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Afghanistan, non è un Paese per donne

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LA STAMPA.IT 
  
Le relazioni lasciano pochi dubbi: ogni giorno muoiono di parto 50 puerpere, la vita media è di 44 anni, migliaia sono in carcere per “crimini morali” o vengono lapidate o bruciate vive
  
  
Le uccisioni dei soldati del contingente e attentati come l’ultimo, costato la vita al fratello del presidente Karzai, sono in evidenza nelle cronache. Meno i dati che parlano dell’Afghanistan di tutti i giorni, ben lontano dall’essere liberato o migliorato, dove la situazione delle donne resta drammatica sotto ogni profilo, tanto sanitario come sociale.
Lo dice il rapporto State of the World’s Mothers 2011, recentemente pubblicato dall’organizzazione Save the Children: ogni giorno in Afghanistan muoiono di parto 50 donne; una su tre ha subito violenza psicologica o sessuale, e la vita media è di 44 anni. Questo dona al Paese un triste doppio record, ha il più alto tasso di mortalità materna e la più bassa aspettativa di vita femminile del mondo. Del resto la vita non offre molto: oltre l’85% delle donne afghane sono analfabete e il 70% delle ragazze in età scolare non frequentano le lezioni per motivi diversi, tutti drammatici: dalla mancanza di sicurezza, al timore per la propria vita, al divieto delle famiglie.
Diventare madre anche se inevitabile data la situazione sanitaria e socio-culturale è un azzardo e spesso è preambolo a ulteriori dolori perché i bambini afghani, insieme a quelli dell’Africa subsahariana, hanno il più alto rischio di mortalità al mondo. Uno su cinque, secondo il rapporto, muore prima di aver compiuto 5 anni di età.
Un altro rapporto, nato da un’inchiesta giornalistica ordinata dalla rivista Marie Claire, parla delle carceri afghane dove sono rinchiuse 860 donne, 620 adolescenti e 280 bambini. Ci si chiede quali crimini possa commettere una donna in una nazione dove per lo più non può nemmeno uscire di casa liberamente. Bene, sono “crimini morali”. Ad esempio lasciare mariti che le maltrattano, rifiutare matrimoni forzati, accusare i coniugi, ecc. Il carcere è l’alternativa a morti orrende all’interno della cerchia familiare o del villaggio, lapidate, sepolte vive, cosparse di cherosene e date alle fiamme.
In teoria tutto questo non sarebbe possibile. Nel 2009 il Congresso afghano ha ratificato l’EWAN, Elimination of Violence Against Women Act, mettendo fuori legge la maggior parte di queste “tradizioni” . Ma passare all’applicazione è evidentemente altro discorso.

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