Skip to main content

Dibattito politico con Selay Ghaffar trasmesso dalla televisione locale Khurshid TV il 17 Maggio 2014

|

Traduzione a cura di Gloria Geretto Cisda

Ospiti: Selay Ghaffar, portavoce del Partito della Solidarietà afghano, Hambastagi, e tre rappresentanti di Hezb-e Islami, il partito islamico di Gulbuddin Hekmatyar

Nella prima parte del dibattito, Selay Ghaffar afferma che anche se il partito Hezb-e Islami è sempre più frammentato, la sua matrice misogina e fondamentalista permane. Il popolo afghano non ha dimenticato le atrocità commesse dai miliziani del partito che continuano a distinguersi per la loro ignoranza e mentalità conservatrice.

Secondo Ghaffar, il loro unico interesse sono il denaro ed il potere. Le elezioni, secondo Ghaffar, sono il pilastro della democrazia, ma in un paese governato da personaggi corrotti, il voto non ha alcun senso.

Ghaffar aggiunge che il governo afghano è un governo fantoccio che ha cercato in ogni modo di ostacolare l’attività politica di Hambastagi, il Partito della Solidarietà afghano, i cui membri sono stati più volte arrestati e tutt’oggi continuano ad essere oggetto di minacce da parte del governo centrale. Quest’ultimo non è altro che un governo di criminali al servizio degli Stati Uniti. Pertanto, chiunque vinca le elezioni presidenziali, venderà il paese agli americani.

Ghaffar sfida dunque i rappresentati di Hezb-e Islami a render conto dei crimini commessi di miliziani del proprio partito, Hezb-e Islami.

Il portavoce di Hezb-e Islami risponde con pesanti insulti rivolti alla Ghaffar, definendola una prostituta non musulmana che passa le notti con i suoi padroni.

Ghaffar risponde definendolo un personaggio misogino e ignorante che, non sapendo come giustificare le accuse da lei avanzate poco prima nei confronti del suo partito, Hezb-e Islami, non può far altro che insultarla.

Il mediatore allora interviene chiedendo a Ghaffar come si sia formato il partito Hambastagi in un contesto politico in mano a personaggi corrotti. Ghaffar dichiara che Hambastagi si fa portavoce di tutti coloro che chiedono giustizia e denunciano i crimini commessi dai criminali che oggi siedono in parlamento. Ghaffar sottolinea inoltre che Hambastagi è l’unico partito a dar voce al popolo afghano.

Uno dei tre ospiti interviene, dichiarando che Malalai Joya, espulsa dal parlamento nel 2007, è il modello di riferimento di Hambastagi, e accusa Ghaffar di perseguire una politica anti-islam. Accusa poi Ghaffar di non conoscere l’islam.

Ghaffar risponde che a non conoscere l’Islam è proprio lui: secondo la concezione dell’Islam dei miliziani di Hezb-e Islami, le donne vengono violentate, barbaramente mutilate, e sono vittime di atroci crimini. Ghaffar chiede lui di dar conto di queste barbarie.

L’interlocutore risponde che Ghaffar ha abbandonato la religione islamica perché ha subito violenze sessuali e l’accusa di favorire l’omosessualità.

Ghaffar risponde che i responsabili di quelle barbarie e di quegli stupri sono noti a tutti, e dovranno rispondere dei crimini commessi.

L’interlocutore mette dunque in guardia Ghaffar dicendole di guardarsi alle spalle.

Ghaffar ribatte definendo lui e i suoi uomini dei misogini, conservatori ed ignoranti e sottolinea come loro strategia sia sempre la stessa: quando una donna lotta per i propri diritti ed espone la loro ignoranza e misoginia, questi non sanno far altro che ricorrere a pesanti minacce ed insulti. Ghaffar dichiara poi di non essere contro l’islam bensì contro i loro crimini commessi in nome dell’islam.

L’altro ospite interviene insultando Ghaffar in lingua pashto. Ghaffar chiede dunque a quest’ultimo di dar conto delle barbarie commesse dai propri miliziani che definisce personaggi corrotti e responsabili della distruzione del paese. Lui accusa Ghaffar di passare le notti a prostituirsi.

 

Ghaffar ribatte dicendo che questi non hanno alcun rispetto per la verità, e non sapendo come altro negarla, ricorrono agli insulti contro di lei.

Il terzo ospite interviene rivolgendosi a Ghaffar invitandola a non approfittare di questo dibattito per dar voce al proprio odio e alle proprie ideologie, e a non istigare gli altri ospiti a ricorrere ad insulti nei suoi confronti.

Ghaffar chiede loro chi siano i veri mujahideen, e risponde elencando i seguenti nomi: Naseem Akhundzada, Abdul Fatah Wudood, Bahauddin Mujri, Dr. Samad Durrani, Dr. Sadiq Hoshmand, assieme a centinaia di altri uomini uccisi dalle milizie di Hezb-e Islami, il partito islamico di Hekmatyar, ed altri partiti con sede a Peshawar e Kabul.

L’interlocutore chiede dunque a Ghaffar se crede nella jihad. Lei risponde di sì. Lui le chiede di definire la jihad. Ghaffar risponde dicendo che questo dibattito non è incentrato sull’Islam e pertanto, non è tenuta a spiegare e definire I’Islam. Ghaffar aggiunge che c’è un grande differenza tra i veri mujahideen e i miliziani di Hezb-e Islami.

L’interlocutore insiste chiedendo a Ghaffar di definire la jihad. Ghaffar risponde dicendo che lo farà quando sarà invitata ad un dibattito televisivo sull’Islam.

Ghaffar sottolinea poi che il tema del dibattito sono i mujahideen e coloro che hanno combattuto la jihad.

Lui risponde che non vuole parlare di queste cose per rispetto al milione e mezzo di martiri uccisi e ai loro cari, e per rispetto al proprio paese. Accusa poi Ghaffar di insultare il popolo afghano.

Il mediatore chiede a Ghaffar se le ultime elezioni, e i due candidati al ballottaggio, Abdullah e Ghani, saranno d’aiuto al paese.

Ghaffar risponde che non ha alcuna importanza chi vincerà le elezioni e che Hambastagi ha boicottato il voto per le ragioni rese note in precedenza. Spiega poi come le coalizioni politiche negli altri paesi siano basate su veri programmi politici e obiettivi comuni, mentre in Afghanistan le alleanze politiche sono basate esclusivamente su interessi economici e potere.

Ghaffar ribadisce che chiunque vincerà le elezioni non sarà d’aiuto al popolo afghano. Inoltre, ricorda Ghaffar, il candidato Abdullah è un alleato di tre partiti criminali, e in quanto tale, una sua eventuale vittoria non porterà alcun cambiamento positivo per il paese, dove vince esclusivamente chi ha più denaro.

Ghaffar prevede poi un aumento della corruzione e della povertà e ribadisce che l’unico vero cambiamento per il paese sarà un governo democratico al servizio del popolo, un governo garante delle libertà individuali. Secondo Ghaffar, senza queste condizioni, non ci sarà alcun vero cambiamento.

Ghaffar conclude dicendo che il giorno in cui un partito democratico guiderà il paese arriverà. La gente si ribellerà a questa situazione e sceglierà il proprio governo. Solo allora, secondo Ghaffar, si potrà parlare di democrazia e il popolo afghano potrà finalmente godere dei propri diritti e vivere in pace.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *