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Afghanistan: il sergente Bergdahl è salvo, ma rischia il carcere

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INTERNAZIONALE – 4 giugno 2014

video soldato406La notizia del rilascio era stata data da Barack Obama alla famiglia Bergdahl e poi alla nazione, ma la gestione della liberazione ha suscitato molte critiche, sia all’interno dell’amministrazione sia tra i repubblicani, per la scelta di negoziare con i taliban: una trattativa durata molti mesi a cui avrebbe partecipato anche il Qatar.

La cattura di Bergdahl, avvenuta nel 2009 a Yahya Khel, nel sudest del paese, è sempre stata un mistero. All’epoca il sergente aveva 23 anni e secondo la ricostruzione ufficiale è stato rapito dopo che aveva lasciato volontariamente la base.

Il sergente sarebbe stato in mano del gruppo Haqqani, una fazione taliban nota per la linea dura e sarebbe stato portato oltre la frontiera pachistana. Ora è ricoverato in un ospedale militare in Germania ma su di lui pende il rischio di un procedimento per diserzione davanti alla corte marziale.

Ad alimentare le polemiche aveva contribuito anche la diffusione di alcune dichiarazioni del padre di Bergdahl, Robert, sui social network. Tre giorni prima della liberazione del figlio, aveva twittato: “Lavoro per la liberazione di tutti i prigionieri di Guantanamo. Dio ripagherà la morte di ogni bambino afgano. Amen”. Il tweet è stato cancellato, ma secondo il New York Daily News era diretto all’account Twitter del jihad afgano.
Bob Bergdahl durante una conferenza stampa nella base militare di Boise, nell’Idaho, il 1 giugno 2014. (Brian Losness, Reuters/Contrasto)

Alla conferenza stampa che si è tenuta alla Casa Bianca, Robert Bergdahl si è presentato con la lunga barba che non si tagliava dal giorno del rapimento del figlio e ha pronunciato qualche parola in pashtun e in arabo. Un pastore della sua chiesa ha spiegato che l’uomo è anche diventato un attivista pacifista.

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