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In difesa della rivoluzione nella Siria settentrionale e orientale

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Comunicato del Movimento delle donne kurde in Europa, TJK-E, in difesa della rivoluzione nella Siria settentrionale e orientale

Rete Jin, 7 ottobre 2019

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Dal 2012, con il ruolo di avanguardia delle donne, i popoli nella Siria settentrionale e orientale hanno costruito un sistema sociale che consente una vita pacifica, radicalmente democratica, libera dall’oppressione di genere per tutti i gruppi etnici, religiosi e culturali della regione.

Questa auto-organizzazione autonoma è stata creata attraverso un’incrollabile fiducia nella democrazia, nella libertà e nella solidarietà di tutti i popoli. Guidando la lotta contro il cosiddetto Stato islamico, l’auto-organizzazione ha instaurato un senso di sicurezza e stabilità, consentendo a tutti i popoli presenti nella regione di affrontare il futuro collettivamente e con speranza, nonostante le politiche di guerra portate avanti dalle potenze egemoniche globali e regionali che proteggono lo status quo incitando a conflitti etnici e religiosi. Le alternative democratiche concretamente vissute, costruite nonostante gli attacchi costanti, lo sfollamento e l’embargo economico, hanno reso impossibile per le forze capitaliste affermare i propri interessi nella regione. Queste sono una spina nell’occhio di coloro che vogliono imporre autoritarismo, dipendenza e sfruttamento ai popoli del Medio Oriente.

L’invasione di Afrin da parte dello Stato turco nel gennaio 2018 è stata un attacco alla speranza, alla coesistenza e alla democrazia tra le comunità della regione, simboleggiate dall’autogoverno democratico nella Siria nord-orientale. In palese violazione del diritto internazionale, lo Stato turco e i suoi mercenari hanno ucciso oltre 1.000 persone (principalmente civili), sistematicamente distrutto villaggi, siti storici, religiosi e naturali, oltre che risorse economiche della popolazione. Più di 300.000 persone sono state sfollate con la forza. Gli estremisti si sono stabiliti in queste terre al posto della popolazione sfollata e da allora hanno collaborato con la Turchia per commettere quotidianamente crimini contro l’umanità. Saccheggiano le case, rapiscono i membri delle famiglie che non sono riusciti a fuggire, violentano le donne, torturano a morte i prigionieri, riducono in cenere la natura e rubano tesori culturali locali. Tutte le strutture autonome delle donne che erano state costruite lì nel corso di sei anni sono state distrutte: la violenza contro le donne è diventata la politica dell’occupazione.

Questa volta, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha cercato di convincere la comunità internazionale ad accettare un’occupazione turca nell’intera area della Siria nord-orientale. L’autogoverno democratico della Siria settentrionale e orientale è stato in grado di prevenire un attacco turco con grandi sforzi diplomatici e ha attuato tutte le misure concordate con Washington e Ankara per il controllo di una cosiddetta zona di sicurezza nelle ultime settimane. Tuttavia, gli sviluppi degli ultimi giorni mostrano chiaramente che Erdogan e lo Stato fascista turco non hanno mai abbandonato l’idea di un’invasione della Siria settentrionale. Le ultime affermazioni del presidente degli Stati Uniti Donald Trump mostrano che la comunità internazionale ha tacitamente accettato un simile attacco.

A seguito di una conversazione telefonica tra Erdogan e Trump, la Casa Bianca ha annunciato che le forze della coalizione internazionale si ritireranno dalla regione e che la responsabilità di combattere i resti del cosiddetto Stato islamico verrà trasferita alla Turchia. Per coloro che hanno guidato la guerra contro l’ISIS sul campo, trasferire la responsabilità della lotta contro l’ISIS a coloro che l’hanno sostenuta in tutti i modi – logisticamente e ideologicamente, con armi, reclutamento e accordi di frontiera – è un’aperta dichiarazione di guerra i tutti i valori dell’umanità. Un simile attacco non significherà solo che, analogamente all’offensiva della Turchia ad Afrin, migliaia di civili verranno uccisi e centinaia di migliaia di persone saranno sfollate (tra queste, persone che sono già state rifugiate o sfollate interne). Tale operazione metterà in pericolo anche tutte le strutture democratiche alternative che sono state costruite nell’area per la libertà, la pace, la giustizia e la liberazione delle donne. Il fatto che i governi rimangano in silenzio di fronte a queste minacce concrete è una chiara dimostrazione del fatto che è pericoloso per il sistema patriarcale oppressivo consentire la diffusione della rivoluzione delle donne.

Il popolo curdo, sotto la guida di Abdullah Öcalan, si organizza e si difende da ben 40 anni. Allo stesso modo, le SDF (Syrian Democratic Forces) hanno dichiarato: “Come forze democratiche siriane, siamo determinate a difendere la nostra terra a tutti i costi”. Il popoli presenti nella confederazione della Siria settentrionale e orientale, quello curdo, arabo, turkmeno, armeno, assiro e siriaco, essendo riusciti a sopravvivere ai peggiori tipi di attacchi, sono quindi pronti a difendersi nuovamente. In particolare come donne, abbiamo imparato a difenderci: difendere la nostra terra, difendere il nostro popolo, difendere ciò che siamo. L’eroica lotta delle unità di difesa delle donne YPJ ha nuovamente mostrato a tutte le donne del mondo che l’autodifesa è l’unica garanzia delle donne per una vita in libertà.

Gli Stati restano in silenzio, perché sono consapevoli che ciò che viene costruito nella Siria settentrionale e orientale è un modello alternativo al sistema patriarcale e capitalista che essi rappresentano. Sappiamo che i nostri alleati non sono i governi, gli Stati e i loro eserciti, ma tutte le donne, che insorgono in ogni parte del mondo per rovesciare il patriarcato. Sono nostre alleate le forze che costruiscono un mondo diverso giorno dopo giorno e lavorano per difenderlo.

Tutte le lotte per la giustizia e la liberazione nel mondo risuonano nella rivoluzione della Siria settentrionale e orientale. È quindi alle nostre vere alleate, le forze della libertà, che oggi facciamo appello: siamo insieme in questa lotta.

Scendete in strada e difendete la rivoluzione delle donne della Siria settentrionale e orientale!

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