Skip to main content

Le donne emancipate nel mirino dei talebani

|

Bianca Senatore – Left – 2 aprile 2021

Nel Paese dei papaveri gli estremisti islamici pianificano e realizzano attacchi e omicidi contro giornaliste, insegnanti e operatrici della società civile. Donne e cultura sono i loro incubi più grandi. Mentre il governo di Kabul voleva impedire alle ragazze di cantare in pubblico.

48126008123 d6b20b9d14 b

Passo svelto, sguardo basso, una mano a stringere l’hijab sotto il mento, più per nervosismo che per esigenza. Sul lato sinistro della strada c’è molto traffico che scorre piano, poi una macchina accelera di botto e si affianca, mentre un bambino strilla all’altro angolo della strada. Il battito accelera. Un rumore di ferraglia arriva alle spalle, un ragazzo in motorino suona il clacson mentre una signora anziana sbatte una porta. Le tempie ormai pulsano. Shakiba Haidary è terrorizzata. «Ogni volta che sono in strada, sia per lavoro che per motivi personali, mi aspetto di morire» racconta Shakiba, che ha 24 anni e fa la giornalista per una televisione di Kabul.

Negli ultimi mesi le minacce ai giornalisti sono diventate quotidiane, soprattutto alle donne, e dall’inizio dell’anno sono già stati uccisi cinque operatori dell’informazione. Le ultime reporter sono state trucidate a inizio marzo nella città orientale di Jalalabad: Mursal, di 25 anni, Sadia e Shanaz, di 20, sono state uccise con un colpo d’arma da fuoco alla testa esploso da un’auto in corsa. «Mursal la conoscevo – racconta Shakiba – e quando è morta mi sono chiusa in bagno per ore. Ho dovuto razionalizzare tanto prima di tornare al mio lavoro. Ora, quando sono in strada ogni rumore improvviso che gli altri nemmeno notano per me è un colpo al cuore».

I talebani stanno pianificando una serie di attacchi e omicidi che hanno come obiettivo principale i giornalisti, soprattutto le donne, ma anche gli operatori della società civile. «Le cose sono precipitate negli ultimi mesi – dice Shakiba e infatti ogni giorno a Kabul e nell’intero Afghanistan assistiamo a omicidi, attentati e rapimenti perché i talebani stanno preparando il terreno per il loro ritorno». Il 29 febbraio 2020 gli Stati Uniti e i talebani hanno firmato un accordo a Doha, in Qatar, per programmare l’uscita di scena dell’esercito americano entro aprile 2021. I colloqui di pace che sono seguiti tra il governo afghano, guidato da Ashraf Ghani, e i talebani, rappresentati dal mullah Abdul Ghani Baradar, hanno di fatto stabilito un ritorno al potere degli studenti coranici. L’organizzazione terroristica, infatti, ha gradualmente ripreso il controllo delle aree rurali dell’Afghanistan e rinforzato le reti di controllo su tutto il territorio imponendo una serie di pedaggi sulle strade e nuove regole che scardinano la Costituzione scritta dopo l’arrivo del contingente Nato nel 2001.

«Il cambiamento è percepibile, lo sentiamo sulla nostra pelle, e ogni giorno c’è un tassello in più: piccole cose che mutano il clima e le libertà delle donne». Marzia Anwari accorda la sua viola prima di cominciare ad esercitarsi per un po’, non ha tanto tempo perché alle 14 in punto ha appuntamento con la sua Zohra orchestra. Marzia, infatti, è direttrice della prima orchestra tutta al femminile dell’Afghanistan. Da quando nel 2015 è stata fondata dall’Istituto afghano nazionale della musica, le giovani musiciste hanno ottenuto successi internazionali e nel 2019, in occasione dei 100 anni dell’indipendenza afghana, si sono esibite addirittura in Australia, prima a Sydney e poi a Melbourne. Eppure da circa un semestre qualcosa è cambiato. Qualcosa è ritornato.

«Incredibilmente ha iniziato ad aleggiare attorno a noi un sentimento di disapprovazione nei confronti della musica – racconta Marzia Anwari – esattamente come accadeva negli anni del dominio del talebani, soprattutto tra gli anni 90 e il 2001, ma noi non ci lasciamo fermare». Qualche settimana fa il governo ha provato a varare una norma che avrebbe vietato alle ragazzine di 12 anni di cantare in pubblico e l’onda di protesta è stata tanto travolgente da aver bloccato la proposta. «Purtroppo le minacce sono quotidiane – spiega Marzia – e molte famiglie per timore hanno chiesto di ridurre le lezioni, o anche addirittura hanno provato a ritirare le figlie dalla scuola di musica. È un orrore fatto di ideologia e ignoranza che cerca di riapparire come un demone e plasmare le nuove generazioni. Ma noi non lo permetteremo, a costo della vita». Sono state le ragazze dell’orchestra e le musiciste della scuola a combattere per prime per il proprio diritto a studiare, a suonare, a cantare e divertirsi. «Queste ragazze, queste musiciste – dice fiera Marzia Anwari – sono consapevoli dei propri diritti, sanno cosa vogliono e sono pronte a lottare per raggiungere un obiettivo. È questo che fa la differenza: l’istruzione, che i talebani temono di più. Per questo uccidono le donne, compiono attentati all’università e provano a indottrinare i più piccoli.

A Kabul questo periodo è il migliore, perché non c’è più il gelo dell’inverno e non fa ancora il caldo torrido dell’estate. C’è un vento molto leggero che arriva dalle montagne che rende più sopportabile la mascherina, soprattutto se si corre avanti e indietro tra le aule e il cortile della scuola. Pashtana Rasoul nei mesi di marzo e aprile organizzava sempre qualche evento con i bambini dell’orfanotrofio ma quest’anno non si può, sia per via del Covid sia perché di recente è diventato troppo pericoloso. L’orfanotrofio di Afceco (organizzazione afghana non-profit basata a Kabul, ndr), nella capitale afghana, è una delle nove strutture per bambini abbandonati o in difficoltà del Paese, un punto di riferimento per il suo approccio progressista basato su quattro pilastri: istruzione, uguaglianza, rispetto, non violenza. E Pashtana ne è la direttrice. «Siamo preoccupati, devo ammetterlo» – racconta Pashtana Rasoul. «Dopo anni bui in cui abbiamo veramente fatto fatica a portare avanti il nostro lavoro, avevamo trovato un giusto equilibrio tra le tensioni già note e una evoluzione della società civile afgana. Poi all’improvviso tutto è precipitato di nuovo». Contro l’orfanotrofio sono arrivate alcune minacce di morte rivolte agli insegnanti e hanno messo vicino il cancello in un ordigno esplosivo non attivo, per spaventare tutto il team. «I talebani non fanno finti attacchi – spiega – quindi so che non sono direttamente loro a infastidirci ma certamente sono i mandanti, perché non vogliono che insegniamo alle bambine e soprattutto non gradiscono la nostra educazione a non far caso all’etnia, Pashtun, Hazara o altre». Quando un paio di settimane fa Fatima, una delle bambine del centro è tornata per qualche giorno nel suo villaggio a trovare i nonni, le famiglie vicine hanno vietato ai ragazzini della strada di giocare con lei. Dispiaciuta e ferita, la piccola non è voluta più tornare.

«Il segnale di questo piccolo avvenimento è allarmante – ammette Pashtana – perché è stata una decisione di adulti che, evidentemente, stanno tornando a subire un influsso negativo». La missione di Afceco continua senza timore e, a parte il Covid, null’altro, dicono, fermerà le attività educative dei bambini, e soprattutto delle bambine. Sono loro, infatti, le prime possibili vittime di questo ritorno al regime talebano, che vuole mettere sotto silenzio le donne e impedire il progresso. Ma le donne afgane non si faranno zittire, non si lasceranno fermare. Sfideranno la morte, come Shakiba, continueranno a esibirsi, come Mursal, continueranno a insegnare, come Pashtana.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *