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Cresce la tensione fra Afghanistan e Pakistan

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Raid pakistano provoca 45 vittime in Afghanistan, tra cui diversi bambini 

Salvatore Toscano, L’Indipendente, 17 aprile 2022

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Il 16 aprile due attacchi missilistici hanno provocato in Afghanistan almeno 45 vittime, tra cui diversi bambini. Il portavoce del governo talebano, Zabihullah Mujahid, ha affermato che: «L’Emirato islamico dell’Afghanistan condanna nei termini più forti possibili i bombardamenti e gli attacchi provenienti dal Pakistan». Si tratta di «una crudeltà che sta aprendo la strada all’inimicizia tra i due Paesi». Secondo le prime ricostruzioni, gli attacchi sarebbero avvenuti in rappresaglia per l’uccisione di sette soldati pakistani caduti in un’imboscata nella regione del Nord Waziristan, lungo il confine con l’Afghanistan. Nelle ore successive ai bombardamenti, centinaia di civili di Khost, una delle province afghane colpite (l’altra è Kunar), si sono riversati nelle strade al grido di slogan anti-Pakistan.

Le tensioni tra i due Paesi si sono inasprite da quando i talebani hanno preso il potere in Afghanistan nell’agosto scorso. Da quel momento, il governo di Islamabad sostiene che Kabul stia ospitando gruppi militari accusati di incursioni sul suolo pakistano. I talebani negano, canalizzando invece la tensione sulla costruzione di una recinzione che il Pakistan sta erigendo lungo il loro confine (2.700 chilometri), noto come linea Durand. Nei suoi pressi, si è verificata giovedì scorso l’imboscata ai danni di un convoglio militare pakistano, che ha portato, secondo una dichiarazione del governo, il numero di soldati uccisi al confine dall’inizio dell’anno a 128. Nella nota si legge che “l’esercito pakistano è determinato a eliminare la minaccia del terrorismo e i sacrifici dei soldati non fanno altro che rafforzare ulteriormente questa determinazione”. Rendendo omaggio ai militari uccisi, il nuovo primo ministro pakistano Shehbaz Sharif ha detto che Islamabad «continuerà a combattere il terrorismo», alimentando dunque le tensioni con l’Afghanistan. Si tratta di un atteggiamento completamente diverso da quello adottato nei confronti dell’India circe la “soluzione pacifica da trovare sulla disputa del Kashmir“, una regione rivendicata da entrambi i Paesi.

Le tensioni tra Afghanistan e Pakistan hanno radici ben più profonde e risalgono al processo di ridefinizione dei confini attuato dall’impero britannico, a cui i due territori hanno fatto capo fino al XX secolo. La frontiera attuale, la linea Durand del 1893, ha infatti frammentato il mondo pashtun, un gruppo etnico-linguistico che si è ritrovato ad abitare tra l’Afghanistan orientale (e meridionale) e il Pakistan occidentale. Questa frammentazione ha, sin da subito, trovato l’opposizione dell’Afghanistan che, dopo aver riconosciuto il confine nel 1919 (come prezzo dell’indipendenza dall’impero britannico), cambiò posizione nel 1947, in seguito alla dissoluzione del dominio britannico in India e alla nascita del Pakistan. In quell’anno, Kabul disconobbe la linea Durand quale confine internazionale, esprimendo il proprio dissenso nei confronti del nuovo “vicino” attraverso il voto contrario al suo riconoscimento presso le Nazioni Unite. Al 1949 risale la dichiarazione di indipendenza delle tribù pashtun residenti in Pakistan, sostenuta da Kabul: l’obiettivo era ottenere la rinegoziazione del confine per spostarlo verso est, nei pressi del fiume Indo. Così nel 1952 il governo afghano pubblicò un documento in cui rivendicava non solo il territorio pashtun all’interno del Pakistan, ma anche la provincia del Belucistan. Qualche anno dopo arrivò la risposta da parte di Islamabad, il cui esecutivo decise di affrontare la questione irredentista attraverso tre elementi-chiave:

  • La presenza dei Pashtun in settori cruciali come la burocrazia e l’esercito, aumentando così la loro proporzione rispetto agli altri gruppi etnici.
  • Una politica di favore verso i Pashtun nella concessione delle licenze relative alle attività economiche.
  • L’incorporazione della questione etnica nella politica dell’islamizzazione.

Dagli anni ’60 e ’70 l’identità islamica è diventata così la principale strategia del Pakistan per ridurre al minimo l’irredentismo pashtun. Durante e dopo gli anni della guerriglia anti-sovietica in Afghanistan (1979-1989), Islamabad proiettò la propria forza all’esterno, supportando le correnti più radicali del fronte islamista presenti nello Stato confinante. In questo modo ha contribuito alla radicalizzazione della scena religiosa del Paese e all’affermazione dei talebani, formatisi proprio nelle scuole coraniche pakistane (oltre a quelle afghane). L’obiettivo era la creazione di un potere stabile a Kabul. Tuttavia, tra le parti non si trovò nessun accordo. Da quel momento le relazioni fra i due Paesi viaggiano ai minimi storici, tra il risentimento reciproco fra le due popolazioni e le accuse rimbalzate da un esecutivo all’altro sul problema del terrorismo.

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