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La cooperazione non vende fumo. Semmai petrolio.

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Monica Di Sisto, 2 ottobre 2012, comune-info.net

Di seguito, un’analisi dopo la conclusione del Forum voluto dal ministro Andrea Riccardi. Altri articoli sul Forum (a cominciare dal pezzo che per primo ha denunciato gli sponsor imbarazzanti come Eni), sul testo di legge discusso in parlamento e sul futuro della cooperazione, sono nel Dossier Cooperazione internazionale.
33 300x1501Si spengono i riflettori sul Forum della cooperazione. L’evento si è concluso oggi a Milano con la promessa del ministro-mentore Riccardi che la festa non è finita ma continuerà su «un tavolo virtuale, come una consulta permanente». E noi di Comune-info, puntuali come un mal di denti, ci consideriamo già seduti comodi online per continuare a discutere di cooperazione come politica pubblica e internazionalizzazione delle imprese.
Sì, perché quando molti anni fa cominciavo a studiare di politica estera apprendevo dai manuali che tra le tante attività dei sistemi-Paese figuravano sia la cooperazione allo sviluppo, sia la proiezione estera dei sistemi di produzione e di consumo nazionali. Entrambi, ma distinti. Entrambi motori della globalizzazione, ma, auspicabilmente, il primo a spingere per un’internazionalizzazione della solidarietà, il secondo dedicato di profitti. Di solito tra l’uno e l’altro ci stava bene anche un accapo.
Fino a qualche anno fa, infatti, si aveva pudore a mescolare il commercio internazionale, cioè i soliti vecchi affari, alla cooperazione allo sviluppo, nata proprio per riparare alle rapine del colonialismo a danno dei sistemi economici del cosiddetto «Terzo mondo» o, almeno, per tentare di ricostruire la reputazione degli ex-schiavisti. Oggi, invece, dopo due giorni di Forum una cosa è chiara: la crisi placa gli antichi rimorsi e stiamo entrando a passo svelto nella fase del «si salvi chi può» anche in questo settore.
Ma partiamo dai fatti. Il presidente del consiglio Monti, richiamando le parole del presidente della Repubblica Napolitano, nel suo intervento al Forum ha sottolineato che «la cooperazione allo sviluppo è politica estera nel senso più nobile ed elevato della parola». Il che significa per lui che «in maniera innovativa per i tempi, la legge 49 che istituisce la cooperazione allo sviluppo italiana la definisce ‘parte integrante della politica estera dell’Italia’, riconoscendone un ruolo qualificante per il perseguimento degli obiettivi di politica estera e la tutela degli interessi del Paese». Interessi, si, avete letto bene. La cooperazione dei nostri giorni è «un valore portante anche per la crescita dell’economia italiana», altro che solidarietà internazionale, come pensiamo noi vecchi fricchettoni.

Il ministro degli esteri, Giulio Terzi, arrivando al Forum ha chiarito che essa «è un modo per relazionarci, sostenere il ruolo dell’Italia e affermare anche l’internazionalizzazione delle nostre aziende ed è poi un valore fondamentale per tutto quello che riguarda gli elementi costitutivi della nostra azione esterna». E’ per questo che la cooperazione allo sviluppo, secondo il titolare della Farnesina, «deve essere vista, collegata e incardinata nella politica internazionale del nostro Paese». I rapporti tra l’Italia e i Paesi più poveri di lei devono cambiare, ha avvertito Terzi: «da una logica di assistenza e di aiuto ad una di partenariato con le nostre controparti».

34 300x200E guardiamolo da vicino uno dei recenti partenariati stretti da Terzi per nostro conto. Parliamo dell’accordo-quadro con il Burkina Faso, il cui presidente Blaise Compaoré insediatosi al potere dopo un sanguinoso golpe, è stato accolto proprio al Forum di Milano con gran sussiego. L’Italia, in cambio di impegni sulla sicurezza e i flussi migratori che sembrano voler fare del Burkina una delle nuove dighe alle migrazioni dopo l’implosione dell’argine libico, ha espresso l’intenzione, per bocca dello stesso Terzi «di coinvolgere operatori privati nei settori dell’acqua, energia, agricoltura e sicurezza alimentare».
Un modello di intervento assolutamente condiviso dal ministro dell’economia Grilli che, sempre a Milano, ha fatto eco al collega di governo chiarendo che, in tempi di crisi i fondi a disposizione della cooperazione «Saranno sempre meno di quanto richiede chi opera nel settore». Anche per questo, commenta Grilli, serve un maggiore coinvolgimento del «privato vero» per raggiungere gli impegni assunti in sede internazionale.

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