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Afghanistan: omicidi mirati e una “pace fragile”

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Sicurezza Internazionale – 30 dicembre 2020, di Maria Grazia Rutigliano autobomba kabul

Massoud Atal, un pilota militare, è stato ucciso da un gruppo di uomini armati non identificati nella città meridionale di Kandahar, il 30 dicembre. Si tratta dell’ennesimo omicidio mirato che sconvolge la pace “fragile” del Paese. 

I funzionari non hanno fornito ulteriori dettagli, ma hanno solo affermato che un’indagine è in corso. Al momento, nessuno ha rivendicato la responsabilità dell’attacco. Si tratta dell’ennesimo episodio di questo tipo in Afghanistan. A tale proposito, il 29 dicembre, il ministro degli Interni di Kabul, Massoud Andarabi, ha accusato i talebani di essere responsabili degli “omicidi mirati” che hanno sconvolto, in particolare, la capitale afghana. Il 23 dicembre, Yousuf Rasheed, direttore del Forum per le Elezioni Libere e Giuste dell’Afghanistan (FEFA), è stato ucciso da un gruppo di uomini armati a Kabul. Sempre nella capitale, il 13 dicembre, un pubblico ministero del governo afghano è stato ucciso con un colpo di pistola mentre si stava recando a lavoro. Il 10 dicembre, nella città orientale di Jalalabad, un gruppo di uomini armati ha ucciso una giornalista televisiva afghana, che era anche un’attivista per i diritti delle donne. 

A proposito della situazione in cui versa il Paese, il 29 dicembre, il segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, ha sottolineato che il processo di pace che interessa l’Afghanistan è “fragile” non c’è “garanzia di successo”. Tuttavia, i colloqui in corso a Doha tra il governo afghano e i talebani rimangono “l’unica via per la pace” e la NATO sostiene fortemente questi sforzi, secondo Stoltenberg. Sul ritiro delle truppe straniere dall’Afghanistan e sulla missione della NATO nel Paese, ha aggiunto: “Avremo un altro incontro a febbraio con la nuova amministrazione Biden e poi prenderemo le nostre decisioni”.

“Qualunque cosa decideremo, c’è un rischio. Se decidiamo di andarcene, il rischio è di sprecare quello che abbiamo ottenuto nel campo della lotta al terrorismo internazionale per evitare che l’Afghanistan diventi un rifugio sicuro per i terroristi. Se rimaniamo, ovviamente c’è il rischio che assisteremo a un aumento dei combattimenti, della violenza e che rimarremo impegnati in un conflitto militare a lungo termine in Afghanistan”, ha sottolineato Stoltenberg. A tale proposito, il 22 dicembre, il segretario alla Difesa statunitense Christopher Miller ha visitato le forze armate statunitensi e la leadership militare degli USA a Kabul e ha affermato che le forze per le operazioni speciali sono state le prime schierate nella guerra in Afghanistan e saranno probabilmente le ultime truppe a lasciare il Paese.

Il parziale ritiro dell’esercito statunitense fa parte di un accordo di pace siglato tra gli Stati Uniti e i talebani lo scorso 29 febbraio a Doha. Lo scorso 17 novembre gli USA hanno annunciato la riduzione del numero dei propri soldati da 4.500 a 2.500 prima della fine del mandato del presidente uscente statunitense, Donald Trump, attesa per metà gennaio 2021. Dalla firma degli accordi di pace con gli Stati Uniti, i talebani avrebbero ridotto drasticamente i grandi attacchi condotti contro le zone urbane del Paese ma, nelle aree rurali, gli scontri con le forze governative sarebbero aumentati e le parti si sono ripetutamente accusate di stare cercando di ampliare il territorio sotto il proprio controllo. Tuttavia, nonostante i progressi diplomatici, le violenze nel Paese non si fermano e i talebani continuano a lanciare attacchi in diverse province. 

 

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