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«In Afghanistan vige un apartheid di genere»

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Un’intervista di “Pagine esteri” a Belquis Roshan. “Il potere dei talebani si basa sulla violenza e sulla capacità di controllare ogni aspetto della vita civile attraverso la repressione. La maggior parte della popolazione li avversa; certamente non sono sostenuti dalle donne, di fatto escluse dalla società da un vero e proprio ‘apartheid di genere’”

Marco Santopadre, Pagine Esteri, 27 maggio 2024

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Dopo il repentino ritiro delle truppe statunitensi e occidentali, nell’agosto del 2021, i Talebani sono rapidamente tornati a impossessarsi del potere. Dopo l’iniziale shock determinato in tutto l’occidente dal manifesto fallimento della strategia ventennale di Washington, sull’Afghanistan è presto calato il silenzio dei grandi media internazionali.

Abbiamo approfittato della presenza in Italia di un’ex parlamentare afghana, Belquis Roshan, per rivolgerle alcune domande sulle condizioni della popolazione e in particolare delle donne nell’Afghanistan governato di nuovo dagli “studenti coranici”.

Nata nel 1973 nella provincia di Farah, durante l’occupazione sovietica Roshan ha vissuto in esilio con la sua famiglia prima in Iran e poi in Pakistan. Tornata nel suo paese nel 2001, ha iniziato a lavorare come direttrice di un centro medico per donne e si è formata politicamente all’interno del Rawa (Associazione Rivoluzionaria delle Donne Afghane).

In seguito è stata eletta prima alla Camera Alta e poi alla Camera Bassa del Parlamento come indipendente, rappresentando le correnti politiche e sociali progressiste che si opponevano tanto al fondamentalismo religioso quanto all’occupazione straniera del paese. Roshan ha incentrato la sua attività parlamentare sulla denuncia della corruzione del governo di Kabul e dei crimini commessi dai suoi sponsor occidentali.

Il suo nome è stato ben presto inserito nella lista nera sia dai Talebani sia dallo Stato Islamico. Quando i fondamentalisti hannoriconquistato il potere, quindi, Roshan ha dovuto nascondersi e successivamente è stata costretta a lasciare il paese. Attualmente Roshan vive in Germania dove lavora all’interno della numerosa comunità afghana.

 

Dopo che le truppe statunitensi e degli altri paesi occidentali hanno abbandonato l’Afghanistan e i talebani hanno sopraffatto il governo afghano, lei era a Kabul. In quel momento come ha reagito la popolazione afghana?

Quel giorno ero nel mio ufficio a Kabul, Sono uscita insieme alla mia guardia del corpo per andare ad un appuntamento, ma le strade erano completamente intasate da decine di migliaia di persone che, a bordo dei veicoli più diversi, volevano scappare dalla capitale per sfuggire ai Talebani che stavano entrando in città.

Non immaginavo che i Talebani si sarebbero impossessati del potere con la forza, pensavo che il primo ministro avrebbe offerto loro una condivisione del potere e ci sarebbe stato un accordo.

Non intendevo abbandonare il paese, volevo rimanere in Afghanistan, magari nascondendomi viste le continue minacce ricevute, ma non è stato possibile. Mi sono dovuta rifugiare in Pakistan insieme a milioni di miei concittadini che però vengono trattati in maniera terribile dalle autorità locali. I profughi vengono derubati dalle autorità e dalla polizia e ora gli è stato ordinato di abbandonare in massa il paese e a centinaia di migliaia vengono espulsi a forza. Le autorità locali si impossessano di una parte importante dei fondi stanziati dalle Nazioni Unite per i profughi afghani, che in generale sono obbligati a svolgere i lavori più duri e pericolosi e sono pagati molto meno dei lavoratori autoctoni. È una situazione disastrosa.

 

Che giudizio dà del governo di Ashraf Ghani, che gestiva l’Afghanistan prima del ritorno al potere dei Talebani, e del ventennio precedente?

Il governo precedente era una creatura degli americani. Le truppe statunitensi hanno occupato l’Afghanistan per venti anni non certo per difendere la popolazione e instaurare un regime democratico, ma per imporre gli interessi economici, politici e geopolitici di Washington. Il governo che c’era era un governo di occupazione, formato da collaborazionisti estremamente corrotti e violenti, incapaci di generare consenso tra la popolazione.

Io dico sempre che mentre i talebani uccidevano gli afghani con gli attentati, le truppe statunitensi lo facevano bombardando dal cielo. Per il popolo afghano non c’era molta differenza tra gli uni e gli altri. Coloro che erano contro i talebani ma anche contro l’occupazione straniera e il governo fantoccio sono stati perseguitati e repressi per venti anni.

Per venti anni, inoltre, gli americani e i loro alleati occidentali hanno utilizzato l’Afghanistan come un poligono per sperimentare le proprie armi e le proprie tattiche di guerra, come quando hanno utilizzato a Jalalabad – nell’est del paese – la cosiddetta “madre di tutte le bombe” che ha devastato il territorio circostante. Gli effetti terribili di quelle esplosioni sono ancora chiaramente visibili sull’ambiente e sulla popolazione locale.

Quando le truppe straniere sono andate via i membri del governo e molti funzionari sono scappati, portando con sé un’enorme quantità di ricchezze e abbandonando la popolazione a se stessa.

 

Come mai i Talebani si sono impossessati velocemente del potere dopo il ritiro delle truppe occidentali? Una parte della popolazione li sosteneva?

In realtà solo una piccola minoranza di afghani sostiene i Talebani, la maggior parte della popolazione li avversa. Il loro potere si basa sulla violenza e sulla loro capacità di controllare ogni aspetto della vita civile attraverso la repressione. Certamente non sono sostenuti dalle donne, di fatto escluse dalla società da una vera e propria “apartheid di genere”.

 

Com’è cambiata la vita della popolazione dopo il ritorno al potere dei Talebani?

La vita è praticamente sospesa, soprattutto per le donne che sono tornate ad essere prigioniere delle loro case e dei loro padri o mariti. Le donne non possono svolgere alcun tipo di lavoro, non possono più studiare e non possono neanche uscire di casa senza un parente maschio che le accompagni e le controlli. Le donne non possono indossare abiti o accessori colorati.

Ora è in corso una campagna di “moralizzazione dei costumi” anche nei confronti degli uomini che vengono obbligati a portare la barba lunga e a non indossare jeans e altri abiti occidentali.

Riceviamo in continuazione notizie di ragazze arrestate a causa del loro abbigliamento o del fatto che si truccano. Nelle prigioni le donne arrestate vengono picchiate e a volte anche abusate sessualmente; serve a diffondere la paura e a rafforzare il potere dei Talebani.

Ci arrivano sempre più notizie di donne, soprattutto ragazze giovani, che dopo essere state arrestate e poi rilasciate si suicidano. Purtroppo molte famiglie si sentono disonorate dal fatto che le proprie figlie siano state arrestate e ciò esercita una enorme pressione psicologica nei loro confronti. Quando le ragazze vengono scarcerate, inoltre, la famiglia deve pagare una sorta di cauzione e gli uomini della sua famiglia devono garantire personalmente che le figlie e le sorelle rispettino i precetti religiosi e le norme di comportamento imposte dai Talebani.

 

Dal punto di vista economico qual è la situazione del paese?

La situazione economica della popolazione è devastante. Le entrate economiche che prima erano assicurate alle famiglie dalle donne che lavoravano ora sono state azzerate. Un numero crescente di bambini è costretto a lavorare. Tutti i negozi, i centri estetici e i parrucchieri gestiti da donne hanno dovuto chiudere. Gli aiuti umanitari assicurati al paese dalle istituzioni internazionali e dalle Nazioni Unite vanno ai talebani e quasi nulla arriva alla popolazione civile.

Secondo le Nazioni Unite almeno 30 milioni di afghani (su una popolazione totale di 40 milioni, ndr) vivono in condizioni di povertà. Tantissime persone sono senza lavoro. In generale è difficile avere notizie attendibili dall’Afghanistan: tutti i mezzi di informazione e comunicazione sono sotto il rigido controllo dei Talebani, quelli critici o indipendenti sono stati chiusi o assimilati. Dal paese è difficile anche solo mandare comunicazioni all’estero da parte dei singoli cittadini.

 

Da quando sono tornati al potere, i Talebani hanno cercato una sponda nella Cina. Cosa ne pensa?

I Talebani stanno cercando crescenti relazioni con Pechino. La Cina vuole gestire buoni rapporti con il governo afghano e gli ha permesso di aprire una sede diplomatica a Pechino.
La Cina è interessata allo sfruttamento, a condizioni di favore, delle risorse minerarie, del carbone e del petrolio dell’Afghanistan che può così avere a prezzi davvero molto bassi rispetto a quelli dei mercati internazionali.

Pechino spera inoltre che avendo buoni rapporti con i Talebani eviterà che questi diffondano il germe del fondamentalismo nelle sue regioni a maggioranza musulmana. 

 

Marco Santopadre, giornalista e saggista, già direttore di Radio Città Aperta, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e dell’Africa. Scrive anche di Spagna, America Latina e movimenti di liberazione nazionale. Collabora con Pagine Esteri, il Manifesto, El Salto Diario e Berria

 

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