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Talebani: l’attrazione del Daesh

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dal blog di Enrico Campofreda – 23 Febbraio 2015

ttpStoriografi e cronisti del jihadismo afghano e dei Warlords con la maiuscola presenti negli annali d’una guerra pluritrentennale devono aggiornare i taccuini. Da qualche mese l’Isis insinua i suoi progetti anche nel cuore dell’Asia per erodere, convertire, trasformare, cooptare. E fare “campagna acquisti” di combattenti.

Una formidabile concorrenza all’antico strapotere degli storici signori della guerra modello Sayyaf e Dostum, da tempo integrati nel sistema dell’affarismo armato che s’è piazzato nelle istituzioni con cariche onorifiche. Il Califfato va oltre e vuole tutto. Getta il seme, in quei feudi chiamate province afghane, nelle intoccabili lande delle aree tribali, sfidando gli stessi talebani cui ruba miliziani e leader.

È già accaduto dalla scorsa estate nel nord Waziristan dove l’esercito pakistano conduce azioni repressive a tuttotondo. Lì si sono viste azioni ribelli sotto la sigla Daesh, tanto che è ormai ufficiale il tentativo di convergenza fra una parte dei clan talebani (Shura di Quetta) e le leadership di Kabul e Islamabad che avvicinano i turbanti per un interesse quasi comune.

A fine gennaio lo Stato Islamico ha anche annunciato la propria espansione nella regione del Khorasan, parte nord orientale dell’Iran che confina col Turkmenistan. È la sua prima diffusione fuori da nazioni islamiche del mondo arabo.

 

Uno degli esempi più evidenti delle acquisizioni del Daesh in Afghanistan è venuto a mancare di recente. Si trattava d’un leader significativo per i trascorsi militanti: il comandante Rauf Khadem, colpito mortalmente da un drone statunitense, prima vittima di peso dopo l’annunciato ridimensionamento della missione Isaf. Khadem era stato a lungo un capo militare talebano, sia nell’epoca del regime dei turbanti sia nella seguente fase della resistenza all’invasione Nato. Catturato era finito prigioniero a Guantanamo Bay per poi essere sorprendentemente rilasciato nel 2007 e tornare sui campi di battaglia afghani. Ma nel rientro mostrava tendenze salafite abbracciate durante i contatti avuti con altri detenuti nel supercarcere della Cia a Cuba

guerriglieri daesh nel khorasan 1024x532Per questo era caduto in disgrazia fra i vecchi compagni d’arme che non accettavano la trasformazione. Tutti i sunniti afghani, compresi i Taliban, considerano la scuola hanafita la fonte della propria dottrina e disdegnano altre componenti come le nuove posizioni islamiche di Khadem. Lui s’era orientato verso il jihadismo marchiato dallo Stato Islamico, creava una cellula nella provincia di Helmand, e meditava d’allargarsi a Nawzad, Baghran fino ad alcune aree della federazione delle aree tribali. La sua uccisione ha solo fermato l’ampliamento dei rapporti fra una parte dei Taliban e il Daesh, non l’ha interrotto.

Ci sono anche sospetti che qualche uomo dell’Isis l’abbia venduto ai killer, ma nulla è certo. Analisti sostengono che non è ancora chiaro come l’Is risponderà alla perdita. Khadem non è affatto un caso isolato, altri emuli sono già pronti. Fra essi Saeed Khan, conosciuto col nome di mullah Orakzai e proveniente dall’ononima area tribale, viene considerato come uno dei più sanguinari e motivati nuovi signori della guerra dell’Asia centrale. Khan s’è formato nella scuola clericale Mulana Shabit, quindi nella Darululoom Islamia Hangue.

Dopo aver combattuto contro le truppe Nato e aver assistito al trapasso di alcuni capi talebani delle Fata, dallo scorso ottobre si presenta nella veste di leader dei nuovi gruppi vicini al califfo Al-Baghdadi nelle zone di confine fra Afghanistan e Pakistan, con possibili progetti anche verso l’India e il Bangladesh. Un dispaccio dell’Isis lo nomina unilateralmente governatore e alcuni comandanti dei Tehreek-e Taliban voltando le spalle alle varie Shure gli hanno giurato fedeltà. Altre defezioni di comandanti si registrano nella provincia di Farah dove i fratelli Abdul Maleq e Abdul Razek si sono orientati anch’essi verso il salafismo, confermando come la galassia dell’insorgenza sia in subbuglio e stia rinnovando gerarchie e orientamenti conflittuali.

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