Skip to main content

Afghanistan: fine dei processi per “Crimini Morali”

|

Human Rights Watch – 24  giugno 2014 – Rawa News

prisoner female moral crimes afghanistan 1 300x198(New York) Il governo afghano dovrebbe adottare le raccomandazioni dei paesi delle Nazioni Unite per abolire i processi delle donne per i così detti “crimini morali”. L’Afghanistan ha rigettato le raccomandazioni nella sua Relazione dei Risultati nell’Universal Periodic Review (UPR) consegnata il 16 giugno 2014 al Consiglio delle Nazioni Unite sui Diritti Umani. Ci sono altri temi affrontati quali la pena di morte, la discriminazioni anti-gay e l’impunità.

Il rifiuto del governo di smettere di perseguire per “crimini morali” pregiudica anche l’accettazione delle raccomandazioni a sostegno  dei diritti delle donne e l’eguaglianza di genere rimane una priorità assoluta, così ha detto Human Rights Watch. L’azione va inoltre contro le direttive del Procuratore Generale e Ministro della Giustizia di non criminalizzare “le fughe”, “i tentativi di relazioni sessuali pre- o extra-matrimoniali”.

“Il rifiuto del governo afghano delle raccomandazioni di proteggere le donne dai processi per “crimini morali” sottolinea l’evidente divario tra la retorica sui diritti delle donne e il frequente fallimento nel  proteggerle effettivamente da seri abusi ” ha detto Phelim Kine, rappresentante per l’Asia di Human Rights Watch. “Il fallimento in Afghanistan nel proteggere le donne è un ulteriore offesa alle centinaia di donne e ragazze vittime di persecuzioni per  “crimini morali”.

L’Universal Periodic Review è una relazione della documentazione di tutti i paesi membri delle Nazioni Unite sotto gli auspici del Consiglio di Human Rights Watch. L’UPR obbliga i paesi ad elencare le azioni che sono state intraprese per migliorare la situazione dei diritti umani e per adempiere agli obblighi. Human Right Watch, nel sottoporre la relazione UPR dell’Afganistan nel dicembre 2013 aveva avvisato del deterioramento dei diritti delle donne.

 

Human Right Watch ha stimato che il 95% delle ragazze ed il 50% delle donne imprigionate in Afghanistan sono state accusate di “crimini morali” come la “zina” (relazioni sessuali fuori dal matrimonio). Spesso, la sola prova in questi casi era che le donne o ragazze erano scappate da casa o fuggite dalla violenza domestica o da un matrimonio forzato illegalmente, e sono state poi accusate di un tentativo di “zina”, un crimine che non esiste nella legge afghana.

Sebbene il capo della delegazione afghana in occasione della revisione dei diritti umani confermasse che “la fuga da casa non è un crimine”, alcuni reati potevano essere associati a quell’atto. Donne e ragazze che sono scappate sono considerate dalla polizia e dalle autorità  giudiziarie colpevoli di sesso al di fuori del matrimonio solo perché sono  fuori dal controllo dei loro parenti maschi.

Statistiche del Ministero dell’Interno afghano indicano che il numero di donne e ragazze imprigionate per “crimini morali” sono salite a 600 nel maggio 2013 da 400 nell’ottobre 2011 – 50% di aumento  in un anno e mezzo. Dall’ottobre 2011, c’è stato un aumento di circa il 30 % globale nel numero di donne e ragazze nelle prigioni e strutture di detenzione minorile. L’Afghanistan ha preso misure per affrontare  la violenza contro le donne, particolarmente attraverso l’adozione della legge EVAW, Elimination of Violence Against Women e la costituzione di commissioni provinciali a questo scopo. Comunque la legge EVAW è stata attaccata dai legislatori con tentativi di ritirarla e la sua implementazione rimane sporadica.

La detenzione non è il solo pericolo che corrono le donne e le ragazze che scappano dagli abusi domestici,  ha dichiarato Human Rights Watch. La violenza contro le donne è pervasiva e i delitti d’onore di donne e ragazze che sono fuggite da matrimoni combinati o violenze domestiche sono comuni. Il governo è d’accordo di rivedere le raccomandazioni  UPR di emendare l’articolo 398 del Codice Penale  di permettere la piena responsabilità di chi commette i così detti delitti d’onore, di portare il codice in linea con la Convenzione sull’Eliminazione di Tutte le Forme di Discriminazione Contro le Donne (CEDAW).

L’articolo 398 stabilisce che una persona che commette un delitto d’onore “è esentata dalla punizione per assassinio” e può essere incarcerata per massimo di due anni. Comunque il governo afghano ha conservato la clausola nell’articolo 398 che “gli autori di tali crimini non erano esonerati”

Il governo ha anche rifiutato la raccomandazione di una moratoria della pena capitale. Nel novembre 2012 sono state giustiziate 8 persone, dopo 4 anni di moratoria informale durante la quale solo due persone erano state giustiziate. Il governo ha anche negato i diritti a lesbiche, omosessuali, bisessuali e transessuali (LGBT) rigettando le raccomandazioni di assicurare una non discriminazione sulla base degli orientamenti sessuali e identità di genere e di abrogare il provvedimento del codice penale che criminalizza le relazioni sessuali tra adulti consenzienti dello stesso sesso.

Più in positivo l’accordo di studiare le raccomandazioni volte a porre fine a decenni d’impunità  e perseguire le gravi violazioni dei diritti inclusi i crimini di guerra, il genocidio e le torture. Il governo si è dichiarato d’accordo a studiare una raccomandazione per “garantire un meccanismo di giustizia di transizione e di riconciliazione nazionale, iniziando con l’immediata distribuzione della relazione della mappatura  delle aree di conflitto fatta dagli inviati di Human Rights Watch ed assicurare una protezione adeguata per la sicurezza del suo  staff”.

La Commissione Afghana di Human Rights Watch (AIHRW) nel 2012 completò una relazione di 800 pagine,  che mappava seri abusi dei diritti umani tra il 1978 e il 2001. Ma il governo non l’ha resa pubblica.

Il governo ha anche accettato di studiare le raccomandazioni per “dare ad AICHRW l’autonomia e l’autorizzazione legale a chiedere conto a coloro che commettono maltrattamenti sui detenuti”, e di “adottare misure per combattere casi di torture e maltrattamenti nei centri di detenzione”. Nonostante un decreto presidenziale del 2013 che esplicitamente bandiva la tortura e prevedeva punizioni detentive per gli ufficiali implicati in questi abusi, la tortura dei prigionieri da parte delle forze di sicurezza rimane un serio problema. Non c’è stato nemmeno un procedimento giudiziario di un ufficiale afghano per un caso di tortura.

“Il governo afghano pare riconoscere il bisogno di liberarsi di questo retaggio di impunità tossica, ma il test sarà se effettivamente perseguiranno i colpevoli”, ha detto Kine. “Il rifiuto del governo di reintrodurre una moratoria sulla pena di morte e la sua volontà di negare i diritti delle donne e della popolazione LGBT garantisce che ci saranno ancora vittime di diritti abusati”.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *