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Se avete fiducia nelle elezioni presidenziali afghane lasciate le armi a casa

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by Matthew Rosenberg and Rod Nordland del NYTime – 6 ottobre 2013-  RAWANews

gul agha sherzai governor provincesGul Agha Shirzai, ex governatore delle provincie di Nangarhar e Kandahar accusato di abuso di minori.

Kabul, Afghanistan – Domenica è scaduto il termine per registrarsi alle prossime elezioni presidenziali in Afghanistan e la commissione elettorale ha avanzato una richiesta ai candidati: “Il giorno della registrazione, lasciate a casa le armi”.

Da diversi mesi ufficiali afghani e stranieri considerano le prossime elezioni, previste per il 5 Aprile, l’opportunità del popolo afghano di decidere le sorti del proprio paese una volta che le forze della coalizione guidate dagli americani si saranno ritirate. Tuttavia una ragione per cui i candidati girano ancora con guardie armate c’è. L’ottimismo generale è in realtà mascherato da un profondo pessimismo e si teme che anche le prossime elezioni saranno segnate da brogli e un’ondata di violenza.

Tra i candidati in lista vi è l’esperto tecnocrate e noto diplomato, entrambi privi di un elettorato in Afghanistan.
C’è l’uomo accusato di pedofilia, un tempo fidato collaboratore della CIA, e un altro accusato di crimini di guerra che tentò di far passare la legge che prevedeva l’amnistia per tutti coloro che si erano macchiati di simili barbarie. Infine c’è il candidato che non prenderebbe nemmeno il voto del fratello, l’attuale presidente Hamid Karzai nonché l’uomo che tutti sognano di rimpiazzare.

I candidati rappresentano una grande fetta dell’élite politica ed economica del paese arricchitasi negli ultimi dodici anni grazie al sostegno degli Stati Uniti. Per tutti coloro impegnati nel processo di modernizzazione dell’Afghanistan in seguito alla caduta del regime talebano – attraverso l’apertura di siti web e reti televisive, la difesa dei diritti delle donne – le prossime elezioni saranno l’ennesima riprova che il paese è tutt’oggi nelle mani di personaggi conservatori, molti dei quali con trascorsi assai controversi.

 

Tra i candidati vi è il leader Zalmay Rassoul, un noto ex ministro degli affari esteri molto ben visto in occidente ma che tuttavia non dispone di un vero e proprio elettorato in Afghanistan. La cosa potrebbe anche non essere un problema se solo le voci sul suo conto non fossero cosi sondate: Rassoul è ritenuto il favorito di Karzai, il quale ha saputo conquistare sempre più controllo sul sistema elettorale in Afghanistan nella speranza di vedere eletto un successore facilmente influenzabile.

Vi è poi il candidato dell’opposizione, Abdullah Abdullah, che arrivò secondo alle elezioni del 2009 che videro la vittoria di Karzai e decine di centinaia di voti annullati per broglio. Anche Abdullah è un noto e relativamente ‘pulito’ candidato in un paese in cui la corruzione e la criminalità sono così diffuse tra la classe politica che persino i diplomati occidentali si sono rassegnati all’idea di trovare un papabile candidato che non abbia alle spalle trascorsi con la giustizia.

I suoi alleati ne sono la conferma: se eletto, il suo primo vice-presidente diventerebbe Mohammed Khan, un ufficiale pashtun appartenente al partito di Hezb-i-Islami, la cui ala militante continua a addestrare insorgenti contro il governo. La carica di secondo vice presidente verrebbe invece assegnata a Mohammad Mohaqiq, un leader di etnia hazara accusato di crimini di guerra.

Tuttavia, sono state proprio le guardie di Mohaqiq a far pressione affinché la commissione elettorale richiedesse a tutti i candidati di lasciare le armi fuori dai compound e al momento della registrazione gli uomini di Abdullah e Khan hanno scatenato una rissa contro le guardie di sicurezza del presidente della commissione, Ahmad Yousuf Nuristani.

Un altro candidato alla presidenza è Qayum Karzaai, fratello maggiore del presidente, proprietario di ristoranti a Baltimora e membro del parlamento afghano per un breve periodo. Di recente, ha collaborato come consigliere non ufficiale del fratello che fino ad oggi si è sempre rifiutato di sostenerlo.

Secondo alcune fonti vicine al presidente, lo scorso sabato Hamid Karzai avrebbe ancora una volta inutilmente tentato di convincere il fratello Qayum Karzai a ritirarsi dalla corsa alla presidenza.

Il quarto candidato è Abdul Rab Rassoul Sayyaf, anch’egli accusato di aver compiuto crimini di guerra e ideatore della raccolta firme in parlamento con la quale si chiedeva l’amnistia per tutti coloro accusati di crimini di guerra. Sayyaf ha inoltre cercato di abrogare la legge sull’eliminazione della violenza contro le donne.

Ma le radici della sua infima reputazione sono assai più profonde di queste accuse: Sayyaf è l’uomo che per primo portò Osama bin Laden in Afghanistan.

Nella corsa alla presidenza c’è anche Ashraf Ghani, noto esperto ex funzionario della Banca Mondiale, recentemente nominato primo collaboratore e uomo di fiducia del presidente Karzai. Anche Ghani si candidò alle elezione del 2009, arrivando quarto con solo il 3% di voti. Sono in pochi a credere che questa volta Ghani riuscirà a fare di meglio, nonostante la sua reputazione tra gli occidentali a Kabul e Washington.

C’è poi Gul Agha Shirzai, ex governatore delle provincie di Nangarhar e Kandahar accusato di abuso di minori. Nonostante le sue ripetute smentite, molti diplomanti, giornalisti e ufficiali afghani dichiarano di aver visto in diverse occasioni pubbliche Shirzai accompagnato da bacha bazi, ragazzini che danzano travestiti da ragazze impiegati come schiavi del sesso dai potenti uomini afghani, in particolare dai signori della guerra.

Per quanto frivoli alcuni di questi candidati possano sembrare, ognuno di questi ha dovuto consegnare un minimo di cento mila firme entro domenica scorsa, oltre ad un fondo di circa 20 mila dollari.

Tutti e ventotto i candidati hanno dovuto completare la registrazione prima della mezzanotte di domenica. Con il presidente Karzai impossibilitato a ricandidarsi per via del divieto costituzionale che prevede un massimo di due mandati alla presidenza, le possibilità sono di gran lunga maggiori rispetto alle ultime elezioni, e ostacolare la corsa presidenziale sembra ormai praticamente impossibile.

In Afghanistan non ci sono sondaggi o partiti politici determinanti, e il dibattito politico è quasi assente se si escludono le vaghe dichiarazioni dei candidati che si dicono pronti a migliorare l’economia e portare la pace nel paese.

L’Afghanistan è basato su un sistema di patrocini e la politica non è da meno. I candidati contano su tangenti, alleanze regionali ed etniche per assicurarsi i voti, cercando alleati in grado di riempire conti bancari e ampliare il proprio elettorato. Se il candidato presidenziale è del sud del paese e pashtun, l’etnia più grande in Afghanistan, allora cercherà l’appoggio di un candidato tajiko del nord e di un hazara o uzbeko per la vice-presidenza.

È in questo Afghanistan, un paese in cui le scadenze sono spesso flessibili, che una fila interminabile di candidati hanno cercato di registrarsi la scorsa domenica. E se da un lato tutti i candidati sembrerebbero aver rispettato la richiesta di non introdurre armi all’interno del compound della commissione elettorale nella periferia di Kabul, ognuno di loro si è presentato con un esercito di sostenitori.

Il via vai di signori con turbanti e giovani assistenti in completo elegante che entravano e uscivano dal solitamente tranquillo compound della commissione elettorale ha conferito un tono festivo alle procedure di registrazione, e sopraffatto i membri della commissione rimasta aperta fino alla mezzanotte, otto ore dopo l’ora di chiusura prevista, per accontentare la lunga fila in attesa di registrarsi.

Secondo fonti ufficiali afghane, anche il palazzo presidenziale è stato alquanto affollato domenica scorsa. Dal momento che gli attuali ufficiali in carica non sono autorizzati a candidarsi per la carica di presidente o vice presidente, per tutto il giorno ministri e governatori sono accorsi a palazzo per presentare le proprie dimissioni al presidente Karzai così da poter rimettersi in gara per la presidenza.

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