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Afghanistan/ Guerra di genere. Donne sole a combattere gli uomini ignoranti.

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28 novembre 2013 – Antonio Conte – paperblog.com

copj170Quando due anni fa durante la lettura del libro “Zoya, La mia storia” con Jhon Follain e Rita Cristofari di Sperling Paperback, in cui una donna afghana racconta la sua battaglia per la libertà, ero stato prima atterrito e poi un poco – ma poco – sollevato per quel filo di speranza che alla fine si auspicava per le generazioni future in Afghanistan.

Avevo, sulla scia della lettura, dato il tema per una breve ricerca scolastica proprio all’associazione RAWA. L’Associazione delle Donne Rivoluzionarie Afghane che si battono per il rispetto per i diritti fondamentali della donna e degli altri uomini, e specie se bambini; loro hanno infatti la responsabilità della educazione: è evidente il paradosso, e se volete il cortocircuito culturale.
È fondamentale far valere i valori ed il rispetto dei diritti umanitari internazionali. A scuola i ragazzi, specie le ragazze, nella loro ricerca avevano quindi scoperto le loro lotte e le loro battaglie, quelle insomma in cui si perde atrocemente anche la vita. In quelle lotte sono tutt’ora impegnate: è a dir poco sconcertate e sono lasciate sempre più sole.

Venne fuori anche una storia siriana di un bambino di 8 anni che per fame aveva rubato una mela e per questo gesto, il suo braccio finì sotto un camion, tra la folla vociante mentre il ‘boia’ con megafono spiegava che giustizia veniva fatta. Al link proposto, se lo stomaco permette, ci si può documentare a fondo, anche con le immagini.

Mi ero detto, due anni fa, che con il nuovo governo insediato da 10 anni (ora sono trascorso 12) non avrebbe segnato un passo indietro. Solo per evocare alcune storie di cui è stata protagonista e testimone Zoya, si pensi al taglio delle mani in pubblico, all’uccisione di donne incinte per la curiosità anatomica di vedere il feto all’ottavo mese da parte dei talebani, alle uccisioni di questi talebani di cittadini nei posti di blocco stradali ed il conseguente ed l’atroce rito detto “ballo con il morto”, una pratica con la quale una volta decapitato l’incauto passante ,si versa dell’olio bollente sul collo a cicatrizzare le ferite del taglio.

Un bidone viene mantenuto bollente apposta. La conseguenza è che il sangue ancora in circolazione fa traballare il corpo senza vita ancora per qualche minuto. Non si hanno parole per commentare tali nefandezze e sono troppo ingombranti per tenermele in mente da solo.

Le giovani donne aderenti a RAWA sono, nonostante tutti gli aiuti, lasciate al proprio destino, mentre abbiamo già dimenticato la storia di Malala Yousafzai.
Ora ci si chiede se sia mai concepibile che a dodici anni di governo di Karzai e con le imminenti elezioni si pensi a ripristinare le pratiche di lapidazione contro le donne adultere. Che si proponga la punizione mortale per lancio di pietre anche per gli omosessuali. Eppure è quanto sta accadendo.

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