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Afghanistan, record di sempre per l’oppio, e dalla Colombia aumenta l’export di coca

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L’Espresso – 9 luglio 2015

imageDall’inizio della guerra la coltivazione di papaveri è cresciuta trenta volte. Così l’eroina costa meno e uccide di più, passando anche dall’Italia. Mentre i consumi cambiano.

Immaginate tutti i vigneti di Piemonte, Lombardia, Toscana, Veneto e Friuli Venezia Giulia insieme convertiti a produrre oppiacei su scala globale. È l’estensione delle coltivazioni di papaveri da oppio raggiunta dall’Afghanistan nel 2014, il massimo di sempre, almeno da quando esistono le statistiche: 224mila ettari di terra messi a reddito per diventare oppio, eroina o morfina nelle vene di uomini e donne di tutto il mondo. Una corrente mondiale che passa in buona parte dai porti europei. E dall’Italia.

Sono i dati raccolti nell’ultimo rapporto dell’ufficio “droghe e crimine” delle Nazioni Unite. Pagine e grafici che mostrano un mercato florido e sempre più conveniente. Dalla Colombia – dove, nonostante i miliardi spesi per la “War on drugs” americana in fumigazioni e controlli, i fatturati dell’export di cocaina sono raddoppiati nell’ultimo anno – all’Afghanistan appunto, dove dieci anni di guerra hanno portato le coltivazioni di oppio ad aumentare di trenta volte, passando dal minimo di 7mila ettari raggiunto nel 2001 al record senza precedenti di oggi, corroborato da un calo delle azioni di “sradicamento” delle piantagioni e dalle esportazioni facili.
Con il boom delle coltivazioni in Afghanistan, raddoppiate solo dal 2010 ad oggi, e la rincorsa nella produzione di paesi come Laos e  Birmania, il volume totale di oppio essicato che circola nel mondo ha superato le settemila tonnellate all’anno. Il consumo dei prodotti derivati inizia già localmente. Ma è l’esportazione a valere: verso la Cina, dove sono in aumento i consumatori. E verso l’Occidente, dove i traffici cambiano strada seguendo i buchi nei controlli.

Il muro alzato dall’Iran, ad esempio, che ha aumentato i sequestri e reso più dura la repressione ai trafficanti, ha portato gli oppiacei a viaggiare preferibilmente a Sud, dal Pakistan e da lì all’Africa quindi all’Europa. La rotta lungo Turchia e poi Balcani resta, ma la concorrenza di quella mediterranea è forte: solo pochi giorni fa la Guardia di Finanza ha fermato a 27 miglia da Pantelleria un peschereccio che trasportava sei tonnellate di stupefacenti. Oltre all’Italia e agli altri approdi da Sud, sono Belgio e Olanda ad aver intercettato i pacchi maggiori di oppio e derivati importati illegalmente lo scorso anno.
Secondo gli analisti delle Nazioni Unite però, a questa esplosione produttiva non corrisponde per ora un aumento di tossicodipendenti globali. Che sarebbero invece rimasti stabili. Risultato: un eccesso di offerta. In Gran Bretagna il prezzo dell’eroina è sceso da 30mila a 28mila sterline al chilo e la purezza della sostanza da iniettare aumentata. Causando così maggiori morti correlate all’abuso.

Cambiano anche i modelli di consumo. La nuova “stagnola” infatti sembra esser diventata la ricetta medica: negli Stati Uniti le morti da overdose di “painkillers”, farmaci contenenti oppioidi prescritti abusivamente, continuano ad aumentare, soprattutto fra le donne, così come i decessi correlati all’eroina, passati da 5mila e 900 del 2012 agli oltre 8mila del 2013. E la tendenza a nascondere la dipendenza dietro la richiesta di cure è in aumento anche in Australia, dove l’uso improprio delle prescrizioni per morfine light continua a crescere esponenzialmente, mentre diminuiscono i casi di chi si nasconde a bucarsi.

Colombia: ecco le aree dove si coltiva la coca
Non è solo il papavero a conquistare palmi di terra. Anche la cocaina in Sud America sta vivendo una nuova primavera. Le aree di coltivazione di foglie di coca in Colombia sono raddoppiate lo scorso anno, passando da 48mila a 69mila ettari. È aumentata così la produzione, ma senza inflazionare il mercato: il valore delle esportazioni di foglie, pasta, e base di cocaina sono passati da 292 milioni di dollari stimati nel 2013 a 408 milioni nel 2013. Per le 64.500 famiglie che vivono di questo secondo le statistiche, significa un reddito medio annuale di 1.160 dollari. Sembra nulla, ma è già l’11 per cento in più dell’anno scorso. Per calcolare questi dati, i ricercatori delle Nazioni Unite hanno usato soprattutto immagini satellitari, capaci di fotografare dall’alto il disboscamento capillare delle nuove piantagioni, e così la loro collocazione, come mostrano queste mappe.

Lo sviluppo alternativo alla coca in Colombia
I dati sono chiari sul fallimento della ventennale “War on dugs” americana spesa a forza di miliardi in fumigazioni (la distribuzione dall’alto di diserbanti sulle coltivazioni) e addestramenti militari in Colombia. Le stesse Nazioni Unite nel rapporto indicano una sola via d’uscita alla rincorsa di un mercato facile e sicuro come quello della droga: le riconversioni agricole. I progetti di produzioni alternative per aiutare le famiglie contadine a intraprendere strade legali sono sempre di più e sembrano avere effetti duraturi là dove sono incentivati. Permettendo così alle comunità di vivere di caffè, cacao, allevamento, anziché di foglie di Coca.

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