L’unica alternativa all’inerzia dell’Europa è lo sciopero della fame a tempo indeterminato
Rete Jin – 22 gennaio 2019 di Kardo Bokanî
Uno sciopero della fame è un atto di disobbedienza civile che si compie contro l’ingiustizia, l’oppressione e / o la tirannia. È un’azione semplice, perché non è necessaria una grande mobilitazione.
Chiunque può intraprenderlo senza bisogno di avere molte risorse. Allo stesso tempo è un’azione dura che richiede moltissima forza di volontà e determinazione e una nobile causa per cui valga la pena morire.
Il 17 dicembre 2018 a Strasburgo un gruppo di quattordici attivisti e attiviste politici curdi e curde, tra cui un docente universitario, un giornalista e un parlamentare, ha iniziato lo sciopero della fame a tempo indeterminato. Lo scopo di questa azione è porre fine al continuo e disumano isolamento che lo stato turco impone al leader curdo Abdullah Öcalan.
Öcalan, che è tenuto in isolamento nella prigione sull’isola di Imrali dal 1999, non è un semplice prigioniero politico. In primo luogo, e soprattutto, è un politico che milioni di curdi considerano come loro legittimo leader, colui che ha dedicato la sua vita alla loro emancipazione dal brutale colonialismo moderno praticato da Turchia, Iran, Iraq e Siria.
In secondo luogo, è un intellettuale che ha elaborato una teoria filosofica su questioni che vanno dallo stato alla società civile. È stata la sua elaborazione filosofica a dare forma a ciò che vediamo oggi in Rojava; una società democratica, multiculturale e femminista, guardata con ammirazione da tutte le forze progressiste nel mondo. In terzo luogo, è stato il politico che in Turchia ha chiesto a gran voce la pace e una soluzione democratica al conflitto curdo. Su sua richiesta, dal 1993 in poi, il PKK ha proclamato otto cessate il fuoco unilaterali. In due occasioni, inoltre, Öcalan ha ordinato ai combattenti del PKK di ritirarsi dalla Turchia al nord-Iraq per aprire la strada alla pace. Mettere a tacere una figura politica come quella di Öcalan significa eliminare l’unica voce che chiede la pace in Turchia.
Di fatto, l’approccio militare aggressivo perseguito dal governo turco nel corso degli ultimi decenni si è sempre rivelato inutile. Se la Turchia avesse voluto risolvere la questione curda militarmente avrebbe dovuto farlo negli anni Ottanta, o anche prima, non ora.
I curdi, ispirati dalla filosofia di Öcalan e organizzati dal PKK, il movimento che lui stesso guida, stanno acquisendo sempre più potere e influenza e non saranno in alcun modo eliminati, come vorrebbe lo stato turco. Il movimento curdo, grazie alla sua determinazione e alle sue idee progressiste, è conosciuto da persone di ogni estrazione e ha trovato alleati in tutto il mondo. Gli scioperi della fame in corso in Kurdistan e all’estero hanno fatto comprendere a tutti lo straordinario livello di organizzazione raggiunto dalle comunità curde.
Il primo sciopero della fame a tempo indeterminato è stato lanciato il 7 novembre dalla deputata curda Leyla Guven, reclusa in un carcere turco. In pochissimo tempo la sua azione ha avuto eco fuori dalle mura della prigione, raggiungendo tutte e quattro le parti del Kurdistan e l’Europa.
La richiesta di chi è in sciopero della fame, anche la nostra qui a Strasburgo, è la stessa. È semplice e pratica. È una vergogna che nel nostro mondo sia necessario intraprendere un atto di sfida così estremo per dare risposta a una richiesta tanto semplice. Questo fa capire fino a che punto sia in crisi la democrazia e quale sia la perdita di valori umani in Occidente.
Si potrebbe giustamente chiedere per quale ragione una persona mette a repentaglio la propria vita per questa semplice richiesta. La risposta è semplice: l’indifferenza dell’Europa nei confronti della questione curda in generale e in particolare del caso di Öcalan non ci lasciano alternative.
Questo è il risultato dell’inerzia dell’Europa. Sono i continui fallimenti delle sue istituzioni, come il CPT e il Consiglio d’Europa, che non riescono ad adempiere ai loro doveri e costringono gli stessi cittadini ad intraprendere un’azione così estrema e fatale.
In passato le istituzioni europee hanno svolto un ruolo molto costruttivo nella risoluzione dei conflitti etnici in tutto il mondo. Ad esempio, l’UE ha lavorato molto seriamente per risolvere il conflitto in Irlanda del Nord. Senza il sostegno dell’UE il conflitto non sarebbe stato risolto. L’OSCE si è impegnata attivamente nella risoluzione dei conflitti del Nagorno-Karabakh e dei Balcani. Invece, quando si tratta del caso curdo, le istituzioni europee si schierano apertamente con il violento stato turco, deciso a negare e ad annientare l’identità e il patrimonio culturale dei curdi. L’esempio più chiaro di questo nefasto appoggio alla Turchia è la criminalizzazione da parte dell’UE del movimento per la libertà del Kurdistan. Nonostante le sentenze della Corte Suprema del Belgio e della Corte di giustizia europea, l’UE continua a tenere il PKK nell’elenco delle organizzazioni terroristiche. Questo ha incoraggiato lo stato turco a continuare con il suo approccio militarista nei confronti dei curdi e del loro leader, Abdullah Öcalan.
In questo caso, tuttavia, la nostra richiesta nei confronti della UE non è di mantenere lo stato di diritto rispettando le sentenze delle istituzioni giuridiche europee e togliere il PKK dalla lista delle organizzazioni terroristiche. Una mossa che per la UE potrebbe certamente essere considerata eccessiva e non praticabile. La nostra richiesta è semplice e pratica. Chiediamo che venga immediatamente revocato l’isolamento imposto ad Öcalan e che sia rispettato il diritto di Ocalan a visite regolari da parte dei suoi familiari e avvocati.
Se la nostra richiesta non avrà risposte non smetteremo il nostro sciopero della fame, giunto oggi al trentesimo giorno. Siamo fermamente convinti a portarlo avanti fino alle estreme conseguenze. La morte non ci spaventa né tanto meno ci allontana dal significato della nostra protesta. Siamo consapevoli che noi umani siamo i soli responsabili del mondo in cui viviamo. Noi esseri umani, insieme, possiamo decidere come vogliamo che sia il mondo. Scegliamo di non accettare il declino della democrazia. Noi non vogliamo semplicemente tracciare la linea, vogliamo mettere fine a questo silenzio assordante e all’indifferenza verso la disumanità.
Inutile dire che la responsabilità di ogni fatalità ricadrà in particolare sul CPT e sul Consiglio d’Europa, ma anche su altre istituzioni europee. Certamente questa vicenda passerà alla storia come una macchia infamante sulla democrazia occidentale e avrà serie conseguenze per l’Europa, in cui convivono un enorme numero di cittadini di origine curda e turca. Per evitare che questo accada ci auguriamo che le istituzioni europee, adempiendo alle loro responsabilità di salvare vite sul loro territorio, ascoltino gli appelli dei loro cittadini, facciano ciò che devono per difendere i diritti umani e si adoperino per sollevare l’isolamento imposto ad Öcalan.
Kardo Bokanî tiene un dottorato in teoria politica ed è un esperto della questione curda. Ha insegnato teoria / filosofia politica all’University College di Dublino (UCD). È autore del libro Comunicazione sociale e mobilitazione politica curda in Turchia.
Lascia un commento