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La situazione afghana: l’altra faccia della guerra.

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Il 19 aprile alcune classi del mio istituto hanno potuto incontrare Malalai Joya, parlamentare sostenitrice del movimento democratico in Afghanistan. In questa occasione abbiamo ricevuto un report dettagliato sulle condizioni del suo paese straziato dalla guerra. Le problematiche afghane vanno ben oltre l’immaginabile. Sul piano civile notiamo che la maggior parte dei diritti fondamentali non sono lontanamente garantiti; l’analfabetismo è a livelli altissimi soprattutto tra le donne e nelle zone rurali.

Qui infatti a causa dei bombardamenti scuole e ospedali sono praticamente inesistenti. Malalai si batte da anni affinché il diritto all’istruzione sia garantito, anche grazie ad aiuti e ad associazioni no profit. La situazione politica afghana è piú che instabile. Il governo è retto da signori della guerra più volte condannati da Malalai come assassini e carnefici. La corruzione dilaga in ogni strato della società. Il popolo non ha possibilità di ribellarsi ai tiranni che li soggiogano e l’appoggio a dei paesi occidentali a questo governo rende ancor peggiore la situazione.

L’economia è allo stremo. Le risorse naturali non possono essere sfruttate per via dei costanti bombardamenti, le aree coltivabili sono impiegate per la coltivazione di oppio per finanziare “i ribelli”, cioè i gruppi fondamentalisti, invece che per la produzione di cibo. Gas naturali e acqua potabile vengono comprati dal governo afghano negli stati confinanti nonostante l’abbondanza di tali risorse nei confini nazionali. Buona parte delle soluzioni sono però sotto i nostri occhi.

 

La prima richiesta di Malalai è di fermare l’impiego di truppe estere sul territorio afghano. Cosí facendo il popolo afgano potrà far sentire la propria forza sul governo. La donazione di fondi tramite le associazioni no profit che lei e altri del suo partito sostengono potranno favorire la costruzione di scuole, che garantiranno istruzione, di ospedali dove curare malattie e far nascere bambini in luoghi sani e protetti, favoriranno una riconversione dell’agricoltura per produrre cibo invece di oppio.

Questo incontro è andato ben oltre il semplice rapporto sulla situazione afghana: ci ha aperto gli occhi, ci ha posti faccia a faccia con una realtà che non si può più ignorare. Aiutare il popolo afghano non significa solo uno spostamento di fondi da un governo ad un altro, significa dare speranza a chi la ha persa, riportare la popolazione al gradino piú alto della vita sociale del paese.

Alberto Grazian

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