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VITE PREZIOSE: VIVERE E LAVORARE NELLA GUERRA CONTINUA

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Cristiana Cella – attivista CISDA – 2 luglio 2015

2118312793Le truppe che si ritirano, il passaggio di consegne, le elezioni che, bene o male, si concludono con la formazione, dopo sei mesi, del Parlamento, i media che tacciono o sussurrano, l’attenzione che si accende solo sulle stragi. Non basta a far finire una guerra, casomai a dimenticarla. In Afghanistan, dopo 14 anni, la guerra è sempre lì, ogni giorno.

Nulla è stato risolto e tutto quello che è stato messo in moto continua a produrre i suoi effetti devastanti, com’è successo, del resto, in tutti gli altri interventi armati dell’Occidente. Le vittime civili continuano ad aumentare, con il deteriorarsi delle condizioni di sicurezza. Nel 2014, secondo il rapporto annuale di Unama, l’incremento è stato  del 22%, rispetto al 2013. Per le donne, in particolare del 21% e per i bambini del 40%, il dato più straziante. Come quello che riguarda la violenza contro le donne, di cui Hawca si occupa principalmente, che registra un aumento del 25%. Quando non è la casa ad essere una trappola mortale c’è il mondo là fuori. Uscendo di casa la mattina, non si è mai sicuri di tornare. Questo, gli amici afghani  lo hanno sempre detto. Adesso più che mai.

 

Le storie di morte quotidiana sono infinite. Può capitare di morire sulla strada del proprio villaggio mentre, come il giovanissimo Safa, attivista democratico, stai portando la madre all’ospedale. E sulla strada un arrogante signorotto della guerra, che non apprezza le tue idee, sbarra il passo e il futuro con una scarica di kalashnikov. Oppure sulla strada di casa, tornando dai campi, falciati da un bombardamento Nato a caccia di insurgents. O sulla porta di casa propria, come Palwasha, giornalista radiofonica. Un uomo le consegna un invito a un matrimonio e la uccide con un coltello.

O come Farkunda, massacrata da una folla di uomini davanti alla moschea. La notizia del suo assassinio ha fatto il giro del mondo. Ma chi era davvero questa giovane donna ce lo racconta Najib di Hawca, che ci aggiorna sulla situazione del suo paese e sul lavoro della sua Ong. Non era una pazza, come si era detto, né una pericolosa rivoluzionaria. Anzi. Era una studiosa di diritto Coranico e davanti alla moschea c’era già stata.

Quei banchetti proprio non le andavano giù. Ce ne sono tanti, vendono amuleti, a volte solo piccoli pezzi di carta con scritte le parole del Corano. La gente se li mette al collo e si sente protetta. In Afghanistan la paura rende bene. Superstizioni, secondo Farkunda, imbrogli che infinocchiano la gente e offendono i fedeli ed Allah. Un ottimo business per gli uomini accucciati davanti alla loro mercanzia. Farkunda non nasconde la sua opinione e i venditori non apprezzano. Non è la prima volta e non hanno intenzione di farsi fare la morale da una donna. Così urlano contro di lei, accusano e scatenano la bestialità.

Oppure ci si può trovare nel posto sbagliato, nel momento sbagliato. Le strade sono molto pericolose, soprattutto dopo le quattro del pomeriggio. Può succedere di tutto, ad opera di bande, milizie varie dei signori della guerra, talebani e delinquenti comuni. Gli attentati sono aumentati molto negli ultimi sei mesi. ‘La situazione continua a peggiorare, – dice Najib- l’instabilità è forte e i responsabili degli attacchi sono molti e diversi.

Nei sei mesi di stallo nella formazione del governo, dopo le elezioni, i signori della guerra che avevano appoggiato i due candidati, pretendevano posti di governo. Minacciavano apertamente, e realizzavano attacchi per rinforzare il loro peso nella partita. E poi naturalmente ci sono i talebani, che controllano ancora gran parte del paese e  che continuano a colpire fin nel centro di Kabul, come l’attentato di maggio alla Guest House e l’ultimo addirittura al Parlamento. Anche questa è una prova di forza. Ci sono quelli, tra la galassia talebana, con cui il governo cerca di trattare che alzano la posta, o gli irriducibili della jihad ad oltranza.

Negli ultimi mesi è comparsa anche l’IS. Proprio tra questi irriducibili, contrari agli accordi, cercano di reclutare uomini. Ci sono piccoli gruppi, isolati,  racconta Najib, che si sono uniti al califfo, ma niente di ufficiale. Non sempre i talebani sono d’accordo, l’Afghanistan è il loro territorio. Ci vogliono accordi vantaggiosi, e non solo con i talebani. Se IS vuole entrare nel territorio afghano deve per forza  costruire alleanze, anche con i warlords che governano le province. Anche questo processo è in corso e signori della guerra, piccoli e grandi, potrebbero essere interessati. La presenza dell’IS, secondo Najib, fa gioco anche agli Usa, presenti ancora nelle basi aeree e con un contingente di 10.000 uomini.

Da una parte cercano di neutralizzare i talebani, con il coinvolgimento nel Governo, per minimizzare l’evidente sconfitta, e, dall’altra, la comparsa del nuovo pericolo IS potrà giustificare, ancora per molto tempo, la permanenza delle truppe. L’esercito afghano non riesce nemmeno a controllare il centro della capitale, figuriamoci come se la può cavare con l’IS!’ Quello che rimane stabile è il controllo del territorio da parte dei warlords che governano le province, con la brutalità delle loro armi e con le regole feroci della sharia.  Qualcuno aveva sperato nel passare del tempo. I warlords, responsabili di efferati crimini nel passato e nel presente, sono invecchiati. Il tempo passa per tutti. Ma la speranza che qualcosa possa cambiare è esclusa, da Najib, categoricamente. ’La nuova generazione è ancora più pericolosa.

La storia di sangue dei vecchi warlords il popolo afghano la conosce bene. Sanno chi sono e quanto siano pericolosi. Questi giovani, educati in occidente, sbarbati, eleganti, senza delitti sulle spalle, che sanno parlare e usare i media (possiedono complessivamente almeno 25 televisioni, ognuno le sue) sono più difficili da smascherare. Dietro di loro la macchina dei warlords e druglords è sempre la stessa, ma la gente potrebbe cascarci e dar loro fiducia.’

Come lavora Hawca, in una situazione così? ‘A Kabul si riesce ancora a portare avanti i progetti regolarmente. Ma nelle province è sempre più difficile. Le minacce e i ricatti sono quotidiani. Qui il Governo è molto debole e gruppi e bande di delinquenti controllano il territorio alle dipendenze del wl locale. Possono chiederti qualunque cosa. O fai il progetto come vogliono loro o chiudi. Si devono trovare mediazioni, in genere vogliono i loro profitti. Mettono in campo ostacoli continui, pastoie burocratiche, minacce e poi chiedono soldi, tanti. Noi non siamo d’accordo, non abbiamo mai ceduto, non alimenteremo mai questo gioco di corruzione.’ Le strategie di difesa sono fondamentalmente due. La copertura del Governo e dei Ministeri, l’ufficialità del progetto, sono una protezione abbastanza efficace. Mala vera strategia vincente, quella che Hawca continua a promuovere da anni, è l’appoggio della popolazione locale.

‘Conquistarci la fiducia della comunità è difficile ma è un sostegno formidabile. Complicato, in questo momento in cui la gente non si fida delle Ong, che hanno, spesso, ricevuto i soldi a nome loro e se li sono intascati. Quando, invece, vedono quello che fai e capiscono che i progetti sono utili per  la comunità, sono proprio loro a difenderli. Quando si trovano davanti una scuola efficiente, un ospedale, dei corsi, si rendono conto che imparano e vivono meglio, allora cambia anche il modo di pensare. La mobilitazione della popolazione quando è decisa e nutrita, è un problema anche per i wl. Lo abbiamo verificato molte volte. Il successo dei nostri progetti è legato alla fiducia della gente’. Sì, perché, e questo è finalmente un dato positivo che Najib ci porta, la popolazione afghana si è accorta che una dura protesta popolare può avere effetto sul governo e sui padroni del territorio.

Il coraggio di protestare per gli abusi e difendere le proprie conquiste sono fatti nuovi nel paese e continuano a crescere. Lo si è visto proprio dopo l’assassinio di Farkunda e in altre occasioni di violenze, dove la mobilitazione popolare ha spinto il governo ad agire.  ‘La consapevolezza della propria forza – afferma Najib- è aumentata negli ultimi tempi e il successo, via via, indebolisce la paura. Naturalmente è un processo in corso soprattutto a Kabul e nelle città ma anche nelle province qualcosa comincia a muoversi.’

Per un aggiornamento a luglio 2015 del Progetto Vite Preziose CLICCA QUI

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