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“Non siamo pronti”: il coronavirus incombe sul fragile sistema sanitario afgano

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The Guardian – 30 marzo 2020

coronavirusMentre le ONG occidentali hanno evacuato il personale e il supporto americano è venuto meno, un afflusso di afgani dall’Iran potrebbe aumentare la pressione su un sistema medico già impoverito

Nel centro di accoglienza di Guzargah per rimpatriati ad Herat, in Afghanistan, il diciassettenne Yunos riposa su un materasso sottile in una piccola stanza vuota.

La notte precedente lo ha stancato. L’ha trascorsa dormendo nel deserto al freddo senza cibo insieme a migliaia di altri afghani, in attesa dell’apertura del confine Iran-Afghanistan.

Yunos si è trasferito in Iran un anno fa. Ha attraversato illegalmente il confine di notte verso Teheran, dove ha trovato lavoro come elettricista. Tuttavia la settimana scorsa, ha deciso di tornare in Afghanistan. La pandemia di Covid-19 in Iran ha già infettato più di 30.000 persone, uccidendone quasi 2.400.

In Iran lavorano oltre 2 milioni di afgani che a causa del virus hanno perso il lavoro, gettandoli nella disperazione. “A Teheran tutti i negozi e le aziende hanno chiuso, il costo della vita è schizzato alle stelle. Se non lavori nei servizi necessari, non puoi uscire”, dice Yunos. “Tutti gli afgani stanno tornando a casa dall’Iran in questi giorni a causa del coronavirus. Siamo terrorizzati. Non vogliamo morire in terra straniera.”

Dalla fine di febbraio, oltre 115.000 afghani sono tornati a casa attraverso il valico di frontiera nella provincia di Herat in quella che è stata la più grande ondata migratoria verso l’interno della storia recente dell’Afghanistan. Il governatore di Herat, Abdul Qayum Rahimi, ha stimato che quasi la metà dei rimpatriati “potrebbe essere portatore di virus”, sollevando il timore che l’afflusso metterà a dura prova il fragile sistema sanitario dell’Afghanistan.

 

Seppur in Afghanistan siano stati riportati solo 123 casi Covid-19 – di cui 80 a Herat – e quattro morti, i funzionari ritengono che il numero reale di infezioni potrebbe essere molto più elevato. Tra poche settimane, il sistema sanitario afgano a corto di liquidità sarà sottoposto a un test di resilienza. Le ONG occidentali si sono affrettate a evacuare il personale straniero e questa settimana gli Stati Uniti hanno privato l’Afghanistan di un miliardo di dollari (801 milioni di sterline) di sostegno, lasciando gli operatori sanitari afghani come unica difesa del paese nella lotta contro la pandemia.

Jawad*, si sta preparando per quello che accadrà. Nel dipartimento di malattie infettive, in cui lavora, fanno le diagnosi dei pazienti prima che vengano trasferiti in un nuovo ospedale di Covid-19 da 100 letti.

coronavirusafghanistanNel suo reparto tre medici, tre infermiere e uno specialista si occupano di 200 pazienti. La mancanza di attrezzature come maschere protettive, sterilizzatori manuali e ventilatori medici è la norma. Secondo Jawad, i medici ospedalieri hanno a loro disposizione solo una o due maschere al giorno.

“Devo mantenere il buon umore, ma sono preoccupato per la mia famiglia”, dice Jawad, prima di tornare in ospedale per un turno di 24 ore. “Non abbiamo fatto ancora test a noi medici e infermieri per Covid-19. Se qualcuno nel nostro dipartimento risulta positivo, l’ospedale sarà chiuso e non ci sarà nessuno che fornirà i servizi.”

Secondo Ali*, un altro medico di Herat, il nuovo ospedale Covid-19 è pronto ad accogliere circa 150 pazienti. Ma se il numero di infezioni passa 1.000, Ali ritiene che la situazione sarà fuori controllo. Le previsioni sono tristi. Secondo il ministero della sanità afghano, il coronavirus potrebbe infettare 25 milioni dei 35.5 di milioni di abitanti del paese.

“L’Afghanistan è un paese che è stato colpito da un grave conflitto negli ultimi 40 anni. Ci sono stati molti spostamenti interni, molte persone non hanno accesso a servizi e istruzione, acqua e assistenza sanitaria di base. La situazione negli ospedali è molto scoraggiante, soprattutto con i crescenti arrivi dall’Iran “, afferma Nicholas Bishop, funzionario responsabile alle emergenze dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni.

Nel principale ospedale di Covid-19 ad Herat, solo dieci medici, uno specialista e venti infermiere si occupano di tutti i pazienti. Le scorte sono scarse anche se la provincia ha recentemente ricevuto 400 milioni di afgani (4,2 milioni di sterline) dal governo centrale per combattere la pandemia.

Una campagna di sensibilizzazione a livello nazionale studiata per informare sui principali segni e sintomi del virus è in pieno svolgimento. Solo a Herat, ci sono 2000 volontari si recano porta a porta per informare le persone.

Ma tutto questo non è sufficiente per stroncare la diffusione della malattia.

“Stiamo affrontando problemi nel far rispettare le regole, a causa della mancanza di consapevolezza, delle credenze religiose delle persone e perché abbiamo attraversato periodi molto difficili negli ultimi 40 anni”, afferma Rahimi. “Fino a quando gli afghani non vedono con i loro occhi non si allarmano. Stiamo lavorando con gli imam purtroppo senza successo per fermare le riunioni di preghiera. Ci stiamo concentrando e discutendo su come affrontare il problema.

Nel frattempo, per gli operatori sanitari di Herat e di altre province, la prospettiva di un focolaio sembra cupa. Secondo Ali, diversi professionisti medici di Herat sono risultati positivi al coronavirus negli ultimi giorni.

“Non siamo pronti per la crisi”, afferma.

* Alcuni nomi sono stati cambiati

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