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Afghanistan. Nella scrittura, la nuova libertà femminile

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Osservatorioiraq – 5.7.2013

Zahra si è scoperta femminista, Roya ha trovato il suo antidoto alla paura, mentre Fatima ha potuto raccontare la verità sul suo paese. Sono le donne dell’universo (creativo) dell’Afghan Women’s Writing Project.

“Era difficile per me essere una brava ragazza afghana. Non riuscivo a seguire le regole, come indossare un burqa, stare a casa e fare i lavori domestici, o saltare la scuola a causa di una festa o per ricevere gli ospiti. In famiglia sono sempre stata incoraggiata a essere schietta, ma non in pubblico…”.

Inizia così uno dei numerosi racconti di Zahra A., una delle tante partecipanti al progetto di scrittura creativa Afghan Women’s Writing Project (Awwp). Accanto a lei Sitara, che spiega come sia lunga e in salita la strada per l’affermazione dei diritti delle donne, anche da un punto di vista legislativo.

O Gharsanay, che racconta la storia di una donna che scappa da un matrimonio forzato, fino al suo tragico epilogo.

Perché sono ormai moltissime le autrici-narratrici che affollano l’universo dell’Awwp, il cui scopo è quello di far sentire la voce delle donne afghane attraverso la loro voglia di raccontare e di raccontarsi senza paura.

Un turbinio di storie in cui la realtà del vissuto di ognuna s’intreccia con la fantasia, con quello che potrebbe essere stato o che loro vorrebbero che fosse, con i loro sogni, desideri, rimpianti.

 

La storia passata e attuale del proprio paese, l’Afghanistan, ora si staglia sullo sfondo, ora torna prepotentemente in primo piano, donando al lettore i punti di vista inediti di coloro la cui opinione per anni è stata ignorata e zittita.

“Attraverso il racconto scritto, AWWP mira a dare loro forza, coraggio, fiducia in se stesse, consentendo loro di cominciare un percorso di cambiamento – afferma l’ideatrice del progetto, la giornalista e scrittrice americana Masha Hamilton – Le  parole e le storie scritte sembrano rassicurarle non solo sulla propria esistenza, ma anche sull’importanza delle altre vite femminili”.

Il progetto è infatti dedicato a un’altra donna afghana, Zarmeena, madre di sette figli che fu giustiziata dai talebani nello stadio di Ghazi a Kabul il 16 novembre 1999, con l’accusa di aver ucciso il marito. RAWA (Revolutionary Association of the Women of Afghanistan) aveva diffuso di nascosto il video dell’esecuzione, poi pubblicato dall’Associated Press.

Dopo aver visto il filmato, Hamilton ha deciso di scoprire quanto più possibile su di lei, in modo da poter onorare in modo personale la sua memoria. Fino alle visite in Afghanistan e alla decisione, maturata pian piano, di costruire qualcosa di concreto per queste donne che andasse oltre la mera assistenza materiale.

“Più andavo avanti alla scoperta di questo paese, più mi convincevo che le voci delle donne arrivavano solo attraverso i media o i loro uomini”, afferma.

Il progetto, in costruzione dal 2007, è stato avviato nel 2009, con i primi seminari in inglese (a cui si sono aggiunti presto quelli in dari) frequentati da novanta donne e ragazze, a Kabul e a Herat. Con i finanziamenti, che arrivano da donatori privati, vengono acquistati i laptop per le ragazze e il materiale didattico, si organizzano i loro spostamenti, così come i workshop e la logistica.

Nello spazio virtuale creato dal progetto, le donne non solo hanno a disposizione una piattaforma in cui esprimersi in piena libertà, ma anche la possibilità di ricevere consigli e tecniche di narrativa da un gruppo di insegnanti volontari e autori, grazie ai quali le donne afghane acquisiscono sempre maggiore consapevolezza delle proprie capacità, oltre a imparare e perfezionare l’inglese, utilissimo tra l’altro per coloro che decidono di intraprendere una professione, o che già lavorano.

Ma l’interesse primario è potersi esprimere e condividere le proprie storie, per poi farle conoscere al mondo.

Certo, esigenze di sicurezza le costringono spesso a firmare solo col nome proprio, o con nomi di fantasia, ma la sostanza è tutta lì, in quella loro ‘nuova casa virtuale’ in cui i contenuti e gli scritti sono liberamente fruibili, basta cliccare su un titolo e leggere.

Così, Zahra può raccontare di quando a scuola veniva punita per aver espresso i propri punti di vista, o anche semplicemente per aver sorriso. O di quando il suo insegnante le diceva che non poteva parlare con i maschi: “Questo perché, secondo lui, i ragazzi non riescono a controllarsi”.

Piano piano è diventata una femminista, ponendo la lotta per l’affermazione dei diritti delle donne al centro della maggior parte dei suoi scritti e racconti.

Ma non mancano nemmeno le poesie. Come quelle di Tabasom, che coltivava la passione per la scrittura in segreto, incoraggiata da uno dei suoi fratelli. Prima di ricevere il suo tablet, che teneva nascosto in casa per paura di essere punita, le ci volevano ore di cammino per spedire una poesia al progetto. È morta nel 2011, con suo padre, durante un attentato suicida nei pressi di un ospedale.

Ecco una delle sue poesie (nella nostra traduzione in italiano dall’inglese).

Oro nascosto nel fiume
Avrei voluto scrivere il mio destino
con i colori d’argento della felicità
brillanti nella mia vita

Avrei voluto scrivere il mio destino
senza violenza
senza guerre e conflitti

Avrei voluto scrivere il mio destino
senza il dolore nel mio cuore

Se avessi scritto io il mio destino
non sarei mai stata triste
non sarei mai stata una pepita d’oro nascosta nel fiume
sarei stata felice
e Libera.

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