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PERCHÉ LA FAME INCOMBE NELL’AFGHANISTAN RICOPERTO DI AIUTI

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Da: BBC News

Nonostante i miliardi di dollari in aiuti versati all’Afghanistan negli ultimi anni, più di 2.500.000 persone si trovano ora ad affrontare lo spettro della fame nelle zone più povere e colpite da siccità. Nella provincia centrale di Bamiyan, molti abitanti dei villaggi dispongono di scorte di cibo estremamente limitate.

56744059 cutmountains 300x168La neve potrebbe presto isolare quei villaggi remoti in cui anche i raccolti sono andati distrutti

Nell’estremo nord della montagnosa provincia di Bamiyan, ad est della capitale Kabul, una madre siede in disparte con un bambino in grembo. Bibi Nakiba mi racconta che tutto il cibo che possiede consiste in una manciata di frutta secca e qualche patata.

“Abbiamo dato fondo a tutte le provviste che avevamo in casa e ora ci è rimasto ben poco. Siamo costretti a dire ai nostri figli che non è rimasto niente per loro. A volte piangono per la fame”.

Il suo timore è che la situazione potrà solo peggiorare poiché la neve, che già ricopre le cime dei monti che circondano il suo villaggio, isolerà la sua remota comunità e la renderà inaccessibile a qualsiasi aiuto.

“Abbiamo inviato moltissimi messaggi al governo chiedendo aiuto per la nostra difficile situazione, ma nessuno ci ascolta. Durante l’inverno i nostri bambini potrebbero morire” afferma.

“Forse i nostri vicini hanno ancora delle scorte di cibo, ma non possono comunque aiutarci perché ne hanno bisogno per loro e le loro famiglie. Di questi tempi, ognuno è costretto a pensare a se stesso e non agli altri”.

Le associazioni umanitarie affermano che quest’anno 14 delle 34 province del paese, situate per la maggior parte al nord, sono state pesantemente colpite dalla siccità, considerata una delle peggiori dell’ultima decade.

 

Secondo quanto dichiarato dal Programma Mondiale per il Cibo delle Nazioni Unite (WFP), in alcune zone i raccolti sono stati quasi completamente distrutti; in questo modo il prezzo del grano è praticamente raddoppiato e di conseguenza il costo degli altri cibi è salito alle stelle.

Il 90% delle famiglie di queste zone sono indebitate e molte scuole sono chiuse perché i bambini vengono mandati a cercare lavoro. Il WFP afferma che, nonostante gli appelli, è arrivata solo la metà dei fondi necessari.

Bibi ha perso tutto la scorsa primavera quando l’alluvione, che ha preceduto la siccità, si è portata via la sua casa insieme a tutto ciò che possedeva.

Ora vive con suo fratello, Abdul Kadir, e la sua famiglia. Anche loro stanno attraversando grandi difficoltà.

Abdul ci racconta che il suo raccolto è andato male, molti dei suoi animali sono morti e i prezzi locali del cibo sono raddoppiati. La sua comunità non ha ricevuto nessun aiuto, né dal governo né dalle associazioni internazionali di assistenza.

Tuttavia, ha sentito alla radio che il paese ha ricevuto enormi somme di denaro in aiuti ma, insiste Abdul, non sono arrivati in aree pacifiche come questa.

“Qui non ci sono combattimenti e nessuno coltiva oppio” ci dice. “Sembra che tutti gli aiuti internazionali finiscano a Kandahar e a Helmand, ma qui non arriva nulla. Forse, la gente di quelle province è potente, o forse gli aiuti finiscono lì perché sono zone di conflitto”.

Di fatto, la teoria di Abdul non è lontana dalla verità. È da tempo che le associazioni umanitarie sono preoccupate per la quantità di aiuti inviate nelle aree afghane di conflitto.

L’obiettivo, infatti, è conquistare i cuori e le menti attraverso “progetti ad impatto veloce” in quelle province situate al sud e all’est del paese in cui hanno luogo conflitti e insurrezioni. Secondo uno studio del Congresso statunitense, l’80% degli aiuti USA sono finiti proprio in queste regioni.

L’anno scorso, ad esempio, la provincia di Kandahar ha ricevuto aiuti pro-capite dagli Stati Uniti quattro volte superiori alla provincia di Bamiyan, mentre alla confinante e tranquilla provincia di Daykundi la quantità di aiuti arrivata è cinque volte inferiore.

Ryan Crocker, ambasciatore degli Stati Uniti a Kabul, sostiene appieno questa politica e afferma: “Abbiamo provveduto a fornire una sostanziale assistenza alle zone del sud. Come sapete, stiamo cercando di porre fine ad una rivolta, e ciò significa anche costruire un futuro migliore e offrire alternative alla popolazione. Questo fa parte della strategia di contro-insurrezione”.

Louise Hancock, direttrice della linea politica di Oxfam in Afghanistan, insiste che una simile metodologia in cui la destinazione degli aiuti viene decisa a priori, significa che gli obiettivi politici e militari hanno un peso maggiore dei reali bisogni umanitari.

“L’aiuto militarizzato è un problema fondamentale qui”, ci dice. “Lo scopo è conquistare i cuori e le menti implementando progetti che abbiano un impatto forte e veloce. Uno dei risultati, ad esempio, consiste in scuole costruite in luoghi non accessibili poiché non esistono strade a cui possano essere collegate, in zone in cui le necessità scolastiche non sono così drammatiche o in cui non ci sono insegnanti a sufficienza. Ecco perché affermiamo che questa strategia non è corretta”.

Anche altre associazioni, inclusa Save The Children, la pensano nello stesso modo. Sostengono, inoltre, che servono aiuti con sviluppo a lungo termine e che confondere i confini tra opere di aiuto e obiettivi militari aumenta il rischio sia per il loro personale che per la gente.

Il direttore del Programma Mondiale per il Cibo delle Nazioni Unite in Afghanistan, Louis Imbleau, si rifiuta di essere coinvolto in ciò che considera mera “politica”, ed evidenzia l’urgente necessità di aiutare chi sta soffrendo la fame e la siccità.

Egli afferma che l’ONU ha già fornito più di 20.000 tonnellate di cibo alle zone più disagiate del paese, ma ne serve ancora e con urgenza prima dell’arrivo della neve. Mr. Imbleau insiste che se questi aiuti non arriveranno in tempo, la malnutrizione potrebbe causare danni permanenti alla salute di molti bambini afghani.

“Non raggiungeranno né l’appropriata statura fisica né l’adeguata capacità mentale. Il loro quoziente d’intelligenza potrebbe venire ridotto di 15 punti, il che è fondamentale. Tutto ciò è molto triste. Si tratterebbe di una situazione irreversibile e non dovremmo permettere che accada”.

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