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“Shabnam” di Liliana Manetti: la storia di una donna venuta da lontano

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Obliate Magazine – 28 maggio 2016, by Cristina Biolcati

cover shabnam 2 1 page 001 2“Mi chiamo Shabnam e sono afgana. Nella lingua italiana il mio nome significa “rugiada”, come quella che si posa la mattina sui cardi del mio paese. Ho sessantuno anni e sto morendo.”

“Shabnam”, il breve romanzo della giovane romana Liliana Manetti, pubblicato da Poetikanten Edizioni nell’aprile 2016, dà voce ad una donna afgana che, in punto di morte, avverte la necessità di raccontare la propria storia.

Ragazza curiosa e amante dei libri, Shabnam è stata costretta a rinunciare agli studi da un Paese in cui le donne possono fare ben poco, così come da un padre che si è sempre opposto alla sua educazione. Ma con l’aiuto di un professore, di cui poi si innamorerà, ella riesce a coronare il suo sogno.

In America, dove andrà ad abitare, diventerà giornalista e passerà la seconda parte della sua vita a battersi per i diritti delle donne, quelle che abitano in quella terra che lei, in fondo, non ha mai dimenticato, ma dalla quale ha voluto a tutti i costi fuggire.

Senza dubbio denota sensibilità, il fatto di narrare la storia di una donna di diversa religione che, come dice il sottotitolo, “venne da lontano”, in un periodo storico in cui l’integrazione è ancora così difficile.

Liliana Manetti si occupa soprattutto di poesia, e da qui penso derivi il suo modo “diretto” di raccontare gli eventi. Tende molto a precisare, anziché lasciare libero spazio all’immaginazione. Come Raymond Carver ha affermato, “non c’è bisogno di parlare d’amore, per parlare d’amore”.

Molto spesso gli scrittori non hanno fiducia nei loro lettori, e vogliono dare loro spiegazioni esaustive. Così facendo, si rischia però d’incappare nella ridondanza, e di precludere l’emozione.

 

Liliana Manetti 82362 140x140Liliana Manetti

La pubblicazione di questo romanzo è patrocinata dal CISDA, l’ente che dal 1999 promuove progetti di solidarietà a favore delle donne afgane. Un intento davvero generoso, dunque.
La dedica mi è piaciuta molto, e penso compendi l’intero romanzo. È il suo scopo, la sua essenza. Ciò che ci nobilita, per il solo fatto che ancora sappiamo ascoltare chi ci chiede aiuto.

E molto spesso sono donne; troppo spesso vengono da paesi lontani, per fuggire da una fame ed una miseria che non sono solo fisiche. L’annullamento del pensiero è il pericolo più grande, da cui esse si devono guardare.

“Al grido di dolore delle donne afgane e di tutte le donne in tutte le epoche e situazioni e alle loro meravigliose e instancabili lotte.”

Ad esse, si unisce la storia di Shabnam. Una voce che dice la sua, in questo mondo impazzito e ormai alla deriva.

Written by Cristina Biolcati

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