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Diritti umani: sotto attacco chi difende i migranti.

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Osservatorio diritti, di Lorena Cotza – 20 febbraio 2018

diritti umani iom malavoltaIl nuovo rapporto del relatore speciale Onu sui Difensori dei diritti umani denuncia l’attacco in corso contro chi protegge le persone in movimento. Si parla di processi contro chi dà da mangiare ai migranti, campagne di denigrazione e accuse di vicinanza ai trafficanti. E c’è spazio pure per l’Italia.

Denunce e processi contro chi dà cibo e acqua ai migranti, accuse infondate di collusione con i trafficanti contro le organizzazioni non governative che salvano vite in mare, minacce e aggressioni contro gli operatori di centri che offrono sostegno a migranti e rifugiati, campagne di delegittimazione e stigmatizzazione: come evidenzia il nuovo report «sulla situazione dei difensori dei diritti umani» di Michel Forst, relatore speciale dell’Onu sui Difensori e le difensore dei diritti umani, chi si impegna a proteggere i diritti delle persone in movimento è sempre più sotto attacco*.

Pubblicato il 14 febbraio, il report sarà presentato il 1° marzo al Consiglio per i Diritti umani dell’Onu a Ginevra. Andando oltre le categorie – spesso inappropriate o riduttive – di migranti economici, ambientali, sfollati interni, vittime di tratta, rifugiati o richiedenti asilo, nel report si utilizza la più ampia definizione di difensori dei diritti di persone in movimento (“people on the move“).

Si tratta di una precisazione importante, che sottolinea come ognuna di queste persone – al di là delle motivazioni che l’hanno spinta o costretta a lasciare il proprio Paese – abbia gli stessi diritti e la stessa dignità e come chiunque abbia il diritto a proteggerle e agire in solidarietà con loro.

 

Xenofobia e razzismo: chi colpisce i difensori dei diritti
Secondo Forst, uno dei principali motivi degli attacchi contro i difensori dei diritti delle persone in movimento è il clima xenofobo e razzista sempre più diffuso e radicato in tutto il mondo:
«I leader politici utilizzano le persone in movimento come capro espiatorio, incolpandoli di problemi sociali e politici che hanno ben altra origine. La violenza xenofoba diventa uno strumento per fare campagna elettorale, e i media non fanno altro che riprodurre e amplificare queste narrative semplicistiche e inaccurate».

A peggiorare il quadro, secondo il relatore speciale, sono la «mercificazione» delle persone in movimento (considerate solamente da un deumanizzante punto di vista economico e numerico), l’approccio securitario invece che umanitario al tema della migrazione e un uso repressivo delle leggi sulla cittadinanza e sullo status di residenza che fa sì che vengano negati diritti universali e inalienabili.

Diritti umani in pericolo: chi li difende è “sovversivo”
In questo contesto, con le persone in movimento considerate responsabili di ogni male, chi sta dalla loro parte diventa un facile bersaglio. Gli attacchi ai difensori dei diritti delle persone in movimento si inseriscono in un momento storico in cui è il concetto stesso di “diritti umani” a essere sotto attacco.

In tutto il mondo, infatti, si assiste a un crescente restringimento dello spazio d’azione per i movimenti e le organizzazioni della società civile. Chiunque difenda i diritti Lgbt, quelli delle donne, dell’ambiente, dei popoli indigeni o dei migranti è considerato una minaccia, perché sfida e cerca di cambiare lo status quo. Difendere i diritti non è più un gesto legittimo, ma piuttosto un’azione sovversiva da contenere, frenare e fermare a ogni costo.

Reati di solidarietà: in Italia vietato aiutare i migranti
Tra i casi citati dal relatore speciale spicca l’Italia, dove ong e attivisti per i diritti dei migranti hanno subito processi e gravissime campagne di delegittimazione. Nell’agosto 2016, ad esempio, contro quattro attivisti del movimento No Borders fu emesso un foglio di via, che vietava loro l’ingresso in sedici comuni della provincia di Imperia per tre anni. La loro “colpa” era aver portato acqua e supporto a dei migranti a Ventimiglia.

La sentenza è stata poi annullata dal Tar, perché il tribunale ha riconosciuto che il foglio di via «lede il diritto a manifestare e limita la libertà di circolazione in maniera pregiudicante».

La criminalizzazione dei difensori rinforza lo stigma verso le persone in movimento e chi è solidale con loro. Come dice un attivista italiano citato da Forst, «criminalizzare la solidarietà rischia di promuovere, nell’opinione pubblica e nell’arena politica, l’indifferenza verso migranti e rifugiati, o posizioni razziste e nazionaliste».

Profughi: chi li aiuta favorirebbe traffico di esseri umani
Forst cita anche il caso di Helena Maleno Garzón, difensora spagnola che si occupa della Frontera Sur tra Spagna e Marocco. Negli ultimi 16 anni, Helena – con la sua organizzazione Caminando Fronteras – ha assistito chi cercava di attraversare lo stretto di Gibilterra, avvisando i servizi d’emergenza appena riceveva notizie di imbarcazioni in difficoltà, offrendo primo soccorso ai migranti appena sbarcati e battendosi contro deportazioni e rimpatri forzati.

Il tribunale di Tangeri, in Marocco, ha accusato Helena di favoreggiamento del traffico di essere umani e collusione con i trafficanti e l’attivista rischia il carcere a causa del suo prezioso lavoro. Scrive Forst:
«Questo tipo di processi giudiziari ha un effetto dissuasivo, perché rende persone e organizzazioni della società civile più esitanti nel sostenere e aiutare le persone in movimento»

Un ulteriore rischio a cui vanno incontro difensori e difensore che si occupano di immigrazione deriva dal coinvolgimento della criminalità organizzata nella tratta di esseri umani e nei viaggi dei migranti. Chi espone e denuncia le violazioni dei diritti umani commesse da gruppi criminali si ritrova in una posizione ancora più vulnerabile.

Difensori dei diritti umani costretti all’esilio
Il relatore speciale evidenzia inoltre come, tra le persone in movimento, ci siano anche molti difensori e difensore costretti a lasciare il proprio Paese per sfuggire a minacce e violenze direttamente collegate al loro impegno in difesa dei diritti umani. Per loro l’esilio non è mai una scelta facile e comporta ulteriori difficoltà: sradicati dalla propria comunità, faticano a continuare il proprio lavoro e trovare nuove opportunità.

Spesso un difensore o una difensora costretto all’esilio non riceve supporto adeguato dall’Unhcr (Alto commissariato Onu per i rifugiati) e dallo Stato in cui presenta domanda d’asilo e per mesi o anni si ritrova a vivere in un limbo.

Inoltre, i loro oppositori (autorità, attori non statuali, imprese private o criminalità organizzata) spesso continuano a perseguitarli anche nel Paese in cui hanno trovato rifugio o minacciano e attaccano i loro familiari rimasti in patria.

Città, ong, istituzioni: chi protegge i difensori minacciati
Per questo sono particolarmente importanti iniziative come le “città rifugio” per i difensori dei diritti umani – come quella recentemente proposta dal Consiglio provinciale di Trento – o programmi in partnership con università e organizzazioni non governative, che possano accogliere difensori e difensore che devono temporaneamente o o per periodi più estesi – lasciare il proprio Paese a causa delle minacce ricevute.

Le raccomandazioni di Forst, relatore speciale dell’Onu
Nelle sue raccomandazioni, il relatore speciale chiede a tutti gli Stati e alla comunità internazionale di impegnarsi a proteggere il diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza delle persone in movimento e di chi difende i loro diritti, riconoscendo pubblicamente il fondamentale e legittimo ruolo svolto dai difensori e dalle difensore.

Chiede inoltre di condannare pubblicamente ogni forma di violenza, discriminazione, intimidazione e rappresaglia nei loro confronti; di non criminalizzare chi salva vite in mare; di assicurare che i difensori e le difensore in esilio siano adeguatamente accolti e protetti, senza il rischio di essere espulsi.

Come scrive nell’introduzione del report, «un contesto così ostile zittisce le voci di chi cerca di tenere viva la memoria di Alan Kurdi e degli altri che sono morti mentre attraversavano un confine e fa sì che i corpi di altre persone in movimento siano ritrovati sul bagnasciuga o in cimiteri senza nomi, o che semplicemente svaniscano senza lasciare traccia, in numeri che non possiamo perdonarci. (…) Sostenere chi difende i diritti dei migranti è fondamentale se si vogliono evitare altre tragedie».

*L’autrice di questo articolo è Lorena Cotza, responsabile comunicazione della rete In Difesa Di e assistente campagne e comunicazione dell’ong Front Line Defenders. Questo articolo fa parte della collaborazione tra Osservatorio Diritti e la rete In Difesa Di, una coalizione di oltre 30 ong e movimenti italiani che si dedica al supporto e alla protezione dei difensori e delle difensore dei diritti umani.

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