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Messaggio del Partito Afghano per la Solidarietà (Hambastagi)

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Non solo abbiamo sempre cercato di condannare i crimini commessi in occasione del 27 Aprile 1978 (giorno in cui il PDPA, partito socialista filo-comunista, diede vita alla cosiddetta “Rivoluzione di aprile” N.d.T.) e del 28 Aprile 1992 (giorno in cui l’Alleanza del Nord prese il controllo di Kabul N.d.T.), ma abbiamo anche sempre considerato questi due giorni una pagina vergognosa della storia del nostro tormentato Paese, nonché l’inizio di tutte le disgrazie che continuano a colpire il nostro popolo stremato. Oggi, dopo anni di sofferenza, anziché vedere quei criminali jihadisti e appartenenti al Khad [servizi segreti afghani, N.d.T.] con un cappio al collo o dietro le sbarre, li vediamo occupare gli incarichi più alti di questo stato di mullah e mafiosi, sotto la protezione dei politici occidentali, in particolare, degli invasori americani.

Queste gang criminali che agiscono da veri nemici del popolo afgano e fanno invece da braccio destro ai russi, agli americani e ai saccheggiatori locali non hanno mai perso occasione per devastare il nostro amato Paese, soffocando la voce indipendentista del nostro popolo e inculcando le nostre menti di pericolose dottrine fondamentaliste.

I criminali e traditori del 27 Aprile 1978 si sono prostrati al socio-imperialismo sovietico inneggiando il noto grido di vittoria “evviva” e lo slogan “casa, vestiti, pane”. Hanno torturato bambini, i figli della nostra patria, nelle macabre camere di tortura delle prigioni del Khad per poi freddarli nei campi di sterminio. Nonostante ciò, la fiamma della straordinaria resistenza del nostro popolo – che brucia inesauribile dalle hitleriane prigioni dei Khalqi e Parchami [fazioni comuniste con corpi paramilitari degli anni Settanta e Ottanta, N.d.T.] agli angoli più remoti del Paese – ha incenerito gli aggressori e i loro mercenari locali.

Il governo di sanguinari criminali e traditori instaurato dai fondamentalisti – di gran lunga più cruento del “democratico” regime dei Khalqi e dei Parchami – ha comportato carneficine, stupri, saccheggi e barbarie paragonabili all’invasione di Gengis Khan. Le atrocità commesse dai fondamentalisti sono passate alla storia come le più deplorevoli barbarie. I crimini commessi il 28 Aprile 1992 – resi possibili dagli Stati Uniti e promossi dal Pakistan e dal regime dittatoriale iraniano – furono perpetrati proprio da questi predecessori. Il frutto maturato da questi semi pestilenziali fu la distruzione totale della città di Kabul, la decimazione di oltre 65 000 mila abitanti, un’enorme ondata di profughi, il saccheggio dei beni materiali della nostra gente e dei beni storici e culturali del Paese – in breve, la devastazione di tutto ciò che l’Afghanistan possedeva e che si poteva definire patrimonio nazionale. I saccheggi e le distruzioni non sono terminate, anzi, perdurano tutt’oggi. I fondamentalisti, figli illegittimi della CIA, dell’intelligence pakistana ISI e dei servizi segreti iraniani VEVAK, hanno rappresentato una cintura di sicurezza nella regione del Sud Asia allo scopo di combattere l’avanzata sovietica. È per questo motivo che gli Stati Uniti hanno cominciato ad armare e finanziare costoro allo scopo di rafforzare il controllo sulla regione e poter contare su di loro nel perseguimento della propria politica aggressiva e cospiratoria. Questi pericolosi gruppi jihadisti ritenevano che fosse un dovere sacro assassinare le figure democratiche e nazionaliste, e sotto questo mandato annientarono – con la benedizione degli Stati Uniti – un imprecisato numero di nazionalisti, rivoluzionari e patrioti. Non solo soffocarono le voci coraggiose e gloriose di resistenza del popolo afgano, ma fomentando l’intolleranza tra differenti etnie, gruppi linguistici e religiosi e alimentando inevitabili conflitti e ostilità interne, compirono crimini di violenza inaudita contro la nostra nazione. Il popolo afgano non dimenticherà mai né perdonerà mai tali crimini fino a che il sangue dei propri figli non sarà vendicato con la cattura dei leader dei gruppi “democratici” Khalqi e Parchami, dei fondamentalisti jihadisti e talebani.

 

In seguito allo scandaloso fallimento dei famigerati gruppi jihadisti, gli Stati Uniti non hanno rinunciato al proseguimento delle proprie politiche insidiose; al contrario, hanno portato sulla scena politica figure note per la loro mentalità retrograda e misantropa, Osama e i Talebani. Permettendo a queste forze filo-fasciste e fondamentaliste di scorrazzare tra la nostra gente, gli Stati Uniti hanno impedito al nostro popolo di continuare la loro lotta per la libertà, la democrazia e il progresso. In questo desolato contesto politico ed economico, dinnanzi ad un popolo stremato da oltre tre decenni di guerre e dalla decimazione delle voci afgane democratiche, progressiste, patriottiche, gli Stati Uniti hanno spianato la strada all’occupazione dell’Afghanistan, da sempre il loro unico vero obiettivo.

Dopo l’11 Settembre, gli Stati Uniti e i suoi alleati hanno invaso questo cimitero, l’Afghanistan, con il pretesto di “combattere il terrorismo”, “ricostruire l’Afghanistan” e “promuovere i diritti umani nel Paese”. Allo scopo di raggiungere i propri obiettivi nella regione, gli invasori americani che hanno perpetrato crimini in tutto il Paese senza essersi mai stati promotori di pace e prosperità nel mondo, ancora una volta hanno trasformato il nostro Paese in un terreno di guerra – o se vogliamo, un grande campo da buzkashi. Hanno instaurato il governo più cruento della storia, composto da membri del Khad, da jihadisti, da seguaci di Gulbuddin Hekmatyar e da opportunisti talebani, tutti sotto la direzione di Karzai, sulle spalle già insanguinate del nostro popolo martoriato. Questi lacchè, che fino a ieri si combattevano a vicenda in nome del kofr (infedeltà) e dell’Islam con sotto gli occhi dei loro capi stranieri, hanno unito i propri interessi a quelli dei loro padroni e servi stranieri; oggi hanno il controllo totale del Paese e costituiscono il cosiddetto Fronte Nazionale di opposizione al governo afgano.

Il nostro popolo è da un lato vittima innocente dei continui bombardamenti e dei crimini contro l’umanità perpetrati dalle forze di occupazione, dall’altro è bersaglio degli attacchi terroristici e deli assassinii commessi dai criminali talebani. Nonostante i miliardi di dollari riversati nel nostro Paese, insicurezza, omicidi, carneficine di civili innocenti, corruzione sfrenata, povertà estrema e degrado, stupri, produzione di narcotici, disoccupazione e consumo di droga continuano a crescere vertiginosamente. Di conseguenza, il nostro Paese compare sempre ultimo nelle classifiche dello sviluppo stilate dalle Nazioni Unite; le sole volte in cui abbiamo raggiunto un “meritato primo posto” sono state nelle classifiche relative ai paesi con indice più alto di produzione di narcotici illegali, di povertà e corruzione!
Per far cadere l’Afghanistan in questa trappola infernale, il governo degli Stati Uniti segue la vecchia tattica del “dividi e comanda”. Il governo afgano filo-americano e jihadista, con l’aiuto dei media da esso controllati e di corrotti intellettuali, combatte notte e giorno per influenzare i cuori e le menti affinché si accetti la permanenza di basi militari americane in Afghanistan, elogiando fino alla nausea la consegna del proprio Paese nelle mani americane teorizzando “le necessità e i vantaggi” dell’essersi venduti agli Stati Uniti.

In un contesto tale, lo squallido governo Karzai non viene nemmeno ritenuto colpevole delle principali sciagure di Kabul. Assiste impassibile a tutte le atrocità e le infamie che accadono e come se non bastasse, commemora il Black Day, Giorno Nero, il 28 Aprile 1992, scialacquando cifre esorbitanti e spargendo così sale sulle ferite del nostro popolo. Quando più dell’ottanta per cento della nostra gente sopravvive appena alla miseria, vivendo sotto la soglia di povertà, celebrare all’ombra della bandiera a stelle e strisce il Black Day come giorno dell’indipendenza afgana è una presa in giro nei confronti del nostro popolo.

Rendiamo onore agli spiriti coraggiosi e rivoluzionari di Tunisia, Egitto, Yemen, Siria, Iran e di tutti quei paesi che lottano contro i propri regimi autocratici e dittatoriali. Siamo convinti che tali insurrezioni popolari rappresentino l’unica vera strada verso la libertà, mai come ora necessaria al nostro Paese. Crediamo fermamente che senza una rivolta di tutto il popolo afgano contro la tirannia, l’ignoranza e l’occupazione, il nostro Paese non conoscerà mai libertà e prosperità. Tale lotta non può che risultare vincente se condotta dalle nostre forze nazionali, democratiche e progressiste.
In questi giorni, figure reazionarie cosiddette d’opposizione si sono espresse anch’esse in maniera ipocrita in merito ad un’eventuale insurrezione popolare nel nostro Paese. La verità è che tali elementi temono insurrezioni popolari perché, quando la gente insorgerà, lo farà contro le forze d’occupazione della cosiddetta opposizione, e con il crollo di tali forze, anche le ambizioni e i poteri di questi lacchè saranno inevitabilmente destinati a crollare.

Non sorprende che uno dei principali responsabili dei crimini compiuti il 28 Aprile 1992 abbia rivelato in questi giorni il timore di una possibile rivolta popolare e mettendo in guardia i leader di tale rivoluzione affinchè non cadano nelle mani della “gioventù di Facebook”.

Il Partito Afghano della Solidarietà (Hambastagi), il partito democratico afgano, considera il 27 Aprile 1978 e il 28 Aprile 1992 una pagina vergognosa della nostra storia, le cui conseguenze perdurano tutt’oggi. Pretendiamo che i responsabili della distruzione che continua da oltre tre decenni, delle guerre intestine, dell’uccisione di migliaia di civili innocenti, della distruzione del novantacinque per cento delle infrastrutture del nostro Paese, delle centinaia di crimini e scempi  perpetrati vengano finalmente processati. Milioni di nostri compatrioti che hanno sopportato a lungo le ferite e le conseguenze di queste atrocità aspettano il giorno in cui giustizia verrà fatta. Non si può parlare di democrazia nel nostro Paese fino a quando non verrà fatta giustizia. La storia ci insegna che non si può ottenere giustizia, libertà e democrazia per mano di potenti leader criminali.

Il Partito Afghano della Solidarietà (Hambastagi) fa appello a tutte le voci, alle istituzioni e personalità progressiste e democratiche del nostro Paese affinché uniscano le proprie forze contro i criminali del 27 Aprile 1978 e del 28 Aprile 1992, evitando che il destino del nostro popolo e del nostro Paese martoriato rimanga nelle mani di questi criminali, traditori e potenze straniere.

Kabul, 28 Aprile 2011

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