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“Hanno fatto irruzione durante un corso di arte, distruggendo tutto”. In Afghanistan i talebani negano l’istruzione alle donne, la testimonianza: “La società non lo accetta”

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sdzviohIl Dolomiti, 28 dicembre 2022, di Francesca Cristoforetti   

Dopo aver negato alle donne di frequentare l’università, ora viene vietato loro di lavorare per le organizzazioni non governative. La testimonianza: “Tante mi hanno detto: ‘Non è il momento di piangere, dobbiamo combattere'”. Il giornalista e regista Wahidi: “I docenti universitari hanno dato le dimissioni in sostegno alle proteste”

Ancora passi indietro dei talebani sul fronte dei diritti. Solo una settimana fa era stato impedito alle donne di frequentare l’università, ora viene vietato loro di lavorare per le organizzazioni non governative, sia locali che internazionali, uno dei pochi ambiti in cui potevano ancora avere un ruolo. Progressivamente, da agosto 2021, con la presa di potere dei talebani le donne sono state escluse sempre di più dalla vita lavorativa e sociale.

LA TESTIMONIANZA

“Soltanto pochi giorni fa i talebani hanno fatto irruzione all’interno di alcune classi a Kabul, dove si stavano svolgendo dei corsi di arte in una scuola tecnica a cui partecipavano due mie famigliari, una di 14 e una di 24 anni. Tutti i disegni e gli strumenti per dipingere sono stati distrutti con violenza, le hanno fatte uscire dalla classe”. A parlare è Sahar (nome di fantasia), una studentessa di origine afghana in Italia da marzo 2021 che è stata intervistata da il Dolomiti. “I talebani non permettono alle donne di istruirsi, ma non solo, stanno vietando di frequentare anche i corsi extra-scolastici, l’unica ‘oasi’ di pace per loro in questo momento”.

Sono soltanto di qualche giorno fa i video, diventati virali sui social, in cui le studentesse manifestano fuori dall’Università di Nengrahar, insieme ai colleghi uomini, i quali hanno abbandonato le aule in segno di protesta. Tra gli slogan “All or none”, o tutti o nessuno.

“Il gruppo medievale e misogino (dei talebani ndr) ha paura delle donne istruite – dichiarano le attiviste di Revolutionary Association of the Women of Afghanistan – Rawa -, ma il popolo afghano non è ignorante e si solleverà contro questa organizzazione brutale e terroristica impostaci dagli Stati Uniti e dalla Nato. Nessuno può privare le donne afghane del loro diritto all’istruzione”.

Sahar ricorda il periodo dal 1996 al 2001: “A quei tempi non c’era nulla, mancava cibo e mancava l’elettricità. Io ho preso il colera da piccola, nonostante fosse prevenibile ai tempi è stata una pandemia e molte donne e bambini hanno perso la vita”. Ora sembra aver fatto un salto nel passato: “L’università è stato uno degli ultimi baluardi di speranza per le donne, per poter avere un futuro migliore anche per andare fuori all’estero. Molti conoscenti mi dicono che è impossibile uscire dal Paese, anche per motivi di studio”.

Un momento tragico per il Paese, ma “i ragazzi e le ragazze sono la luce in fondo al tunnel – prosegue -. Dieci anni fa non sarebbe mai accaduta una cosa simile, ora c’è una consapevolezza maggiore. Le proteste sono state sorprendenti, soprattutto in una società così conservativa. Sono azioni pericolose, anche per gli stessi professori che hanno deciso di lasciare l’insegnamento: se non lavori non mangi”.

Una situazione estremamente difficile soprattutto per le ragazze e le donne, sempre più emarginate all’interno della società: “Soffrono moltissimo a livello psicologico – conclude Sahar -, subiscono costantemente violenze a partire dalla negazione dei loro diritti. Ma tante mi hanno detto: ‘Non è il momento di piangere, dobbiamo combattere’. La società civile non sta accettando quello che sta accadendo nel Paese”.

LA VOCE DEL REGISTA HAZARA

Ad alzare la voce anche il giornalista e regista hazara, Amin Wahidi da circa 15 anni in Italia: “I talebani sono dei criminali. Non sono cambiati rispetto a 20 anni fa. Per questo devono essere boicottati, non ci si può fidare di loro. Tutto questo era prevedibile. Non è concesso alle donne andare in università perché le hanno accusate di non aver rispettato la sharia, quindi a loro viene negato qualsiasi diritto e grado di istruzione”.

Diverse proteste però hanno animato il Paese in molte province, “e alcuni docenti hanno dato le dimissioni in sostegno alle ragazze – prosegue -. Il regime non può negare i diritti a circa metà della società. Le donne hanno alzato la voce ma sono state zittite e sono state minacciate, oltre che aver subito violenze”. In Afghanistan “non esistono processi sotto il regime talebano – conclude il regista -, loro possono ucciderti senza che ci sia mai un responsabile”.

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