Afghanistan: talebani annunciano il divieto della coltivazione di stupefacenti
A dare l’ordine è stato il leader supremo dei talebani, Haibatullah Akhundzada, il quale ha reso noto che, d’ora in poi, la coltivazione del papavero è severamente vietata in tutto il Paese
Sofia Cecinini, LUISS, 4 aprile 2022
I talebani hanno annunciato il divieto di coltivazione di stupefacenti in Afghanistan, che è il principale produttore di oppio al mondo. A dare l’ordine è stato il leader supremo dei talebani, Haibatullah Akhundzada, il quale ha reso noto che, d’ora in poi, la coltivazione del papavero è severamente vietata in tutto il Paese. “Se qualcuno viola il decreto, il raccolto sarà immediatamente distrutto e il trasgressore sarà processato secondo la legge della Sharia”, si legge nell’ordine, annunciato in una conferenza stampa dal Ministero dell’Interno a Kabul. L’ordine vieta anche l’uso o il trasporto di altri narcotici.
Il controllo della droga è stata una delle principali richieste della comunità internazionale al gruppo islamista, al potere in Afghanistan dall’agosto 2021. Da allora, i talebani stanno cercando di ottenere un riconoscimento internazionale formale, per revocare le sanzioni contro le banche, le imprese e lo sviluppo. Già durante il loro ultimo governo, nel 200, i talebani avevano vietato la coltivazione del papavero, sempre in cerca della legittimità internazionale, ma dovettero affrontare una reazione popolare, che li fece cambiare posizione.
Fonti talebane hanno riferito di aspettarsi una dura resistenza da parte di alcuni elementi all’interno del gruppo contro il divieto del papavero. I talebani hanno altresì’ riferito che, negli ultimi mesi, c’era stato un aumento del numero di agricoltori che coltivavano papavero. Un contadino di Helmand che ha parlato in condizione di anonimato ha affermato che, recentemente, i prezzi del papavero erano già più che raddoppiati sulle indiscrezioni che i talebani ne avrebbero vietato la coltivazione.
Secondo un rapporto pubblicato lo scorso novembre dall’Ufficio delle Nazioni Unite su Droga e Criminalità (UNODC), il raccolto di oppio annuale in Afghanistan, che si è concluso a luglio del 2021, ha segnato il quinto anno consecutivo di produzione ai massimi storici. Le oltre 6.000 tonnellate di oppio ammontano a circa 320 tonnellate di eroina pura diretta verso tutto il mondo. L’Afghanistan ha coperto circa l’85% della produzione mondiale di oppio nel 2020, fornendo l’80% di tutti i consumatori di oppiacei nel mondo.
La continua incertezza, con le offensive dei talebani in aumento da aprile del 2021, la presa di Kabul ad agosto e il ritiro delle truppe straniere dal Paese, ha causato un aumento del prezzo dell’oppio che ha reso la produzione sempre più conveniente, nonostante un mercato relativamente saturo. Nel 2021, i proventi degli oppiacei in Afghanistan sono stati stimati per un valore che oscilla tra 1.8 e 2.7 miliardi di dollari. Un altro rapporto del team di monitoraggio del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, pubblicato a giugno del 2021 e relativo al periodo maggio 2020-aprile 2021, la produzione e il traffico di droghe – con riferimento sia agli oppiacei sia alle metanfetamine – è rimasta “la più importante fonte di reddito dei talebani”.
Sebbene i profitti derivanti dai traffici illegali di stupefacenti rappresentino una risorsa per l’Afghanistan, i talebani hanno preso una posizione pubblica netta al riguardo, appena saliti al potere lo scorso agosto. Nella sua prima conferenza stampa dalla presa di Kabul, il 17 agosto, il portavoce del gruppo, Zabihullah Mujahid, aveva annunciato che la produzione di droga si sarebbe fermata.
Il principale effetto di questo annuncio è stato un raddoppiamento dei prezzi dell’oppio, secondo quanto riferito da un commerciante locale, intervistato dal The Guardian in un articolo pubblicato l’11 novembre. Come riportato dal quotidiano britannico, con l’economia al collasso e la siccità che sta spingendo milioni di afghani alla fame, i funzionari talebani nel Sud hanno avvertito che non ci sono alternative praticabili per gli agricoltori. “Gli agricoltori devono affrontare un’incombente minaccia di siccità. I terreni e i frutteti sono stati gravemente colpiti e questo costringerà molti a coltivare il papavero perché rimane l’unica ancora di salvezza”, ha dichiarato Abdul Ahad, governatore della provincia di Helmand. “Se la comunità internazionale non accetta le nostre richieste e le richieste della popolazione, degli agricoltori e del governo, non abbiamo altra scelta che la coltivazione del papavero”, ha aggiunto.
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