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RACCONTI DAL KURDISTAN: INTERVISTA A ZEYNEP E ŞEVDA

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savekobani 599x275 300x137Sono giovani, belle, con gli occhi brillanti per l’entusiasmo delle vittorie recenti del loro popolo, i curdi. Le incontro a Firenze, qualche giorno fa. Il nuovo attacco dell’IS non è ancora stato sferrato sulla città di Kobane. Zeynep Kurban è un’attivista del HDP, il partito turco, a maggioranza curda, che ha ottenuto il grande successo del 13%, nelle ultime elezioni.

È medico, lavora all’Università, vive a Londra, da dove coordina gli aiuti umanitari per i profughi del Rojava. È in Italia, invitata dalla Casa delle Donne di Milano, per raccontare la sua esperienza. Şevda Sunmez è segretaria e membro del direttivo dell’Associazione Mezzaluna Rossa Kurdistan Italia onlus, (www.mezzalunarossakurdistan.org) la più grande organizzazione umanitaria per il Kurdistan, attiva in Germania dal ’93.

La sede italiana è stata costituita a gennaio, a Livorno. Raccolgono fondi e beni di prima necessità che consegnano direttamente nel Rojava. E’ proprio lì che le due giovani donne si sono incontrate, nel comune lavoro. Il nuovo attacco dell’IS è preoccupante, soprattutto perché, mi raccontano, sono più di 90.000 i civili rientrati nella città, dai campi profughi di Suruç, Ecco come si vive nella città attaccata all’alba di ieri.

È una situazione difficilissima – racconta Zeynep -. Kobane è distrutta per l’80%, case, scuole, ospedali, centrali elettriche. Non si può ricostruire, in 5 mesi non è cambiato granché. Mancano i materiali per l’edilizia e le attrezzature. Manca il carburante, soprattutto per i generatori, senza gasolio non funziona niente. Non può passare il confine turco, non esiste un corridoio umanitario né di altro genere. Ma il problema maggiore adesso è l’acqua.

Senz’acqua si diffondono malattie, soprattutto della pelle. Stiamo cercando di sviluppare un progetto per fargli avere energia solare. La città, poi, è ancora pericolosa, per le mine e gli esplosivi che IS si è lasciata dietro. Le persone continuano a morire per questo. Nonostante tutto ciò, la gente preferisce tornare nel proprio territorio e vivere in mezzo alle rovine della propria casa, piuttosto che nelle piccole tende in Turchia. Adesso è estate, non è troppo freddo e possono dormire all’aperto.

Qualche ora fa sento Şevda al telefono.
Non abbiamo ancora notizie dirette ma sembra che, per ora, i miliziani non siano entrati stabilmente dentro la città, i combattimenti sono in corso. Certamente YPG e YPJ, le Unità di protezione del popolo, erano preparati a un eventuale contrattacco, sanno bene che le conquiste, in questa situazione, non sono stabili. Ma questo è stato un attacco non convenzionale, con i camion bomba e i miliziani travestiti con le divise dell’esercito libero siriano, alleato dei curdi. Per noi è chiaro che sono entrati dal confine con la Turchia.
C’era, comunque, da aspettarselo. IS non sarebbe stata a guardare. La sconfitta a Tal Abyad è stata pesante e i curdi puntano a Raqqa, mancano solo 50 chilometri. La manovra su Kobane è anche un tentativo di distoglierli da questa meta.

Ma con Zeyneb e Şevda, tre giorni fa, si parlava solo di vittorie. Tal Abyad, appunto.
La liberazione di Tal Abyad-  dice Zeynep – è importante da due punti di vista. Primo, è una grossa sconfitta per IS. Tal Abyad era un punto strategico fondamentale per loro, è sul confine turco e, attraverso il confine, IS faceva passare i rifornimenti, di uomini e di armi, con l’aiuto dell’intelligence turca. Adesso hanno perso la principale via di rifornimento per tutta la Siria del Nord, non solo per il Rojava. Sono costretti ad andare molto più lontano, non è un problema da poco. Secondo, questa vittoria è molto importante per i combattenti curdi, perché adesso i due cantoni del Rojava, Kobane e Gezira, sono collegati. I rifornimenti per la popolazione e per i combattenti possono arrivare direttamente da lì, il più grande e stabile tra i tre cantoni. Questo vale anche per i combattenti. Raggiungere Kobane dalla frontiera turca è impossibile ma adesso possono farlo da Gezira e dall’Irak.

Speriamo che questo aiuti anche la battaglia in corso. Cosa e chi passa dalla frontiera turca?
Solo chi ha documenti turchi può passare il confine- racconta Zeynep- Gli stranieri sono respinti o arrestati se passano clandestinamente. Questo vale anche per i tecnici stranieri che potrebbero aiutarci nel delicatissimo lavoro di sminamento della città. Anche loro non passano. Né materiale o attrezzature per la ricostruzione. I rifornimenti di cibo arrivano col contagocce, molto lentamente. Anche per le medicine e il materiale sanitario è difficile, rimangono per molto tempo al confine e i turchi creano sempre nuovi ostacoli per far passare gli aiuti dell’Europa. Le grandi organizzazioni internazionali non possono lavorare direttamente con i curdi. Qualsiasi aiuto deve passare dal Governo turco che poi lo distribuisce. Questo crea ulteriori difficoltà. Adesso, spero, le cose miglioreranno con la conquista di Tal Abyad .

Dunque, dalla frontiera turca non può passare niente che sostenga la lotta dei curdi contro IS. Ma la frontiera, invece, sembra essere molto permeabile per i miliziani del Califfo.
Sì, è così, dice Şevda. Per noi è chiaro che IS ha l’appoggio della Turchia. Ti faccio un esempio. Una settimana fa, quando ancora erano in corso i combattimenti a Tal Abyad, la popolazione scappava, cercando di attraversare il valico di frontiera verso la Turchia. In mezzo a loro, c’erano molti combattenti di IS. Stavano perdendo la battaglia e attraversavano il confine, con i loro fucili e le loro uniformi. Ce l’hanno raccontato i rifugiati. Stavano di fianco alla folla in fuga, e camminavano, tranquilli e rilassati, verso il confine. La polizia turca li lasciava passare senza problemi. Per noi, dalla battaglia di Kobane, è stato sempre molto chiaro che la Turchia appoggiava e appoggia IS. ‘

I combattenti curdi sono alleati sul terreno ad alcuni gruppi dell’Esercito Siriano Libero. Nelle aree occupate da IS, c’è qualcosa che si possa paragonare ai combattenti curdi, una resistenza della popolazione?
Non è facile- sostengono Şevda e Zenyep- per la popolazione siriana creare gruppi di resistenza. Per IS la prima guerra è quella psicologica e la prima arma è la paura. Appena entrano in un villaggio, tagliano le teste, stuprano le donne, uccidono i bambini e, nei villaggi vicini, la gente pensa a scappare, a mettere in salvo la famiglia. I curdi invece sono più preparati perché hanno alle spalle molti anni di lotta, purtroppo è così. Hanno imparato a combattere. I gruppi di resistenza democratica siriana che combattono con i curdi sono una minoranza ma ci sono. Sono forze siriane che combattono IS e anche Assad. Tal Abyad è stata liberata anche con loro. Noi stiamo cercando di aiutare tutti in Siria e la gente adesso lo sa. Dopo la liberazione dei cantoni del Rojava, YPG e YPJ sono rimasti a combattere e continuano la lotta, hanno deciso di resistere fino alla fine. Non combattiamo solo per i curdi ma per tutte le altre etnie.

I combattenti curdi stanno dimostrando che opporsi a IS è possibile. Daesh è davvero un mostro invincibile, come viene descritto in Occidente o ci sono delle esagerazioni?
‘Forse sì, ci sono esagerazioni- conviene Şevda-anche loro, hanno i loro punti deboli. Come dicevo, la loro battaglia psicologica è molto efficace. Fanno paura, con le loro armi, con la ferocia, con la pubblicità on line e perfino con il look. E questa è già una battaglia vinta. E poi, naturalmente, hanno delle armi molto potenti. All’inizio YPG e YPJ avevano soltanto vecchi kalashnikov. Forse però i miliziani di IS non sono molto ben organizzati militarmente, non hanno un buon addestramento alla guerra. Prendono il fucile e iniziano a sparare. Le nostre donne e i nostri uomini combattenti sono molto più preparati.’
‘In questa guerra- aggiunge Zeynep- ci vuole molta resistenza e solidarietà reciproca. È E’ una guerra estenuante. Si combatte casa per casa, anche all’interno della stessa casa, stanza per stanza, per settimane, come a Stalingrado. Non sono mai battaglie aperte. E questo, spesso, senza niente da mangiare, per giorni, e dormendo magari due o tre ore per notte. Devi stare all’erta tutto il tempo per i loro attacchi, e questo per mesi, senza mai poter abbassare la guardia. I miliziani del Califfo non sono ben addestrati a questo.’

Sembra anche che gli uomini di IS abbiano paura delle donne curde combattenti.
Şevda sorride, è vero, dice. ‘Sono esaltati dalla jihad e convinti che se vengono uccisi in combattimento andranno in Paradiso. Se poi uccidono, avranno il riconoscimento per loro e la loro famiglia dai loro capi. Ma se sono uccisi da una donna, ecco che si aprono le porte dell’Inferno. E’ una vergogna terribile. Quando se le trovano davanti, si mettono a sparare all’impazzata o scappano.’ Ecco cosa racconta una combattente di YPJ a Şevda’ Vedevo davanti a me questo combattente di Is che mi correva addosso, come un pazzo, con il fucile in mano e continuava a correre, senza controllo.’

Sul terreno, dunque, in Siria, la guerra continua, feroce e ancora incerta. Ma in Turchia la vittoria politica è salda e ricca di speranze e prospettive per il futuro. Chiedo alle mie interlocutrici, chi rappresenta l’HDP.
HDP è un partito democratico, sostiene Şevda- in gran parte formato da curdi turchi, ma ci sono anche altri movimenti e sono rappresentate diverse etnie, turkmeni, iazidi, arabi, ebrei, armeni, zingari. E anche diverse religioni. I curdi turchi sono in maggioranza musulmani ma ci sono anche cristiani, alauiti, iazidi, piccoli gruppi che hanno mantenuto la loro religione antichissima, la prima religione curda pre- islamica e risale a Zoroastro. Tutti quanti sono rappresentati nell’HDP.
Naturalmente i curdi sono la maggioranza, il 60%. Sono entrati in Parlamento con 6 milioni di voti. Nel Kurdistan, per la prima volta, sono il primo partito, battendo clamorosamente l’AKP, di Erdogan. In questa regione, hanno votato per HDP l’80% degli elettori. Il 20% dei curdi ha scelto ancora il partito religioso di Erdogan.

Ora l’HDP ha 82 deputati in Parlamento, di cui 31 donne. Qual è il vostro programma?
È una soddisfazione molto grande per noi! Il progetto politico è quello di portare la vera democrazia in Turchia. Vogliamo far capire a tutti che in un paese non ci devono essere persone da governare ma che si può vivere tutti quanti insieme, autogovernandosi. C’è anche la nostra grande speranza, quella di liberare il nostro leader Oçalan, che è stato arrestato nel ’99. Ci sono trattative in corso.

Apparentemente, dopo questa affermazione elettorale, potrebbe sembrare più facile trattare. Ma Şevda e Zenyep sanno bene che questa vittoria è solo l’inizio e che il futuro non sarà in discesa.
La prova di forza non è affatto finita, sostiene Şevda, perché ora inizia quella più dura. È stata una pesante sconfitta per Erdogan e la sconfitta produce rabbia e frustrazione pericolose. Può tirar fuori i metodi peggiori per indebolire i curdi che sono entrati in Parlamento. Ci vuole tanta resistenza prima delle elezioni ma, ora, la vigilanza e la resistenza devono essere raddoppiate.

Erdogan, davvero, non se l’aspettava questa vittoria.
Erdogan- aggiunge Zeynep- era convinto di portare in Parlamento 400 deputati, tutti di AKP . Con la maggioranza, poteva imporre la Repubblica Presidenziale e comandare da solo, come un sultano. Il suo è un progetto di lungo termine, non solo per pochi governi, ma per trasformare la storia dell’area. Erdogan ha una missione, vuole fare in modo che la Turchia diventi un grande potere islamico con l’egemonia in Medio Oriente. Ma le cose non sembrano andargli per il verso giusto.
Prima di tutto c’è il successo dei curdi a rovinargli la festa. E l’affermazione dei curdi è per lui un grosso problema politico. Poi, recentemente, ha perso un forte alleato, il Gülan Mouvement. Si tratta di un movimento islamico , con a capo un religioso, un imam, che è, probabilmente, la persona islamica più influente del mondo. Hanno sedi ovunque, anche negli Usa, sono presenti in 200 paesi, con scuole islamiche, sunnite. Hanno educato moltissimi giovani, soprattutto nelle discipline scientifiche.
Questa persona, con il suo movimento, ha sostenuto Erdogan nel passato. Negli ultimi due anni, l’alleanza si è rotta e il movimento ha cercato di indebolirlo. Ha rivelato, con registrazioni e documenti, nel 2013, frodi e corruzione a carico del partito di Erdogan. Anche loro, comunque, sono contro il movimento dei curdi. Perché il movimento dei curdi è un movimento libero e democratico e nessuno ha interesse a perdere il potere in favore della democrazia.

In effetti, Erdogan ha già tentato di screditare i curdi dicendo che praticano la pulizia etnica contro gli arabi.Sì, infatti, dice Zeynep, e adesso vuole mettersi in coalizione con il partito dei lupi grigi, dei razzisti, il Partito del Movimento Nazionalista, l’MHP. Vediamo cosa succederà se si stabilisce questa coalizione.

Cosa si aspetta l’HDP da questo successo?
Adesso HDP ha l’opportunità di far vedere davvero quello che riesce a fare. Prima era solo opposizione, non aveva un ruolo nel governo e non poteva mostrare chiaramente i suoi scopi. C’erano persone che non si fidavano del partito per via dei suoi legami con il PKK. Ora vedranno che il partito, nel suo nuovo ruolo ufficiale di opposizione a Erdogan, lavora per la democratizzazione del paese. Ci aspettiamo che queste persone ci sostengano ancora di più nelle prossime elezioni. Il partito di opposizione più forte era, in termini di voti, non di azioni di contrasto, fino ad adesso, il partito repubblicano CHP, che ha avuto il 25% dei voti in queste elezioni. Chi vuole contrastare il progetto politico di Erdogan voterà sempre di più per noi, lasciando il CHP, perché vedranno che è sempre più forte e si batte per i diritti di tutti, non solo per i curdi.

Dunque il forte legame di HDP con Oçalan è un problema per gli elettori turchi. Pensi che continuerà ad esserlo?
È il maggior problema per gli elettori turchi. Ma quando vedranno l’azione politica che porteremo avanti, la gente si fiderà sempre di più e aumenteranno i voti.

Prima delle elezioni, il vostro partito è stato colpito con diversi attentati, il peggiore a Djarbakir, a due giorni dal voto. Cosa ne pensate?
Non è affatto chiaro chi sia stato- dice Şevda-. C’è chi dice che potrebbe essere stato un uomo di IS a mettere la bomba, che avrebbe passato il check point con un mezzo che vendeva cibo. Potrebbe essere passato con questa copertura. Ma ci sono anche sospetti in altre direzioni, sulla polizia e sul Governo. Ci chiediamo perché la notizia di questa bomba non è stata data sui media turchi, ne hanno parlato solo i canali più democratici, due. Le notizie sono state date su Twitter ma il governo turco non ha detto niente. C’è un episodio molto sospetto di cui è stata data notizia. Due giorni prima dell’attacco, la Prefettura ha mandato un messaggio all’ospedale di Djarbakir, dicendo che dovevano aumentare le loro forze nell’ospedale perché prevedevano che, presto, ci sarebbero stati molti feriti.
Questo messaggio era scritto ed è stato anche pubblicato. Lo scopo doveva essere quello di suscitare reazioni violente. Si aspettavano che in ogni parte della Turchia i curdi sarebbero usciti in strada a protestare e combattere e creare disordini gravi. Avremmo avuto altri morti altri feriti, le elezioni sarebbero state molto difficili e il partito forse avrebbe perso voti. E’ come mostrare che i curdi e il loro partito sono violenti e terroristi. Ma i militanti di HDP non sono caduti in questa provocazione e Demirtas ha pregato tutta la popolazione di stare ferma e tranquilla e non cadere in questo gioco, tutto a danno del partito.

Anche la sera delle elezioni ci sono state delle intimidazioni. Ce lo racconta Şevda.
In Turchia c’è un partito islamista, piccoli gruppi, che avevano già organizzato qualcosa. La sera delle elezioni è arrivato un messaggio ai militanti di non uscire per strada a festeggiare, di stare il più tranquilli possibile perché ci sarebbero stati dei problemi. La vittoria dei curdi avrebbe provocato la reazione di chi è contro di noi. Infatti, uno o due giorni dopo le elezioni, abbiamo perso altre tre persone che sono state ammazzate nelle loro case. Hanno bussato alla porta e, quando gli hanno aperto, hanno sparato. Non si sa chi sono gli aggressori. Si trattava di attivisti normali, che davano solo una mano al partito. Anche qui lo scopo è sempre lo stesso: cercare di fomentare una protesta violenta per screditare il partito. Per fortuna gli attivisti hanno calmato qualsiasi possibile reazione e non è successo niente.

Si sentono gli effetti del governo islamista di Erdogan nella vita quotidiana delle donne turche?
Sì, constata Şevda, le donne velate sono aumentate in Turchia come le scuole islamiche. Sono molti i bambini che le frequentano. Ma, adesso che siamo in Parlamento, possiamo cercare di cambiare le cose. E’ una grande sfida. L’islamismo è come un veleno.

La grande importanza data al ruolo delle donne è una scelta politica recente o c’è anche una tradizione precedente tra i curdi?
Per i curdi la donna ha molto significato, come una sorta di sacralità. Quando, ad esempio, è stato attaccata Shingal dall’IS, il paese degli iazidi, dove sono state rapite tantissime donne, c’è stato un grande terremoto tra i curdi, era una cosa insopportabile. Anche Oçalan, il nostro leader, lo dice: finché non si liberano le donne non si può liberare un paese. Infatti, nel partito, abbiamo il ruolo doppio con una donna e un uomo e noi diciamo dove c’è una donna c’è un uomo, perché la donna viene per prima. Nella nostra tradizione c’è da sempre un maggiore rispetto per la donna e una maggiore consapevolezza della sua forza.

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