Giustizia: fine all’occupazione straniera e processo ai criminali
dal sito di Saajs, (Associazione Sociale per la Giustizia in Afghanistan), 19 Agosto 2014
Novant’anni fa, il 19 Agosto 1919, gli agguerriti combattenti per la liberazione del nostro paese hanno issato la bandiera della libertà e dell’indipendenza sacrificando le loro vite nella lotta contro le forze occupanti inglesi.
Il re Amanullah e i suoi alleati, Mahmood Tarzi, Ghulam Mohmmad Khan Charkhi, Wali Khan Darwazi, Sarwar Joya, Abdul Rahman Lodin, insieme a molti altri valorosi combattenti avevano giurato di non arrendersi al potente nemico e continuare invece la loro lotta per l’indipendenza.
Dinnanzi al nostro popolo unito, le truppe inglesi ormai decimate avevano capito che il loro governo non sarebbe durato a lungo, e così si arresero, accettando la sconfitta e concedendo l’indipendenza all’Afghanistan. Ovviamente, non prima di aver vagliato ogni possibile alternativa che garantisse continuità alla loro sanguinolenta occupazione.
La determinazione del governo Amani nel resistere alle forze inglesi, e le riforme culturali, politiche ed economiche di questo governo che avevano posto le basi per un futuro migliore per il paese, spaventarono i nemici interni e stranieri.
Coloro che non accettavano l’idea di un Afghanistan progressista tentarono di ostacolare il processo di riforme del governo Amani creando disparità tra gli innocenti, il tutto con la stretta collaborazione degli inglesi. Inizialmente, Habibullah fu chiamato a destabilizzare il governo e spianare la strada al noto Nadir, il principale braccio destro degli inglesi, che mirava al trono.
Nadir rese vani tutti i progressi ottenuti fino a quel momento e instaurò un regime dispotico. Il nemico approfittò della situazione per rivendicare la propria sconfitta ed eliminare i principali sostenitori progressisti e patriottici di Amanullah, arrestandoli o uccidendoli. L’obiettivo degli inglesi era quello di intimidire il nostro popolo e mettere a tacere la resistenza. Il regime dispotico di Nadir e della famiglia durò per diversi decenni e soppresse con violenza ogni tentativo di ribellione da parte del popolo.
Ancora una volta, il nostro popolo si è ribellato alle forze occupanti, ai loro lacché in seguito al colpo di stato dei Kaliqi e Parchami del 27 Aprile, e infine alle forze russe. Poco dopo, le fazioni jihadiste sostenute dai governi occidentali, i paesi arabi, l’Iran e il Pakistan resero vani i risultati ottenuti con la resistenza e ridussero l’Afghanistan in un bagno di sangue. I talebani, come i loro predecessori jihadisti, continuarono l’ondata di crimini atroci. Tredici anni di sanguinaria presenza delle forze americane e Nato non hanno fatto che peggiorare le condizioni del popolo afgano, afflitto da povertà e disoccupazione, condizioni di sicurezza sempre più precarie, l’enorme traffico di droga e il continuo sostegno ai peggior criminali e traditori del paese.
Oggi è il novantacinquesimo anniversario della vittoria afghana sugli inglesi, e mentre il mondo intero si compiace dei grandi progressi, in Afghanistan siamo fermi al vecchio gioco della colonizzazione.
Negli scorsi 13 anni le forze statunitensi e la NATO hanno ucciso migliaia di nostri concittadini innocenti e le selvagge milizie dei taleban terrorizzano la gente ogni giorno con i loro attacchi suicidi. Con le elezioni-farsa la cui ignominia, causata dal decreto di John Kerry, è nota a tutto il mondo, i burattini degli USA hanno portato la popolazione a vivere un duro periodo di stress economico e psicologico. È pura ironia parlare di democrazia e libertà in un paese in cui gli stranieri e i loro burattini tengono sotto scacco le persone innocenti e piegando la vita del paese al sistema mafioso.
La storia ci dice che una nazione non può essere tenuta a vita sotto una tirannia. Pace, democrazia, welfare e sviluppo avranno posto in Afghanistan quando saremo un paese indipendente, quando i criminali saranno portati in tribunale e quando un governo eletto democraticamente salirà al potere. Sarà possibile raggiungere questo risultato attraverso la presa di coscienza delle persone, la resistenza e la devozione.
Dalla nostra fondazione, sette anni fa, abbiamo fatto sentire la nostra voce attraverso le nostre azioni e i nostri progetti, nella speranza di raggiungere sempre più persone e organizzazioni democratiche che si battono per i diritti umani. Purtroppo non è stato fatto ancora alcun progresso per processare i criminali e questi continuano a terrorizzare la popolazione, quanto e più di prima.
Noi:
- chiediamo la rimozione dai posti di governo di tutti i criminali del regime dei Kaliqi e Parchami, del regime delle fazioni fasciste dei Jehadi, del regime selvaggio e terribile dei talebani e del periodo successivo sino ad oggi;
- chiediamo che i responsabili di tutti i periodi della nostra storia siano giudicati da una corte nazionale e internazionale imparziale e competente;
- chiediamo un’inchiesta sulle fosse comuni che sono state scoperte e che i responsabili dei massacri vengano riconosciuti;
- chiediamo che vengano scoperte tutte le fosse comuni di tutti i periodi della nostra storia;
- condanniamo con forza il fatto che palazzi e strade vengano dedicati a criminali: consideriamo questo un insulto al sangue dei nostri martiri innocenti;
- chiediamo che sia innalzato un monumento alla memoria nel nome dei nostri cari scomparsi e che i corpi ritrovati nelle fosse comuni vengano sepolti con onore e rispetto;
- chiediamo a tutti i compatrioti sia in Afghanistan sia all’estero che nei passati trent’anni di hanno perso i loro figli, fratelli, sorelle, parenti di contattarci e informarci sui crimini subiti.
Uniamoci per far sì che la nostra voce venga ascoltata e prevalga!
Social Association of Afghan Justice Seekers (SAAJS) – August 19, 2014
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