli animali da compagnia siano coccolati e commisurati a ‘figli’, allora le donne afghane scendono ancora più giù nella scala gerarchica delle specie viventi sulla Terra.

Gli uomini che perpetrano una legge patriarcale sulla società, come attuata dai Talebani, non è un caso unico, bensì ampiamente praticata sin dai tempi dei Sumeri, che sì hanno inventato la scrittura e l’organizzazione delle città-stato, ma non erano meno feroci dei loro attuali ‘compari’ in Afghanistan, o altrove nel mondo, e dove la religione è solo uno degli elementi giustificativi.

Il filrouge della società patriarcale, ha molti strati e diramazioni, di cui non sono immuni neanche i paesi cosiddetti democratici. Se aggiungiamo che la storia è sempre stata raccontata dalla parte maschile della società, facciamo l’en plein. Le donne hanno sempre avuto poca possibilità di raccontare la propria visione del mondo e della convivenza pari-genere, che ha molto penalizzato il mondo femminile a tutte le latitudini. E poi per dovere di cronaca è giusto sottolineare che anche in Afghanistan non tutti gli uomini sono ‘maschi egemonici’, anzi una parte minoritaria, seppur consistente e molto violenta.

Le donne che non avuto avuto possibilità di fuggire dall’Afghanistan, dopo l’uscita della ventennale ‘missione di pace’ statunitense e l’avvento del nuovo governo talebano ad agosto scorso, sappiamo che devono nascondersi, diventare più invisibili possibile, ancor di più rispetto alla condizione cui le relegano i Talebani per ‘legge coranica’. Questo può essere anche un modo istintivo per auto-proteggersi.

Ancora oggi le donne afghane sono analfabeta all’85%; al contrario leggere e scrivere è fondamentale per emanciparsi, per quel minimo indispensabile di vita dignitosa e consapevole.

Nel 1977, alcune donne afghane fondano l’Associazione Rawa; sono femministe e laiche, ritenendo la religione un ambito della sfera privata.

Dimostrazione dell’Associazione Rivoluzionaria delle Donne dell’Afghanistan (RAWA) a Peshawar, in Pakistan, per condannare il 6° anniversario nero dello sciame di fondamentalisti a Kabul, 28 aprile 1998 – CC BY 3.0

In Afghanistan, Rawa è un movimento clandestino – ed oggi ancora di più – che insegna alle donne a leggere e scrivere, insieme ai diritti umani e civili di cui dovrebbero godere all’interno delle loro famiglie. In Afghanistan la violenza domestica è un fenomeno dilagante.

Le donne di Rawa – la cui sede sociale è in Pakistan – sono politicamente antimilitariste e contro i fondamentalismi. Negli anni, le attiviste sono riuscite a costruire orfanatrofi, per le centinaia di migliaia di bambini orfani di guerra, hanno insegnato musica, hanno cercato di professionalizzare ragazze e ragazzi, organizzato rifugi per donne maltrattate, o formato le donne per un lavoro autonomo, in progetti di coltura (nascosta) dello zafferano, che aiuta molte famiglie a sopravvivere.

Con l’avvento del primo governo talebano, dal 1996 al 2001, le donne di Rawa si appellano agli altri movimenti femminili del mondo, per raccontare cosa sta succedendo nel Paese. Dall’Italia risponde CISDA, un’associazione con sede a Milano, costituitasi nel 2004 con l’intento specifico di prestare sostegno alle donne afghane.

Ricordiamo che dall’invasione russa del 1979, l’Afghanistan non ha visto quasi più pace. Da 40 anni, con passaggi di varie fazioni – russi, talebani (pompati finanziariamente da sauditi, pachistani e Usa), statunitensi, promotori anche dei falsi accordi di Doha – il popolo vive in una condizione di estrema violenza. Le donne ed i bambini sono entro le limitazioni esistenziali peggiori.

Attualmente il nuovo governo talebano ha chiuso le frontiere e non fa uscire le persone. Chi ci è riuscito finora, anche da clandestino, sono state per persone più istruite o benestanti, privilegiate. Non che non fosse necessario. Molte di queste – attualmente – potrebbero essere già state uccise. Ma come potrebbe una vedova afghana analfabeta, magari con più figli, e senza un soldo in tasca, fuggire dall’inferno in cui è sprofondato nuovamente il Paese? La crisi umanitaria è devastante, non c’è abbastanza cibo, e sappiamo come va a finire: quel poco che si racimola è prioritario per i bambini.

Nei 20 anni di missione militare a guida statunitense, qualche piccolo passo avanti sui diritti delle donne era stato fatto, spazzato via in un battibaleno al rientro dei Talebani al dis-governo della Nazione. E’ stato infatti repentinamente riaperto il Ministero per la prevenzione del vizio e la promozione della virtù, ente di controllo rigidissimo sulle donne, mentre gli uomini, a parte i ‘traditori’ che vengono altrettanto violentati ed uccisi, posso fare come vogliono. Online si possono reperire talebani che danzano armati, mentre a tutti gli altri viene inderogabilmente vietato.

A proposito di Afghanistan, abbiamo parlato con Laura Quagliolo – co-fondatrice dell’associazione Cisda – per capire come prestare il nostro aiuto alle donne afghane. Su Cisda ci riassume la collaborazione ormai ventennale con le donne dell’Associazione Rawa, le delegazioni che costantemente negli anni hanno visitato il Paese, gli scambi culturali con l’Italia, invitando le donne afghane a conferenze ed eventi; mentre i contatti sono mantenuti anche più stretti, adesso che c’è maggiormente bisogno. In questo momento attraverso Cisda si sta formando una rete trasversale di organizzazioni formali ed informali e di singole persone – che vanno da ANPI ad associazioni per i migranti, alle Donne in Nero – gruppi di attivisti civili e sociali che hanno voglia di lavorare insieme per rimanere aggiornati sulla situazione e vogliono entrare i contatto tra loro. Questa iniziativa ha l’intento specifico di mantenere alta l’attenzione sulla situazione afghana, per non interrompere il sostegno a Rawa ed alle donne del Paese.

La situazione adesso in Afghanistan è davvero difficile – racconta Laura Quagliolo – dove, complice anche la guerra in Ucraina, i talebani stanno facendo i comodi loro. Ciò significa andare a rastrellare le donne che hanno partecipato alle manifestazioni di protesta, persone che hanno collaborato con il Governo precedente e le ONG; persone che hanno armi, il che è una vera assurdità perché non c’è abitazione che non abbia armi dopo 40 anni di guerra. Ciò avviene casa per casa, perché non è ‘conveniente’ arrestare per strada una donna che manifesta o un ex collaboratore governativo. Con tutti i cellulari esistenti, qualcuno potrebbe filmare e divulgare la verità in giro per il mondo. Viceversa i crimini talebani ‘casalinghi’ rimangono nascosti. Una pratica atroce: una volta arrestate le persone spariscono, vengono tenute in carcere, sono torturate. Quindi per noi è importante mantenere alta l’attenzione sulla situazione attuale. Nei 40 anni di guerra in Afghanistan l’attenzione è rimasta accesa solo quando c’era l’invasione sovietica, perché l’Occidente doveva far uscire ‘i cattivi’ dal Paese, ed apparire come i ‘buoni’ della favola. Per farlo ha però pagato i fondamentalisti, per strategie di potere. Come succede ancora oggi, anche in altri luoghi, si usano sempre le peggiori figure – di al-Nusra o Isis – quindi non è una situazione specifica dell’Afghanistan, ma il ‘metodo’ per tenere sotto controllo il mondo.

Come fare per stare accanto alle donne afghane? Soprattutto rimanere informati, sostenere chi è rimasto nel Paese, che sono coloro che hanno più bisogno. Le donne di Rawa sono laiche ed oneste, e sono rimaste sul posto per dare continuità agli aiuti di base rivolti alle donne.”

Foto: Isabella Balena (tutti i diritti riservati)

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