Tre anni senza Saman Abbas
micromega.net Tiziana Del Pra 2 maggio 2024
Ecco un articolo di Tiziana Dal Pra, fondatrice di Trama di terre di Imola. Trama di terre si è costituita parte civile nel processo per l’uccisione di Saman Abbas e fa parte della nostra Rete di associazioni.
Il primo maggio di tre anni fa veniva uccisa Saman Abbas. La sua morte, come quella di altre ragazze che volevano solo amare e vivere, ci ricorda che non dobbiamo mai anteporre le culture di provenienza e le appartenenze claniche ai diritti universali. Diritti, compreso quello di innamorarsi, che dobbiamo garantire a queste ragazze credendogli, accompagnandole, essendo sempre al loro fianco.
Il primo maggio del 2021, esattamente tre anni fa, Saman Abbas – una ragazza di diciotto anni di Novellara (provincia di Reggio Emilia) – veniva uccisa dallo zio, con la complicità dei genitori.
Cosa ci lascia Saman Abbas in eredità? Prima di tutto una tomba in uno spazio laico dove la sua foto e i suoi grandi occhi non sono censurati. Dove un fratello, cresciuto in una famiglia patriarcale e di clan, le dichiara l’amore. Tutto il contrario di un altro fratello che, nello spazio islamico del Cimitero Monumentale di Brescia, strappa la foto di sua sorella, Hina Saleem, barbaramente uccisa dal padre e dagli zii nel 2006, perché quell’immagine è troppo colorata e offende il suo onore. E, come lui stesso dichiara, la toglie tutte le volte che qualche donna la rimette là dove dovrebbe stare.
Saman ci lascia uno sguardo di libertà che non abbiamo saputo cogliere in tempo perché non riusciamo a toglierci da dosso l’idea che la cultura di provenienza è più importante dei diritti universali. Questo fa crescere in molti la paura di nominarli. Si fa prima a pensare che siano solo i classici litigi familiari fra adolescenti e genitori.
Saman ci lascia in obbligo la volontà, che deve maturare in noi, non solo di guardare, ma di vedere, di credere a queste ragazze, di essere al loro fianco, di accompagnarle a scuola, di rassicurarle: anche innamorarsi è un diritto.
Siamo solerti a chiedere doveri, dimenticando troppe volte che anche noi ne abbiamo. Abitiamo in un Paese dove le donne hanno subìto e subiscono ancora un patriarcato che si esprime anche nelle sue forme più violente. Abbiamo lottato per la liberazione e l’autodeterminazione di tutte. Trasmettere questo è nostro DOVERE.
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