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I dollari nascosti in valigia: un tesoro in fuga da Khabul

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Dal Corriere – 29 giugno 2010

La denuncia Il Wall Street Journal: coinvolti gli attuali leader del Paese

Il fiume di denaro proviene in parte dagli aiuti internazionali destinati all’Afghanistan e in parte dai proventi del traffico di droga. Negli ultimi tre anni portati all’ estero 3 miliardi.

WASHINGTON – I primi a trasferire all’ estero casse di lingotti sarebbero stati i talebani alla vigilia della caduta di Kabul. Un tesoro – si racconta – trasferito negli Emirati Arabi a bordo dei jet forniti da un trafficante russo. Una «tradizione» proseguita in modo legale, e truffaldino, dagli attuali padroni del potere afghano.

Negli ultimi tre anni – ha rivelato il Wall Street Journal – sarebbero stati portati fuori dal Paese ben 3 miliardi di dollari. Valige di soldi impilate in appositi contenitori e poi caricate sugli aerei in partenza ogni giorno dalla capitale. Un fiume di denaro dichiarato alla dogana ma senza la regolare documentazione: non se ne conosce l’origine né la destinazione finale. Funzionari della Nato non escludono che i fondi siano stati sottratti ai progetti di cooperazione finanziati dall’ Occidente.

E altre somme consistenti sarebbero invece i ricavi del traffico internazionale di stupefacenti. Inoltre la somma di 3 miliardi è solo una parte di un bottino ben maggiore. Un’ inchiesta condotta nel dicembre dello scorso anno ha ipotizzato che ogni giorno da Kabul partano 10 milioni di dollari, frutto di operazioni illegali.

 

L’export di denaro è diventata un’ attività parallela che coinvolge personalità dell’ establishment locale. Nell’ articolo del Wall Street Journal si citano i casi del vice presidente Mohammed Fahim e di uno dei fratelli del presidente Karzai, Mahmoud, che tra l’ altro possiede la cittadinanza americana. I due, interpellati, hanno negato sostenendo che le accuse sono una manovra degli avversari politici. La linea del governo, pur concedendo che vi possano essere delle irregolarità, è che il transfer di contanti non è illegale in quanto è denunciato alla dogana.

Ma fonti statunitensi rilanciano: oltre alle somme dichiarate ve ne sono molte altre che prendono la via dell’ estero in modo del tutto clandestino. Il sistema è sfacciato. I corrieri arrivano con le valige ricolme di mazzette all’ aeroporto. Le trasferiscono sulla pista e quindi vengono caricate nelle stive. A volte sono così tante che sono raccolte su appositi pianali mobili. La destinazione preferita, ovviamente, è Dubai.

La piazza finanziaria del Golfo ha la funzione di un polmone economico: qui operano uomini di fiducia dei talebani, del governo afghano e dei trafficanti. Società, prestanome e cambiavalute. A volte non è neppure necessario inviare materialmente il denaro. Basta un codice perché il fiduciario garantisce la disponibilità dei liquidi a Dubai o a Karachi. Le indiscrezioni e le denunce non hanno intimorito per nulla quanti spediscono così importanti risorse.

Nella sola ultima settimana di maggio sono «decollati» da Kabul 20 milioni di dollari. Una porzione di torta fatta non solo di biglietti verdi. Impiegati della dogana citati dal giornale statunitense sostengono che è partita valuta di ogni genere: rupie pachistane, rial sauditi, corone norvegesi e persino vecchi marchi tedeschi. La storia dei soldi segue altre rivelazioni sulla scarsa affidabilità e l’ estesa corruzione delle istituzioni afghane. Indiscrezioni precedute dagli allarmati rapporti dei generali statunitensi.

Come è possibile vincere la guerra e conquistare la fiducia della popolazione – è il messaggio – se non abbiamo un partner credibile? La risposta, purtroppo, è scontata. Il presidente Karzai, in dicembre, aveva promesso di fare pulizia annunciando la rimozione di governatori e ministri. Ma la realtà continua ad essere quella svelata dalle diverse fonti. Si arricchiscono i funzionari e i loro parenti. Fanno montagne di denaro i «commercianti» di oppio. E sono ricchi – afferma l’ intelligence – anche i talebani riforniti dalla pipeline che collega l’Afghanistan e la regione del Golfo.

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