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“Io sto con le donne curde”

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Dacia Maraini: “Il governo italiano prenda posizione, in Siria c’è un aggressore e un aggredito e noi dobbiamo dire che stiamo dalla parte di quest’ultimo. Tutto succede per l’azione di un uomo poco responsabile, Trump…”

Umberto De Giovannangeli, huffingtonpost, 10 ottobre 2019

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“Sono piena di ammirazione per queste ragazze,

per queste donne curde che combattono non solo per difendere un territorio, ma per difendere la libertà del loro popolo e per i diritti che come donne hanno conquistato. Loro sì che rappresentano un esempio, una speranza. Per questo chiunque di noi abbia una coscienza democratica, soprattutto noi donne non possiamo non dirci ‘ curde’ ed essere a fianco di queste straordinarie combattenti per la libertà”. A sostenerlo, in questa intervista ad HuffPost, è una delle più grandi scrittrici italiane: Dacia Maraini. “Al Governo italiano – dice la scrittrice – mi sento di chiedere di prendere posizione e di agire di conseguenza in ogni organizzazione internazionale di cui facciamo parte, l’Unione Europea, l’Onu, la Nato. In ciò che sta avvenendo in questi giorni, in queste ore nel Nord della Siria c’è un aggressore e un aggredito. Noi dobbiamo essere dalla parte di quest’ultimo”.

Della resistenza curda nel Nord della Siria, ciò che sembra colpire di più l’immaginario collettivo è che in prima fila a combattere, ieri l’Isis oggi l’invasione turca, sono le donne. Quale considerazione le sollecita questo fatto?

Quelle donne, molte delle quali giovanissime, sono un’avanguardia culturale e non solo e tanto un fatto militare. Sono un fenomeno culturale molto importante, ed è proprio questo che dà più fastidio, che fa più paura al mondo tradizionale musulmano, a società rimaste fondamentalmente patriarcali. Si parla di territori, di confini, ma, a. mio avviso, si sottovaluta il fatto che queste donne stanno difendendo una idea, un modello di società fondato su una parità di genere. Stanno lottando per la libertà del loro popolo e per la difesa di diritti che non sono stati regalati loro, ma sono frutto di una lotta, anche e per certi versi soprattutto culturale, che le hanno viste come protagoniste. Per questo dico che noi donne italiane, noi donne europee oggi non possiamo non dire che siamo tutte curde. Sì, sono piena di ammirazione per queste ragazze, per il loro coraggio, che nasce dalla consapevolezza dell’importanza di ciò per cui si stanno battendo: per loro, lo sottolineo perché credo davvero che sia un fatto importante, non è soltanto una questione territoriale ma è anche conservare questi diritti, diritti che hanno conquistato, perché i diritti, noi donne lo sappiamo molto bene, si conquistano e non ti vengono regalati. Quello delle donne curde dovrebbe essere un esempio, un modello.

Di fronte alla tragedia che rischia di consumarsi nel Nord della Siria, c’è chi, in Italia, lamenta una scarsa mobilitazione della società civile.

Sì, forse non c’è una mobilitazione massiva, tuttavia ci sono stati tanti italiani che sono andati a combattere a fianco dei curdi. A combattere per un ideale, non per un territorio. Mi ricordano le migliaia di europei che andarono a combattere in Spagna contro Franco. E’ un modo di vedere il mondo che vanno a difendere. I media italiani dovrebbero parlane di più, mettendo maggiormente in evidenza la democraticità di questo popolo.

Cosa si sente di chiedere al Governo italiano?

Che prenda una posizione chiara, netta e che faccia seguire i fatti alle parole. Portando le ragioni degli aggrediti, delle aggredite in tutti gli organismi internazionali di cui facciamo parte. Quella che si sta consumando in questi giorni, in queste ore, mentre noi stiamo parlando, nel nord della Siria, è una vicenda dove è chiaro chi è l’aggredito e chi l’aggressore, chi è la vittima e chi il carnefice. Le grandi organizzazioni internazionali, a cominciare dall’Onu, non possono limitarsi alla solita denuncia o ad appelli alla moderazione che di certo da soli non fermeranno un dittatore, Erdogan, che ha sequestrato il suo Paese, incarcerato migliaia di oppositori, e che oggi intende dare una lezione, mortale, ai curdi. Non si tratta di mandare soldati o alimentare un’altra guerra, ma si utilizzi lo strumento delle sanzioni per fermare la mano dell’aggressore. Purtroppo, questa situazione è anche il frutto dell’azione di un uomo poco responsabile, per usare un eufemismo…

Di chi sta parlando?

Di Donald Trump. Un uomo che non calcola mai quello che le sue parole provocano, è come se non fosse capace di ponderare le conseguenze. E questo è un qualcosa di veramente grave e pericoloso perché l’uomo in questione è il presidente degli Stati Uniti, della più grande potenza mondiale

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