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Carla Dazzi a fianco delle donne afghane “Vivono tra povertà e diritti negati”

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Corrierealpigelocal.it – Fabrizio Ruffini -12 ottobre 2020

La volontaria bellunese da diciotto anni viaggia nel Paese promuovendo programmi con Insieme si può e Cisda  

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Diciotto anni al fianco delle donne Afghane, portando vicinanza, progetti concreti e amore in quella parte del ondo così mal conosciuta in occidente, che sogna un futuro diverso, ma vive ancora sotto il giogo dei signori della guerra, del fanatismo e dell’ignoranza.

Lei è Carla Dazzi, fotografa e volontaria originaria di Ferra d’Alpago, da anni impegnata in viaggi umanitari con la onlus bellunese “Insieme si può…” (info@365giorni.org) oltre che attivista del Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane (Cisda) di Milano, per portare aiuto e speranza a quelle che lei stessa chiama “amiche” e che negli anni ha visto crescere supportare dalla speranza di un domani migliore.

 

Perchè l’Afghanistan?

 “Quel paese è entrato nella mia vita e nei miei pensieri attraverso il racconto delle donne che negli anni sono venute in Italia a raccontare la tragica condizione di vita del loro popolo, in particolare delle donne, martoriato da decenni di guerre”

Cosa vuol dire nascere donna in quel paese?

 “Vuol dire diritti negati, repressione politica, guerre, violenza, malattia e povertà. Quaranta anni di conflitti hanno reso l’Afghanistan uno dei posti peggiori dove nascere donna. Violentare una donna è cosa normale, così come vendere le bambine o darle in sposa a 7/8 anni per saldare i debiti della propria famiglia. L’Afghanistan è un paese nel quale essere donna è una vera guerra. Ma le donne afghane non sono solo vittime. Per me è molto importante mettere in luce la loro grande forza di resistenza e la capacità di diventare, sul devastato scenario del loro paese, attrici del proprio futuro e combattere per le altre donne, a rischio della vita. Abbiamo avuto e abbiamo la fortuna di conoscere molte di loro e di sostenere con tutta la nostra energia le loro battaglie e la nostra amicizia.”

Questa situazione non è mutata negli anni?

 “No, la situazione è drammatica oggi come lo era in passato. Ce lo dicono le donne di Rawa, (Rawa.org) associazione rivoluzionaria donne afghane, che dal 1977 promuovono i diritti per le donne sulla base di principi democratici e laici non fondamentalisti. Le Rawa sono costrette alla clandestinità per portare avanti la loro lotta per la libertà di parola e di pensiero. Sono passati vent’anni da quando ho conosciuto la loro realtà e so che la loro fiducia per un Afghanistan libero e migliore continua a non volersi spegnere”.

Vengono in mente le immagini delle donne afghane libere negli anni ’70, come si è arrivato alla realtà odierna?

 “Nella Kabul degli anni ’70 si potevano incontrare ragazze e ragazzi liberi, giovani in minigonna e donne insegnanti, ingegnere o hostess. Oggi quella stessa capitale è ancora una città straordinaria, ma porta i segni delle guerre e della povertà. Da quando sono arrivata la prima volts ho incontrato tante donne e tanti loro occhi pieni di speranza, ma purtroppo negli anni questa speranza sta via via scemando”.

 Cosa la muove a continuare a provarci?

 La motivazione che mi ha spinta e spinge a continuare ad andare in Afghanistan viene dalle donne straordinarie incontrate in questo mio percorso, La loro forza, le sofferenze dell’Afghanistan, ma anche l’estrema gentilezza e l’accoglienza che sanno offrire, mi hanno resa partecipe della loro storia e convinta ad impegnarmi ancora di più. E’ per ringraziarle del loro impegno in questo difficile e importante percorso di autodeterminazione, per la loro fiducia e resilienza che ho deciso di continuare ad andare da loro e far conoscere la loro realtà, sostenerle ad esempio con progetti di  microcredito, aiutare le organizzazioni che lottano per i diritti delle donne, istruzione e lavoro, in primis, che significano autonomia e scardinano il fondamentalismo culturale”.

Quanti viaggi ha già fatto? E che supporto le da Isp?

 “Dal 2003 mi reco in Afghanistan in media una o due volte l’anno e credo di essere una delle poche occidentali che ha avuto l’occasione di viaggiare in gran parte de Paese. Ho avuto la fortuna di avere questa grande associazione alle spalle, che mi ha sempre supportata e affiancata nei tanti progetti e che ha creduto in quello che descrivevo, anche con l’aiuto delle mie fotografie”.

Qual’è stato invece il peggior momento che ha vissuto nella sua lunga esperienza?

 E’ stato nel 2018. Eravamo nell’orfanotrofio di Afceco e stavamo chiacchierando con le bambine ospiti che avevano organizzato uno spettacolo per noi; ad un certo punto arrivò il capo della sicurezza dicendo che avremmo dovuto dormire nella struttura alla meglio, perchè era arrivata notizia che avrebbero attaccato la casa dove alloggiavamo, è stata una notte di ansia e di paura. Tutto è andato per il meglio e per i restanti quattro giorni siamo state ospiti dell’orfanotrofio per poi ripartire a notte fonda per l’aeroporto per vie traverse. Non è sempre facile, siamo sempre sotto scorta e anche gli spostamenti sono sempre decisi all’ultimo minuto”. –

LE AZIONI

Il microcredito per dare dignità e autostima

 Quanto vale una capra? Ci sono parti del mondo in cui possederne una equivale a una piccola fortuna. “In Afghanistan la maggioranza della popolazione vive in condizioni di grave povertà, causata da vioilenze e da 40 anni di guerra, questo progetto è nato per dare dignità, autostima e futuro a donne grazie a un’azione di microcredito”. Spiega Dazzi, “il patto è che a distanza di uno o due anni queste donino a loro volta una delle caprette che nasceranno dalla propria ad un’altra donna bisognosa. Per queste vedove o queste anziane, questi animali sono una vera ricchezza e danno loro la possibilità di sentirsi proprietarie di qualcosa”. Esiste, però, un’altro Afghanistan di cui si parla poco, un Pese di donne e uomini che pur vivendo dentro i conflitti, cercano soluzioni alternative a quelle basate sui rapporti di forza e l’uso della violenza: “Dare voce a queste realtà democratiche poco conosciute significa rompere i luoghi comuni che generano la guerra, significa aprire nuove strade per la pace. Per questo chiedo a tutti di aiutarmi e aiutarci a sostenere queste genti”.

IL PROGETTO

 Un campo di zafferano per aiutare dodici famiglie

 Belluno

 Una clinica, un campo di zafferano, un corso di alfabetizzazione e un programma di adozione a distanza. Sono quattro i progetti dedicati principalmente alle donne che Carla Dazzi sta seguendo in Afghanistan con “Insieme si può…” e per i quali si sta raccogliendo tutto l’aiuto possibile in Italia e a Belluno.

“La clinica” è stata un’idea che coltivavo fin da quando ho conosciuto questa realtà nella provincia del Nangarhar”, racconta Carla Dazzi, “si tratta di una delle aree più povere e isolate della provincia dove i tassi di mortalità infantile e materna sono tra i più alti al mondo.”. L’idea è stata discussa e approvata dalla comunità locale: “Qui i bisogni sono tanti, tutti fondamentali, in un contesto umano e ambientale molto povero, ma tutti questi interventi non sono calati dall’alto, sono progetti richiesti in primis dalle donne. Sono espressione di una concreta necessità, di un sogno di normalità e dignità che ho raccolto e con gli amici di Insieme si può mi impegno a portare avanti”. La clinica fornirà cure mediche essenziali, darà educazione sanitaria di base per garantire una speranza di vita a donne e bambini. A marzo 2019 ho dato il via ai lavori posando la prima pietra, quest’anno dovevamo presenziare all’inaugurazione dell’edificio, ma, a causa del Covid, non è ancora stato possibile farlo”. 

Pur essendo pronta, la clinica al momento è vuota ed è per questo che la volontaria e l’associazione stanno cercando donazioni in denaro o in materiali che possano aiutare a raggiungere lo scopo di rendere operativa la struttura.

Nella stessa regione è nato un progetto di alfabetizzazione. Il progetto offre dei corsi di alfabetizzazione a donne di ogni età. Il percorso educativo non si limita ad insegnare a leggere e scrivere, ma a formare egualmente in senso umano, culturale e di autodeterminazione. Ma il sogno più “colorato” che sta prendendo forma grazie alle donne Afghane finanziato da Insieme si può e Costa Family Foundation è il campo di zafferano nella provincia di Herat: “Giallo Fiducia, lo zafferano al femminile” serve a creare una fonte di guadagno a 12 donne e alle loro famiglie, racconta la volontaria, “ho visitato il campo nel novembre 2019 e ho visto un piccolo grande miracolo”. – 

 F.R.

 

 

 

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