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L’odissea dei migranti afghani, le vittime numero uno del cinismo europeo. Carlotta Sami (UNHCR) ad HuffPost

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L’Huffington Post – Giulia Belardelli  – 8 marzo 2016

n MIGRANTI AFGHANISTAN large570Il futuro sembra sempre più buio per i migranti afghani, che rischiano di finire inghiottiti in una delle falle più clamorose della politica (anti)migratoria dell’Unione europea. Mentre l’Ue, nei suoi negoziati con la Turchia, sostiene di concentrarsi soprattutto sul contrasto dei pericolosi viaggi in mare dei siriani verso la Grecia, un’altra comunità di migranti denuncia di essere finita nel dimenticatoio dei leader occidentali.

Si tratta degli afghani, un popolo sempre più in fuga ma poco tutelato dal punto di vista del diritto d’asilo. Eppure, secondo un servizio della Reuters, gli afghani rappresentano oltre un quarto dei migranti che ogni giorno rischiano la vita nelle piccole imbarcazioni che partono dalle spiagge turche per sfuggire dalle crescenti violenze perpetrate, a seconda dei casi, dai talebani o dagli affiliati di Abu Bakr al-Baghdadi. Di questi solo una minoranza riesce ad avviare le procedure per richiedere l’asilo, e solo una piccola parte ottiene alla fine la protezione internazionale e un ricollocamento in Europa.

“Fare uno screening dei richiedenti asilo in base alla nazionalità è una pratica contraria alla Convenzione di Ginevra, al diritto europeo e al diritto internazionale”, spiega ad HuffPost Carlotta Sami, portavoce UNHCR per il Sud Europa. “Lo status di rifugiato non può essere assegnato sulla base della nazionalità: è necessario valutare la situazione di ogni singolo individuo. Oggi sappiamo che molti afghani sono rifugiati in Pakistan, ma altrettanti vivono come sfollati in altri Paesi limitrofi o nello stesso Afghanistan. Nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di persone costrette a fuggire da aree controllate o minacciate da milizie di varia natura”, continua Sami. Parlare di “riammissioni di massa in Turchia” – come è emerso dagli ultimi negoziati tra i leader Ue e Ankara – “va contro le più basilari regole del diritto”. “Fortunatamente ieri non c’è stato nessun accordo – precisa Sami – ma il nostro primo appunto è di grande preoccupazione per una serie di decisioni che potrebbero essere contrarie al diritto umanitario internazionale”.

 

Se l’intesa con Ankara dovesse concretizzarsi così come delineata finora, infatti, gli afghani sarebbero le prime vittime di queste “riammissioni di massa”. Questa crisi nella crisi si è già aggravata dopo la decisione congiunta delle polizie di Austria, Croazia, Macedonia, Slovenia e Serbia di lavorare insieme per identificare i migranti nel campo di Gevgelija per poi organizzare il trasporto direttamente verso il confine austriaco, che sarà valicabile soltanto per 3.200 persone al giorno provenienti da “paesi in guerra”. La prima conseguenza – spiega il sito Osservatorio Afghanistan – è stata la chiusura delle frontiere per gli afghani.

Peccato che l’Afghanistan di oggi sia un paese tutt’altro che sicuro, come sintetizza Goran Bilic, responsabile del team di Save the Children per la risposta all’emergenza nell’area balcanica: “Siamo molto preoccupati – ha riferito a MeltingPot – per la recente decisione dell’Europa di chiudere le proprie porte ai rifugiati afghani, specialmente in questo periodo in cui il numero delle vittime civili in Afghanistan ha raggiunto livelli altissimi. Nel solo 2015 un quarto dei civili che hanno perso la vita nel conflitto erano bambini”.

Migranti afghani intervistati dalla Reuters in Turchia hanno denunciato l’impossibilità di accedere, negli ultimi anni, ai colloqui con le agenzie delle Nazioni Unite necessari a determinare formalmente il loro status di rifugiati, un passaggio chiave per un eventuale ricollocamento. Polat Kizildag, coordinator di ASAM, un’organizzazione che si occupa della registrazione dei richiedenti asilo in Turchia, ha spiegato che di solito agli afghani viene detto che sono ineleggibili per lo status di rifugiati perché la Turchia è il terzo paese del loro viaggio, mentre la domanda dovrebbe essere presentata nella seconda tappa, che in molti casi è l’Iran. Ma il guaio è che, come denunciano diverse ong, le forze dell’ordine iraniane deportano migliaia di afghani senza dare loro la possibilità di dimostrare il loro diritto all’asilo, spingendoli così a lasciare il paese il più velocemente possibile. Il ministero afghano dei Rifugiati e dei Rimpatriati stima che siano circa 3mila gli afghani che ogni giorno partono alla volta della Turchia attraverso l’Iran: di questi almeno 2mila vengono rispediti a casa.

Secondo ASAM, solo l’anno scorso più di 63mila afghani sono arrivati in Turchia, un’impennata notevole rispetto ai 15.652 arrivi registrati nel 2014. Un dato che non tiene conto di tutti i migranti non registrati. Alcuni sono arrivati direttamente dall’Afghanistan, altri dall’Iran, dove hanno cercato accoglienza invano. Secondo la Commissione europea, nel corso del 2015 sono state registrate in Turchia 64.109 domande d’asilo; tra queste, oltre 11mila sono state presentate da cittadini afghani, ma solo 459 sono state portate a termine, sia con l’accettazione che con il rifiuto dello status di rifugiato.

L’esodo si spiega con il progressivo peggioramento della situazione, che rende l’Afghanistan un Paese dove è sempre più rischioso vivere: solo nel 2015 oltre 11mila civili sono stati uccisi o feriti. Kabul e altre città afghane hanno subito un’ondata di attentati suicidi e altri attacchi, monito della rinnovata forza acquistata dai talebani dopo il ritiro delle truppe internazionali su diversi fronti. Gli insorti, deposti dal potere con la campagna militare guidata dagli Usa nel 2001, stanno cercando di reimporre la legge islamica, la Shariʿah, nella sua linea più dura. Si stima che oggi controllino o minaccino circa un terzo dell’intero paese.

Secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (IOM), gli afghani compongono il secondo più grande gruppo di richiedenti asilo in Europa, dopo i siriani. Sono in molti anche quelli che tornano in patria, per scelta o – più spesso – per necessità. Secondo dati del Dipartimento afghano per i Rifugiati e i Rimpatri, nel 2015 un totale di 544.016 afghani è ritornato volontariamente o è stato deportato dall’Iran – un numero molto superiore rispetto ai 306.392 del 2014. A questi bisogna aggiungere anche i rimpatri dall’Europa: almeno 145 nel 2015, con Svezia, Germania e Finlandia che hanno intenzione di aumentare i rimpatri forzati nei prossimi mesi. L’IOM ha riferito ad Al Jazeera di aver assistito il ritorno di 960 afghani dall’Europa lo scorso anno. Le pratiche di rimpatrio devono superare un’arena politica complessa, spiega ancora Al Jazeera. L’Afghanistan ha fatto sapere che non intende accettare ‘deportati’ visto che dovrebbero tornare in luoghi non sicuri. I rimpatri sembrano destinati a diventare un argomento sempre più spinoso nei rapporti tra Afghanistan e governi europei, ha spiegato Laurence Hart, a capo della missione dell’IOM in Afghanistan. Il governo afghano ha già respinto numerose richieste di rimpatrio da parte di governi europei.

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