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«L’Afghanistan resta una base Usa»

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di Giuliana Sgrena – 11 novembre 2014 –  Globalist

RAWALogo2 150x150 copyMartedì 8 ottobre sono stati impiccati a Kabul cinque uomini ritenuti responsabili dello stupro di quattro donne avvenuto il 23 agosto scorso. A nulla sono serviti gli appelli di Amnesty international per evitare l’esecuzione, ma non si tratta certo di una eccezione in Afghanistan.

«È però la prima volta negli ultimi tredici anni che qualcuno viene condannato per uno stupro. Le violenze contro le donne sono all’ordine del giorno in Afghanistan, ma non sono mai punite, anzi a volte sono le vittime ad essere incarcerate», sostiene Mariam Rawi di Rawa (Revolutionary association of the women of Afghanistan) appena arrivata in Italia su invito del Cisda.

Secondo Mariam tuttavia ad essere impiccati non sarebbero i veri responsabili dello stupro, a compiere l’orrenda violenza sarebbero stati due comandanti al servizio e protetti dal leader fondamentalista Sayyaf. Ora sarebbero fuggiti all’estero. Con Mariam Rawi abbiamo parlato anche delle novità portate dal nuovo governo.

Il primo atto del nuovo presidente afghano, Ghani, è stata la firma dell’accordo Usa-Afghanistan che Karzai si era rifiutato di sottoscrivere. L’Accordo permette agli Usa di mantenere in Afghanistan circa 10.000 uomini (più altri 5.000 della Nato) dopo il ritiro previsto alla fine dell’anno.

Questo accordo rappresenta la legalizzazione della presenza Usa in Afghanistan. Anche se l’accordo non fosse stato firmato non credo che gli americani se ne sarebbero andati. Hanno una presenza militare, interessi economici e hanno investito molti soldi, quindi vogliono trarne dei benefici. Le basi militari permetteno anche il controllo del traffico della droga. Con l’accordo gli americani possono fare e stare quanto vogliono. La differenza rispetto al passato è che quando c’è una occupazione c’è anche resistenza. Ora c’è solo molta confusione.

Soprattutto, con la garanzia di impunità per i militari le truppe Usa hanno le mani libere per commettere qualsiasi crimine contro la popolazione. Si tratta di un patto tra un padrone e un servo ed è chiaro che a beneficiarne saranno solo gli Usa. Inoltre questo accordo ha un grande impatto sulla regione, soprattutto nei confronti dei nostri vicini come Cina e Russia. Nel caso di una guerra con i paesi della regione l’Afghanistan sarà la base militare per gli Usa.

 

Ci sono state reazioni?

Due tipi: una minoranza di afghani – costituita da intellettuali che hanno servito Karzai, gli Usa e i signori della guerra, oppure Ong – apprezza l’accordo perché cambierà il destino dell’Aghanistan. Ma per la maggioranza della popolazione – dai negozianti, ai taxisti alla gente senza istruzione – non ci sarà nessun cambiamento positivo, anzi sostengono che il nostro governo ha svenduto l’Afghanistan. Quindi è contraria.

Con il nuovo governo la situazione non migliora rispetto ai tempi di Karzai.

Dopo le elezioni, false e truccate, ci sono stati sei mesi di crisi con trattative, dietro le quali vi erano le forze straniere che volevano rimettere insieme i vari gruppi che hanno servito gli Usa. Il nuovo governo non rappresenta il popolo afghano e non può essere unito, perché è sostenuto dai peggiori elementi – signori della guerra e comandanti, tra i quali lo sfidante di Ghani Abdullah con poteri da premier e Dostum vice-presidente – in perenne lotta tra di loro. Non si conosce ancora la formazione del gabinetto, ma c’è una guerra sotterranea tra criminali fondamentalisti, tra i quali Hekmatyar e Sayyaf, per ottenere un posto di ministro.

In effetti è difficile immaginare che ora i maggiori rivali si mettano d’accordo.

Durante il conteggio dei voti, sapendo che la situazione non si sarebbe risolta pacificamente, i due contendenti hanno distribuito armi alla popolazione e reclutato nuovi comandanti locali su base etnica e tribale perché preprassero azioni militari.

Peggio di prima.

Sì perché era in corso un processo di disarmo, ma ora la popolazione è stata riarmata e questo incoraggerà l’uso delle armi. La gente è preoccupata per quello che potrà succedere perché tra i nemici al potere le differenze non sono solo politiche.

Agli Usa come può convenire questa soluzione che non garantisce stabilità?

Finché la crisi è profonda gli Usa potranno trarre maggiori benefici. 13 anni fa hanno invaso l’Afghanistan per combattere i taleban e – dicevano – per portare democrazia e i diritti delle donne -, ora che dovrebbero ritirarsi trovano altre ragioni per giustificare la loro presenza. Credo che una delle ragioni per cui hanno fatto questo governo è perché fine la popolazione preferirà gli americani ai signori della guerra al potere.

Si può prevedere una nuova guerra tra i signori della guerra?

Dipende da cosa faranno gli americani. I taleban ora sono divisi: una piccola parte sta con gli iraniani, un’altra con il governo pachistano, altri ancora con gli americani, anche se sono stati una creazione degli americani e continuano ad essere foraggiati dagli Usa.

I taleban boicotteranno il governo?

In un comunicato hanno detto questo. I taleban sono contro le forze straniere ma ricavano le loro risorse dai militari e dalle aziende occidentali che per stare in pace e far passare i loro convogli pagano. Inoltre gli Usa hanno bisogno di un nemico per portare avanti azioni militari. Tutti gli attentati sono attribuiti ai taleban ma è difficile individuare i responsabili (iraniani, pachistani, etc.). Inoltre la tattica dei taleban è cambiata. Non più attacchi suicidi: ora uccidono chi lavora con il governo, decapitano (come lo Stato islamico) donne e bambini, entrano nelle case e pretendono il «pizzo». Dopo tredici anni di guerra i taleban sono ancora più forti».

Ci sono legami tra i taleban e l’Is?

Ufficialmente no, ma la natura è la stessa e anche il comportamento.

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