Skip to main content

Se le scuole tornano nel mirino dei talebani

|

Lorenzo  Cremonesi  Corriere della Sera – 14 giugno 2015

Afghan news 300x150Cosa c’è di più facile e vigliacco che avvelenare col gas delle ragazzine chiuse in una scuola afghana? Facile per il motivo che nella regione abbondano le armi di ogni tipo, comprese quelle artigianali a base di gas. E vigliacco perché le vittime non possono e non sanno difendersi.

Non si rischia praticamente nulla. È sufficiente una finestra aperta: si tira l’ordigno, poi la fuga. Ciò che è accaduto ieri mattina alla scuola femminile Istiqlal di Herat conferma una tendenza di fondo: i talebani assieme ai gruppi radicali islamici (compresi ormai elementi che si dicono ispirati da Isis) hanno ripreso la loro guerra contro la scolarizzazione femminile. All’ospedale di Herat (dove tra l’altro è situata la base del contingente italiano) segnalano il ricovero di una cinquantina di studentesse con «sintomi da avvelenamento provocati da una sostanza imprecisata».

 

Va anche aggiunto che il fatto non è per nulla nuovo. Sono almeno quattro anni che i casi di attacchi contro le studentesse sono in aumento sia in Afghanistan che nel limitrofo Pakistan nordoccidentale. In questo senso, l’aggressione armata contro Malala nel 2012 fu il campanello di allarme per un fenomeno già in crescita. Il 21 marzo 2013 ben 74 studentesse riportarono sintomi da avvelenamento nella scuola secondaria Bibi Hawa, a Taluquan, nella regione afghana di Takhar che confina con l’Uzbekistan.

Fu una delle riprove che i talebani erano tornati nell’Afghanistan settentrionale. Da allora la stampa di Kabul, ma anche i giornalisti pachistani di Peshawar, riportano l’incremento di casi di aggressioni con l?acido contro le studentesse per la strada, sugli autobus. Molti di questi sono incidenti isolati, che le stesse famiglie o le comunità nei villaggi più remoti tendono a nascondere. Ma pare che la conseguenza diretta nelle regioni dove la guerriglia prevale sia la chiusura delle scuole per periodi più o meno lunghi. Lo confermano in primis le studentesse nel campus dell’università di Kabul. Tante vengono dalle province e confessano che solo nella capitale oggi sono al sicuro.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *