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Non siete soli!

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CISDA – 8 dicembre 2019

foto Davide Grasso

Ci uniamo alla preoccupazione e all’appello di Davide Grasso riguardo l’accanimento della Procura di Torino sulla compagna / i compagni Maria Edgarda Marcucci, Paolo Pachino e Jacopo Bindi, che rischiano di subire un provvedimento di sorveglianza speciale per aver combattuto l’ISIS in Siria.

Condanniamo l’ipocrisia delle istituzioni occidentali, che non solo hanno abbandonato i combattenti curdi nella loro lotta contro il Califfato, ma continuano a perseguire i volontari europei che hanno aiutato militarmente o come civili. A Eddi, Paolo e Jacopo va tutta la nostra solidarietà. Non siete soli in questa lotta.
Serkeftin.

 

C’è un’emergenza che riguarda Jacopo Bindi, Maria Edgarda Marcucci e Paolo Pachino. Non vi nascondo la mia preoccupazione per come si sta evolvendo la vicenda giudiziaria nei loro confronti. Domattina 9 dicembre e lunedì 16 dicembre ci saranno le ultime due udienze, e tutto lascia pensare che andranno male.

I giudici hanno vietato alla difesa di produrre l’80% dei testimoni chiesti a loro favore. A giugno hanno escluso me e Jak dalla vicenda, per dividerci e focalizzarsi esclusivamente su loro tre. Hanno dilatato così i tempi e confuso volutamente le idee dell’opinione pubblica, emanando un primo decreto dove dicono che ciò che abbiamo fatto in Siria non ci rende pericolosi (!), ma che Eddi, Paolo e Jacopo stanno usando le “competenze militari acquisite in Siria” al loro ritorno in Italia (?).

Su quali basi? In un clima kafkiano e surreale, lo scorso 25 novembre si è discusso in aula di un aperitivo musicale davanti a un bar torinese per chiedere che venisse pagato il cuoco, di fuochi d’artificio scoppiati a capodanno, di manifestazioni assolutamente pacifiche e di cariche della polizia durante le quali i tre non risultavano neanche presenti.

Sostanzialmente i giudici, associando questi episodi a “competenze militari acquisite in Siria” hanno slegato la procedura contro Eddi, Jacopo e Paolo da ogni logica. Ed è qui che emerge il disegno che vuole giustificare la sorveglianza speciale in modo totalmente assurdo e arbitrario, ma che evidentemente ritiene irrinunciabile la sua applicazione almeno a loro tre.

L’intenzione dei giudici emerge anche dal loro rifiuto di permettere alla difesa di contro-interrogare i poliziotti e gli agenti Digos che accusano i tre proposti nelle carte della procura, spesso in modo pretestuoso.

Gli interrogatori dei pochi testimoni ammessi a difesa sono stati continuamente interrotti dal presidente del collegio, che ha circoscritto persino le domande ammesse o i soggetti trattati, giudicando uno dopo l’altro inattendibili i testimoni. Persino all’unica persona che voleva effettuare riprese in aula era stato intimato in precedenza di non riprendere.

È stata evidente la complicità formale e informale tra la pm Pedrotta e il presidente del collegio, entrambi apparsi ringalluzziti dal disinteresse di attivisti e giornalisti, che hanno disertato la scorsa udienza e non parlano più del caso.

I media si sono dichiarati interessati alla vicenda e solidali con chi vede negati i propri diritti civili per aver rischiato la vita contro l’Isis. Ma in realtà era stato il martirio di Lorenzo prima, e l’invasione turca poi, a marzo e ottobre, a portare i giornalisti in aula. Ora che i media hanno deciso che il destino del Rojava è segnato, anche quello di Eddi, Jacopo e Paolo – e di Lorenzo, che io considero sempre presente in aula – deve essere segnato: dal silenzio.

Che dire dei gruppi politici, degli attivisti, di coloro che condividono le foto delle Ypj o delle Ypg su Facebook, dei gruppi del variegato mondo curdo e “filo-curdo” torinese e settentrionale?

Il 25 al presidio sotto il tribunale ci saranno state 11-12 persone. In aula lo stesso. Intanto, per quello che vale, voglio tributare a loro la mia profonda stima. Tutt* gli altr* si sono dileguat*, non diversamente che rispetto alla mobilitazione per la resistenza delle Forze siriane democratiche e contro la guerra in corso, perché evidentemente la nostra passività politica non regge all’assenza di taccuini e telecamere.

Ci dichiariamo diversi e opposti a questo sistema, eppure ci tiriamo indietro nel momento in cui i veri oppositori ad esso dovrebbero essere sempre presenti, a testa alta: quando il silenzio dei media e la codardia del potere colpiscono le nostre amiche e i nostri amici in Italia o in Siria, quando non hanno altr* su cui poter contare.

Vedere l’ultimo presidio e udienza per Paolo, Jacopo e Eddi vuoti è stata, per me, una vergogna. Vedere queste tre persone, osannate su Facebook e in certi ambienti, soli di fronte allo stato che usa i suoi strumenti più loschi e vigliacchi per reprimerli, e per reprimere con essi l’amicizia tra i popoli, la solidarietà internazionale e l’opposizione sociale, è abbastanza deprimente.

Non so se è giusto ripetere ancora una volta perché bisogna informare gli italiani sulla loro vicenda, o perché accanto a loro bisogna starci fisicamente, esserci, come sul fronte. Per me è come lasciare Orso solo vicino a loro, in aula, ma altre argomentazioni potranno apparire meno superstiziose e più persuasive.

Se si prenderanno la sorveglianza speciale, sarà l’inizio dell’estensione di questa misura a tutti. Vedrete presto se il mio era irrazionale allarmismo o una facile previsione. Se verrà ritenuta giustificabile per quei pochi militanti che oggi hanno un rispetto e una simpatia popolari diffuse, poi verranno estese facilmente a chiunque si schiera per un lavoratore non pagato, per il diritto a manifestare, per i diritti di chi è in carcere, per chi patisce la clandestinità, per chi, qui o altrove, la sopraffazione e il terrore.

Il tribunale di Torino è stato ed è un laboratorio di repressione della generosità, della solidarietà e della militanza. Chi non si mostra, davanti ai giudici, al fianco di Eddi, Jacopo e Paolo, per me è un disertore. Se non si oppone a questo nuovo step nella distruzione degli spazi di dissenso in Italia tradisce non una, ma due volte la resistenza della Siria del nord.

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