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TURCHIA. 600 persone arrestate per presunti legami con il PKK.

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Nena News – 14 febbraio 2017

HdpLa campagna di arresti è scattata ieri ed è continuata oggi. Ad essere colpito è stato il partito di sinistra filo-curdo Hdp che accusa: “L’obiettivo dei blitz è che il referendum costituzionale del 16 aprile abbia luogo senza di noi”.

La repressione delle autorità turche non conosce tregua: in due giorni più di 600 persone sono state arrestate dalla polizia turca per presunti legami con il Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk). Per la formazione di sinistra filo-curda (Hdp) i blitz delle forze dell’ordine hanno un chiaro contenuto politico: reprimere e isolare le uniche voci d’opposizione nel Paese in vista dell’imminente referendum costituzionale del 16 aprile. “L’evidente obiettivo di queste operazioni è che il referendum abbia luogo senza di noi” si legge in un comunicato del comitato esecutivo del partito.
Da quando è fallito il colpo di stato lo scorso 15 luglio, denuncia l’Hdp, 5.000 tra i suoi membri e sostenitori sono stati arrestati. Secondo quanto riferisce l’agenzia filogovernativa Anadolu, le operazioni di polizia sono scattate ieri e hanno portato subito alla detenzione di 544 persone (più di 300 di questi sarebbero quadri del partito) a cui si sono aggiunti oggi 86 nuovi nomi. Senza dimenticare poi che 12 suoi parlamentari (tra cui i co-presidenti Demirtaş e Yüksekdağ) e decine di sindaci e dirigenti curdi di un partito ad esso affiliato sono da novembre in carcere accusati di terrorismo. “Quello che vogliono evitare con gli arresti – si legge sempre nella nota – è il “no” [al referendum]”.

 

Il legame tra gli arresti di questi giorni e il referendum è stato in qualche modo confermato anche dallo stesso Erdogan l’altro giorno quando, lanciando la campagna referendaria, ha detto che è “necessario votare sì alla riforma [cioè per la trasformazione della Turchia in una repubblica presidenziale, ndr] perché il Pkk si oppone e che “no” vuole dire stare con chi ha ordito il putsch lo scorso anno”. Il riferimento qui non è solo ai sostenitori e agli appartenenti del partito curdo, ma anche e soprattutto a chi ha contatti, simpatie o è affiliato all’organizzazione del religioso islamista Fetullah Gulen. Dalla scorsa estate decine di migliaia di dipendenti pubblici, militari, giornalisti sono stati arrestati con l’accusa di appartenere all’organizzazione del religioso turco in esilio negli Stati Uniti.

Ankara difende il suo operato: l’Hdp non è altro che una estensione politica dei “terroristi” del Pkk e pertanto rappresenta un pericolo alla sicurezza del Paese. Nessun commento ufficiale giunge al momento dalle cancellerie europee e statunitense. Del resto quando si parla di curdi, la posizione di Bruxelles e Washington è profondamente contraddittoria: sebbene entrambe considerino l’organizzazione del leader curdo Ocalan una formazione “terroristica”, Europa e soprattutto Usa collaborano in Siria in chiave anti-Is con il suo ramo siriano (Pyd).

Il conflitto tra la Turchia è il Pkk, iniziato nel 1984, ha ucciso più di 40.000 persone. Un fragile cessate-il-fuoco tra le due parti è stato raggiunto nel 2013, ma la tregua (spesso violata) è definitivamente saltata nel luglio del 2015. Da allora si calcola che sono migliaia i curdi (siano essi militanti che civili) uccisi da Ankara. Centinaia, invece, i militari di Ankara che hanno perso la vita in agguati e attacchi organizzati dal Pkk.

Nena News

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