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Afghanistan: inizia il ritiro ufficiale degli Stati Uniti

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Sicurezzainternazionale.luiss.it – Camilla Canestri -1 maggio 2021

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Gli Stati Uniti hanno iniziato formalmente il ritiro di tutti i propri soldati dall’Afghanistan, il primo maggio. Le forze di sicurezza afghane sono state messe in stato di “alta allerta” rispetto a possibili attacchi dei talebani contro le truppe statunitensi nella loro fase di ritiro, soprattutto nella capitale Kabul e nelle principali città del Paese.

I funzionari statunitensi presenti in Afghanistan hanno affermato che le procedure di ritiro fossero già in corso e che la data del primo maggio rappresentasse la continuazione di tale processo. Tuttavia, come sottolineato da The New Arab, Washington avrebbe voluto evidenziare tale data in quanto essa era stata concordata dagli USA e dai Talebani in occasione dell’Accordo di pace concluso tra le parti a Doha, in Qatar, il 29 febbraio 2020.

In vista del ritiro dei soldati statunitensi, il 30 aprile, il ministro degli Interni ad interim dell’Afghanistan, Hayatullah Hayat, ha chiesto a vari comandanti della polizia di aumentare lo stato d’allerta in vista del primo maggio, secondo un audio diffuso tra i reporter locali e citato da The New Arab. In particolare, il ministro ha affermato: “Gli americani inizieranno formalmente il loro ritiro dall’Afghanistan dal primo maggio e i talebani potrebbero aumentare le violenze [… ] Ordino a tutti voi di aumentare i posti di controllo nelle città e di organizzare perquisizioni ai punti d’accesso”.

Le preoccupazioni rispetto a possibili casi di violenza nascono dal fatto che l’amministrazione del presidente statunitense, Joe Biden, che ha affermato la propria intenzione di porre fine alle cosiddette “guerre infinite” degli USA, ha deciso che il ritiro dei soldati statunitensi dall’Afghanistan sarà completato in occasione del 20esimo anniversario dell’11 settembre prossimo. Tale ritardo rispetto alla data del primo maggio concordata tra i talebani con l’amministrazione dell’ex presidente, Donald Trump, potrebbe, secondo alcuni, spingere i talebani a riprendere gli attacchi contro la presenza statunitense nel Paese. A tal proposito, il portavoce dei Talebani, Zabihullah Mujahid, il primo maggio, ha scritto su Twitter che il superamento della data prefissata fosse una “violazione di principio” che ha aperto la strada ai talebani per adottare qualsiasi contro-azione ritenuta appropriata contro le “forze di occupazione”. Mujahid ha però aggiunto che i combattenti stessero aspettando indicazioni dalla leadership del gruppo.

Il 29 febbraio 2020, l’inviato speciale degli Stati Uniti, Zalmay Khalilzad, e il leader politico dei talebani, Mullah Abdul Ghani Baradar, avevano siglato l’intesa di pace, alla presenza dell’ex-segretario di Stato statunitense, Mike Pompeo. Secondo quanto stabilito da tale accordo, gli USA si erano impegnati a ritirare tutti i propri soldati presenti in Afghanistan entro quattordici mesi dalla firma dell’accordo, mentre, i talebani, dopo aver richiesto uno scambio di prigionieri al governo di Kabul, avevano accettato di partecipare ai negoziati di pace intra-afghani e avevano fornito garanzie di sicurezza agli USA, quali, ad esempio, l’interruzione dei rapporti con gruppi terroristici, quali Al-Qaeda.

L’accordo di pace tra USA e talebani aveva consentito l’apertura dei cosiddetti dialoghi di pace intra-afghani, iniziati lo scorso 12 settembre 2020 a Doha e tutt’ora in corso, per porre fine ai conflitti interni che hanno interessato l’Afghanistan per vent’anni. Ciò nonostante, nel Paese sono aumentati gli episodi di violenza e gli scontri tra talebani e forze governative. Parallelamente, i negoziati non hanno ancora determinato una svolta nella situazione interna al Paese.

L’ultimo episodio di violenza registrato nel Paese risale al 30 aprile scorso, quando almeno 25 persone sono state uccise e oltre 60 sono rimaste ferite a causa di un attentato con autobomba avvenuto in una residenza per dipendenti pubblici e studenti nella provincia di Logar, situata a Sud di Kabul. Nella stessa giornata, poi, sono continuati gli scontri tra esercito afghano e talebani in almeno sei distretti di Kandahar.

Dopo la fine del dominio dell’Unione Sovietica in Afghanistan, durato dal 1979 al 1989, il Paese ha vissuto grandi divisioni. Nel 1996 i talebani avevano il controllo di gran parte dell’Afghanistan, ottenuto in seguito ad una sanguinosa guerra civile combattuta contro le varie fazioni locali.  In tale contesto, nel 2001, gli Stati Uniti avevano invaso l’Afghanistan con l’obiettivo di ribaltare le autorità di Kabul, allora sostenute dai talebani e che avevano fornito asilo ad Al-Qaeda durante la pianificazione degli attentati dell’11 settembre 2001, dove persero la vita circa 3.000 persone. Nel 2003, anche la NATO era intervenuta, decimando la presenza degli estremisti islamici sul territorio afghano e relegando i talebani in alcune roccaforti. 

Le truppe statunitensi che stanno lasciando il Paese dopo venti anni hanno condotto in Afghanistan due missioni, una insieme alla NATO nota come “Resolute Support”, volta all’addestramento e al sostegno delle truppe afgane e una indipendente di lotta al terrorismo, nota come “Sentinella della libertà”.

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