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Ogni cinque minuti, in Afghanistan, una donna muore

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Camilla Mantegazza – 8/3/2017

Kabul – Delegazione CISDA in Afghanistan.

4 donne cn bimbi 150x150Layla significa bellissima, ha 30 anni e non è mai andata a scuola. Del padre, ucciso dai talebani, non ricorda nemmeno il volto. A 13 anni il nonno l’ha data in sposa a un uomo di 60 anni, promettendole una vita migliore. È andata male, lui era sterile ma la colpevole era comunque lei. Il fatto di non poter avere figli non era assolutamente accettabile. In Afghanistan la donna è una macchina da figli, nulla di più.
Il nuovo marito di Layla di anni ne ha 65 ma la lascia lavorare: lui è troppo vecchio per farlo. Lei ora frequenta il centro OPAWC – una scuola di alfabetizzazione e di artigianato per donne − e per lei e per il suo bimbo è l’unica speranza. Riesce persino a studiare.

Ogni giorno, in Afghanistan, 288 donne muoiono.

Nazifa significa purezza, ha 35 anni, pratica boxe e karate, la fanno sentire più sicura. È forte, coraggiosa, testa alta e sguardo attento. Le piacerebbe molto studiare ma dopo gli anni da rifugiata in Iran, durante la guerra civile, ha dovuto abbandonare i libri. Al ritorno in Afghanistan la madre le ha presentato il suo futuro marito. Lui lavora in un supermercato, lei lavora per AFCECO, un orfanotrofio che insegna la laicità, l’uguaglianza di genere ed etnia, l’integrazione, la pace, la musica, il karate. Insieme hanno due figlie e due figli, di cui l’ultimo tiene il tempo con il piede, mentre le mani si muovono sul flauto al ritmo di Bella Ciao.

 

Ogni mese, in Afghanistan, 8540 donne muoiono. 

Non sappiamo se in questo paese esista il cosiddetto amore vero, passionale, trascinante. Ma qui, chi si ama, si rispetta profondamente. Perché in Afghanistan l’amore è diverso. L’amore è ricambiare il suo sgaurdo, anche quando sfida quello dell’uomo.

In un anno, in Afghanistan, 103.680 donne muoiono per mano di mariti o fratelli. 

Per tutte queste donne, “struggle” è la loro parola d’ordine: è importante che divenga anche la nostra. E la scuola, in un paese in cui l’analfabetismo femminile raggiunge l’87%, è l’unica loro speranza.

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