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World Report 2019: Afghanistan

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Da www.hrw.org – Tradizione a cura di: Cristina Cangemi, Ester Peruzzi, Sara Somaini, Claudia Pisello, Elena Boraschi e Simone Rivello

200px Hrw logo.svg201901wr afghanistan human rightsPoiché nel 2018 le operazioni militari dei ribelli e delle forze internazionali e governative in Afghanistan si sono intensificate, gli attacchi dei ribelli nelle aree urbane sono drasticamente aumentate.

 

L’esteso conflitto armato ha provocato la morte o il ferimento di oltre diecimila civili tra gennaio e dicembre. I ribelli che prendono di mira i civili e conducono attacchi indiscriminati ne sono stati i principali responsabili, ma un aumento delle incursioni aeree da parte delle forze statunitensi e afghane ha anche causato centinaia di vittime tra i civili durante l’anno. Né il governo statunitense né quello afghano hanno svolto indagini adeguate in merito alle incursioni aeree che rappresentavano possibili crimini di guerra.

Sebbene il governo afghano abbia aderito al Protocollo opzionale alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura nell’aprile del 2018, non ha ritenuto responsabili la polizia e il personale della Direzione Nazionale della Sicurezza per le torture sistematiche, le esecuzioni extragiudiziali e le sparizioni forzate. L’impunità radicata nei confronti degli autori delle violenze sulle donne significava che le ragazze e le donne molto raramente ottenevano giustizia di fronte a un tribunale, poiché i magistrati e la polizia le obbligavano ad accettare una mediazione piuttosto che perseguire i loro aggressori. Per la prima volta dal 2002, il numero di bambini nelle scuole è diminuito e il 60% delle ragazze afghane non ha frequentato la scuola nel corso dell’anno.

I preparativi per le elezioni parlamentari di ottobre sono stati caratterizzati da episodi diffusi di violenza, perché i ribelli hanno condotto numerosi attacchi nei confronti dei candidati e delle strutture usate per la registrazione degli elettori, incluse le scuole. Gli attacchi mirati sugli elettori, le strade e i centri elettorali durante le giornate delle elezioni hanno causato la morte o il ferimento di oltre quattrocento civili. Prove di frode e acquisto di voti hanno minato la credibilità delle elezioni parlamentari, e hanno sollevato dubbi sulle prospettive di attendibilità per le elezioni presidenziali del 2019. La peggiore siccità degli ultimi decenni e la deportazione di migliaia di afghani dall’Iran si sono aggiunte alle centinaia di migliaia di sfollati interni causati dal conflitto mediante la tassazione degli attuali aiuti umanitari.

Violazioni del Diritto internazionale umanitario

Lo Stato islamico della Provincia del Khorasan, il ramo afghano dello Stato islamico (il gruppo armato estremista, conosciuto anche come ISIS), ha bruscamente intensificato i suoi attacchi nelle aree urbane, tra cui i bombardamenti che avevano come obiettivo la minoranza sciita della popolazione afghana.

Dasht-e Barchi, un quartiere prevalentemente sciita nella zona ovest di Kabul, ha subito numerosi attacchi nel 2018: il 15 agosto, una bomba durante un corso preparatorio per l’università ha ucciso 34 persone e ne ha ferite 70, molti dei quali erano bambini; il 6 settembre, un duplice attentato a un centro sportivo a Kabul ha provocato più di 70 vittime. Il ISPK ha aumentato inoltre gli assalti alle strutture sanitarie e umanitarie: il 24 gennaio un attacco suicida agli uffici di Save the Children a Jalalabad ha ucciso sei civili e ne ha feriti 27; il 28 luglio un attentato a un centro di formazione ostetrica ne ha uccisi 3; il 31 luglio un atto terroristico all’ufficio profughi della provincia di Nangarhar, ha provocato 13 morti. Il gruppo jihadista, però, ha preso di mira anche i media: il 30 aprile, un kamikaze, fingendosi un cameraman, si è fatto esplodere tra alcuni giornalisti che stavano riportando la notizia di un attacco suicida precedente uccidendo 9 persone. Due cronisti della Tolo TV che si stavano occupando dell’attentato del 6 settembre a Dasht-e Barchi sono stati assassinati da un altro attacco suicida.

I talebani hanno affermato di avere come obiettivo solo il governo afghano e le strutture militari straniere, ma hanno utilizzato qualsiasi mezzo uccidendo e ferendo centinaia di civili. Nell’episodio più disastroso, avvenuto il 28 gennaio 2018 a Kabul, un’autobomba talebana camuffata da ambulanza ha provocato più di 100 morti. Il 30 aprile un attentato talebano a un convoglio della NATO nelle vicinanze di una scuola a Kandahar ha ucciso 11 bambini. Si pensa inoltre che sia proprio questo gruppo terroristico l’artefice dell’autobomba che il 23 marzo ha ucciso 15 civili e ne ha feriti 40 vicino a un centro sportivo a Lashkar Gah, nella provincia di Helmand. Quell’episodio ha dato il via alla Helmand Peace March, una marcia attraverso l’Afghanistan e con tappe in diverse città a cui hanno partecipato i sopravvissuti e i parenti delle vittime degli attacchi aerei e kamikaze per chiedere la fine della guerra. A novembre avevano raggiunto Mazar-e-Sharif, città a più di 500 chilometri da dove erano partiti.

Le operazioni aeree dell’esercito americano e delle AAF, le forze aeree afghane, hanno ucciso e ferito più di 600 civili. Il 2 aprile, alcuni elicotteri delle AAF hanno sparato colpi di mitragliatrice a una cerimonia di diplomi di una madrasa, tipica scuola superiore coranica, nella provincia settentrionale di Kunduz, uccidendo 30 bambini e ferendone 51. Pare inoltre che a luglio un attacco aereo nel distretto di Chardara, nella provincia di Kunduz, avrebbe causato la morte di 14 membri di una famiglia, tra cui cinque donne e sette bambini dai 2 ai 14 anni. Gli Stati Uniti hanno condotto solamente verifiche interne di un numero limitato di episodi di vittime civili e non hanno effettuato visite sul posto né interrogato testimoni. Il governo afghano, invece, ha svolto alcune verifiche interne. Durante l’offensiva di Ghazni durata sei giorni, sia i ribelli sia le forze di sicurezza governative hanno svolto diversi attacchi in zone densamente popolate, uccidendo e ferendo più di 300 persone.

Le forze speciali afghane, che hanno condotto operazioni di ricerca e raid notturni, sono state responsabili di esecuzioni sommarie. Durante il raid contro una roccaforte talebana nel villaggio di Mainwand, nella provincia di Kandahar, le forze speciali afghane, secondo quanto riportato, hanno giustiziato 20 civili nella notte del 31 gennaio 2018. A marzo 2017, alcuni elicotteri della NDS hanno colpito a morte otto contadini che si trovavano nei loro campi a Chaparhar, nella provincia di Nangarhar.

Il 30 aprile, a Khost, uomini armati non identificati hanno ucciso a colpi di pistola Ahmad Shah, un giornalista della BBC che aveva scritto articoli contro la Khost Protection Force (KPF), una milizia di controguerriglia che opera sotto il controllo della CIA. Nessuno è stato ritenuto responsabile di queste morti.

Violenza alle elezioni

Sia i talebani sia l’ISKP hanno compiuto attacchi contro gli edifici delle elezioni e ne hanno minacciato il personale. Il 22 aprile un kamikaze dell’ISKP si è fatto esplodere, uccidendo 69 persone e ferendone 138, soprattutto donne e bambini, in un centro di registrazione degli elettori a Dasht-e Barchi, quartiere prevalentemente sciita. Il 6 maggio, un altro attacco kamikaze, rivendicato dall’ISKP, ha provocato almeno 14 morti in un centro di registrazione degli elettori a Khost. L’1 luglio, l’ISKP ha attaccato una delegazione delle minoranze Hindu e Sikh in visita al governatore a Jalalabad, provocando 19 morti, 10 dei quali appartenevano alla comunità afghana Sikh, tra cui l’unico candidato parlamentare Sikh.

Il 18 aprile, mentre la registrazione degli elettori aveva luogo in tutto l’Afghanistan, i talebani hanno rilasciato una dichiarazione denunciando le elezioni e ammonendo le persone di non partecipare. UNAMA, la Missione di Assistenza delle Nazioni Unite in Afghanistan, ha segnalato che, il 23 aprile, i talebani hanno minacciato gli anziani del distretto di Alishang, nella provincia di Laghman, dicendo che chiunque fosse andato a votare, avrebbe dovuto affrontarne le conseguenze. Tuttavia, gli anziani hanno ribattuto ai talebani di non intromettersi nelle votazioni. Il 3 maggio, a Mardyan, nella provincia di Jawzjan, le forze talebane hanno sequestrato e minacciato di uccidere 20 membri del personale addetto alle elezioni, rilasciando i 17 che hanno giurato di non lavorare durante le votazioni. Al momento della stesura di questo articolo, la sorte delle altre 3 persone rapite è sconosciuta.

I talebani hanno rivendicato gli attacchi multipli avvenuti in tutto l’Afghanistan durante i giorni delle elezioni, 20-21 ottobre, in cui sono rimasti uccisi e feriti più di 400 civili.

I diritti di donne e bambine

Continuano a rimanere impuniti i perpetratori delle violenze sulle donne. La polizia si rifiuta costantemente di registrare casi di questo genere e, per contro, convince le donne vittime di violenza domestica a tornare a casa dai propri mariti. Nel maggio 2018, UNAMA ha riportato che, spesso, persino i casi di omicidio e stupro non arrivano mai in tribunale. Le autorità afghane voltano continuamente le spalle alle vittime o fanno loro pressioni affinché accettino la mediazione, un processo nel quale l’aggressore promette solamente di non ripetere il crimine appena commesso. UNAMA ha riesaminato anche i casi di omicidi di donne nei cosiddetti delitti d’onore, la maggior parte dei quali non sono mai stati perseguiti penalmente, bensì risolti tramite mediazione.

Nonostante la promessa fatta nel 2016 dal Presidente Ashraf Ghani di porre fine alla detenzione di donne accusate di esser scappate via dalle proprie famiglie, la polizia afghana e i pubblici ministeri continuavano, ancora nel 2018, a tener incarcerate donne e bambine per “crimini morali”, quali “scappare” da casa e commettere o tentare di commettere il reato di zina (sesso fuori dal matrimonio).

Inoltre, la polizia e i pubblici ministeri continuavano ad assoggettare sia donne che bambine a esami vaginali e rettali invasivi e per nulla validi a livello scientifico eseguiti da dottori del governo afghano, presumibilmente per determinarne la verginità. I funzionari dello stesso governo affermano che quest’ultimo abbia vietato tali esami, ma le autorità hanno comunicato alla Human Rights Watch che la pratica è ancora diffusa tra molti giudici, pubblici ministeri e funzionari di polizia, che ordinano “test di verginità” periodici.

In Afghanistan, le donne con disabilità devono affrontare enormi ostacoli per ottenere l’accesso all’istruzione e all’assistenza sanitaria. Nelle interviste con la Human Rights Watch risalenti al marzo e al giugno 2018, le donne con disabilità hanno denunciato di esser state molestate sessualmente nel momento in cui chiedevano di ricevere aiuti al Ministero del Lavoro, agli Affari sociali, ai Martiri e ai Disabili. Sebbene il Ministero abbia offerto un aiuto finanziario limitato a coloro che sono rimasti feriti in guerra, l’assistenza psicologica per i sopravvissuti o per le persone con disabilità è ancora più limitata.

Tortura

Un rapporto del giugno 2018 della Commissione indipendente per i diritti umani in Afghanistan ha sottolineato che, mentre l’Afghanistan aveva ratificato il Protocollo Opzionale delle Nazioni Unite sulla Convenzione contro la Tortura, approvato la normativa sulla criminalizzazione di questa pratica e istituito una commissione governativa contro la stessa, il governo non l’aveva ridotta in maniera significativa da quando era entrato in carica nel 2014 e non aveva processato nessun funzionario di alto livello accusato di questo crimine.

Il 22 luglio, il primo Vicepresidente Abdul Rashid Dostum è ritornato in Afghanistan dopo più di un anno all’estero sfuggendo alle accuse di sequestro, detenzione illegale e stupro di un avversario politico uzbeko, Ahmad Ishchi. Sebbene un tribunale penale di Kabul, nel 2017, abbia processato in absentia sette guardie del corpo di Dostum per stupro e detenzione illegale condannandoli a cinque anni di carcere, nessuno è stato arrestato al momento della stesura di tale rapporto.

Alla fine del 2017, un rapporto dell’Integrity Watch Afghanistan ha documentato condizioni disumane all’interno di carceri e centri di detenzione afghani, tra cui un grave sovraffollamento e un’insufficienza di servizi igienici, acqua potabile, materassi e altri servizi. Durante la prima metà del 2018, i detenuti del carcere di Pul-e-Charkhi hanno portato avanti lo sciopero della fame in segno di protesta contro tali condizioni. La situazione si è rivelata alquanto problematica anche per le detenute, molte delle quali sono state arrestate per i cosiddetti crimini morali e spesso incarcerate con i loro bambini, lontano da casa.

In Afghanistan, per le relazioni omosessuali si rischia dai 5 ai 15 anni di carcere con una legge che vieta il sesso tra individui non sposati.

Accesso e attacchi all’Istruzione e al Reclutamento Militare di Bambini

Stando a quanto afferma UNAMA, nel 2018, le scuole e le moschee utilizzate per l’iscrizione alle liste elettorali sono state bersaglio di dozzine di attacchi per mano di ribelli, specialmente da parte dell’ISKP – Stato Islamico della provincia di Khorasan.

Il 2 maggio 2018, i funzionari talebani del distretto di Shrana, nella provincia di Paktika, hanno messo in guardia gli insegnanti che avrebbero colpito le scuole utilizzate per fini elettorali. A partire da ottobre, molte scuole del distretto sono rimaste chiuse. A giugno, nella provincia di Nangarhar, l’ISKP ha disposto la chiusura di 80 istituti femminili come rappresaglia per i bombardamenti aerei eseguiti dagli USA e dall’AAF – United States Army Air Forces; alcune scuole sono rimaste chiuse durante le elezioni del 20 ottobre. Inoltre, il gruppo ha attaccato l’ufficio provinciale d’istruzione a Jalalabad l’11 luglio 2018, uccidendo 11 persone e ferendone altre 17. Nel marzo 2018, i talebani hanno chiuso 29 scuole nella provincia di Logar in risposta all’attacco delle milizie filogovernative alla casa di uno dei loro comandanti. Sebbene il governo, nel 2016, abbia condannato il reclutamento militare di ragazzi afghani minori di 18 anni, la pratica ha avuto seguito soprattutto tra la Polizia Locale Afghana (ALP) e le milizie filogovernative. Inoltre, UNAMA ha documentato il reclutamento di bambini soldato per ordine dell’ISKP e dei Talebani.

Da un rapporto dell’UNICEF del giugno 2018 è emerso che, per la prima volta dal 2002, si è verificato un calo del numero di bambini afghani presenti nelle scuole, in particolar modo di bambine. In Afghanistan, più di 3,7 milioni di bambini – quasi la metà dei bambini del paese – non vanno a scuola, a fronte dei 3,5 milioni nel 2016, il 60% dei quali bambine. Infatti, in molte province, se ne registra una bassa percentuale, precisamente meno del 15%.

Inoltre, il governo e le forze ribelli hanno continuato ad usare le scuole per fini elettorali.

Attori chiave a livello internazionale

Nel quadro della strategia del governo Trump verso l’Asia meridionale, annunciata nel 2017, il livello delle truppe americane si è alzato a 15.000, fra cui una brigata scelta di 800 consiglieri militari che, a marzo, sono stati dispiegati con le forze afghane. Gli USA hanno potenziato i bombardamenti aerei e occultato gli attacchi dei droni che, in Afghanistan, hanno rilasciato oltre 5.000 bombe e missili tra gennaio e novembre: il numero più alto dal 2011.

Gli USA hanno accettato per la prima volta di partecipare a negoziati diretti per una soluzione di pace con i Talebani; l’incontro tra i funzionari talebani e Alice Wells, il principale vice sottosegretario degli USA per l’Asia centrale e meridionale, ha avuto luogo a Doha nel mese di luglio.

Nel 2017, il Presidente Ghani ha comunicato ai paesi donatori che i casi di tortura e stupro riguardanti il Vicepresidente Dostum rappresentavano una sfida decisiva per il suo governo; ciò per dimostrare la sua volontà di perseguire penalmente i funzionari accusati di violazioni dei diritti umani. E, dunque, solo la Norvegia e l’Unione Europea hanno rilasciato dichiarazioni in merito alla necessità di porre fine alle procedure in atto contro Dostum, che è tornato a Kabul senza aver affrontato alcuna conseguenza legale.

Nel dicembre 2017, il Parlamento Europeo ha manifestato la sua preoccupazione in merito al deterioramento delle condizioni di sicurezza in Afghanistan e ha chiesto ai governi di astenersi dal rimpatriare i cittadini afghani. Nel maggio 2018, l’UE ha schierato un team di esperti di polizia internazionale con l’obiettivo di farli cooperare con il Ministro degli Affari Interni e con i funzionari del Consiglio di sicurezza nazionale afghani.

Le azioni delle forze speciali australiane, che hanno prestato servizio nella provincia di Uruzgan nel periodo che va dal 2006 al 2013, sono state oggetto di una speciale inchiesta sui crimini di guerra presieduta dal giudice della Corte Suprema del Nuovo Galles del Sud, Paul Brereton. I presunti crimini comprendono esecuzioni sommarie e abusi sui civili afghani.

Nel novembre 2017, il procuratore della Corte penale internazionale – ICC, International Criminal Court – ha chiesto ai giudici della Corte stessa il permesso di aprire un’indagine sui possibili crimini di guerra e crimini contro l’umanità commessi dai Talebani, dalle forze del governo afghano e dalle forze statunitensi a partire dal 1° maggio 2003, quando l’Afghanistan è diventato membro della Corte. Il 10 settembre, gli USA hanno minacciato di punire tutti coloro che avessero collaborato con l’ICC in un’eventuale indagine sulle azioni di guerra perpetrate dagli Stati Uniti in Afghanistan.

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