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INTERVISTA A MARYAM RAWI PORTAVOCE DI RAWA

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Anticapitalista.org Cristina Tuteri 9 novembre 2022

 

290px RAWA logo

Il 26 ottobre, a Roma, alla Casa Internazionale delle donne c’è stato un bellissimo incontro realizzato dal CISDA, che ha portato in Italia Maryam Rawi portavoce di Rawa, organizzazione clandestina rivoluzionaria femminista afghana.

Un lungo racconto sull’Afghanistan, intenso e ricco di passione e di sofferenza ma anche pieno di forza e di coraggio da parte di questa attivista e della sua organizzazione.

Lo riporto sotto forma di intervista corale con domande che hanno viaggiato nelle nostre teste.

Ci racconti a grandi linee la tua organizzazione Rawa?

Rawa continua a svolgere diverse attività a supporto della popolazione, come organizzare le scuole per le bambine e i bambini

La storia di Rawa inizia nel 1977 a Kabul tra le giovani studentesse e intellettuali impegnate in politica.

Fin dall’inizio Rawa si è impegnata a combattere per la giustizia sociale contro tutti i governi che si sono succeduti. Quando Rawa è nata c’era un governo sostenuto dai sovietici che invaderanno il paese nel 1979.

Rawa crede che sia fondamentale lottare per la democrazia e la laicità, per questo si è impegnata a combattere non solo l’occupazione straniera ma anche tutti i fondamentalismi nel concreto i gruppi e le milizie fondamentaliste che esistevano già nel paese dalla fine degli anni Settanta.

Oggi come oggi purtroppo la situazione politica è determinata da quelli che sono gli obiettivi dell’agenda della CIA, che ha sempre sostenuto i leader religiosi che appartengono a diverse formazioni politiche fondamentaliste e che fanno riferimento a diverse etnie presenti nel paese.

E in tutti questi anni Rawa ha continuato ad operare per sostenere le donne nei loro bisogni fondamentali ma anche a sostenere la loro emancipazione e la consapevolezza di sé e la loro coscienza politica e ha continuato questo lavoro tra i rifugiati e le rifugiate in Pakistan.

Crediamo che sia importante nel nostro paese lavorare per incrementare il livello di consapevolezza politica e democratica tra la popolazione.

Negli anni in cui abbiamo lavorato in Pakistan siamo state sotto attacco dei servizi di intelligence pakistani e delle formazioni ad esse collegate.

Mina la fondatrice di Rawa è stata assassinata in Pakistan in quegli anni quando eravamo attive nel paese.

Essere un’organizzazione clandestina che lavora in modo segreto ci aiuta ancora oggi a continuare la nostra azione.

A partire dal 1997 Rawa ha creato il suo sito Web e questo ci ha permesso di far conoscere la voce delle attiviste di Rawa e della nostra organizzazione ovunque nel mondo e a creare delle connessioni con gli altri movimenti femministi democratici e antifondamentalisti nel mondo.

Rawa ha avuto anche un ruolo molto importante nella contro informazione sia all’interno che all’esterno del paese

 Nel primo regime talebano, quando per i giornalisti occidentali era impossibile essere in Afghanistan e documentare tutte le violazioni dei diritti umani, le donne attiviste di Rawa hanno svolto questo compito, nascondendo delle piccole telecamere sotto il burqa riprendendo le esecuzioni e le violazioni dei diritti umani e sono riuscite a portare al di fuori del paese la documentazione e la descrizione di quello che accadeva.

 Come giudica Rawa la guerra e l’occupazione militare della NATO?

Rawa ha messo in luce, come sempre, in particolare dopo l’11 settembre, il ruolo degli Stati Uniti, giocato sulla propaganda ipocrita e falsa fondata su tre parole chiave ESPORTAZIONE DELLA DEMOCRAZIA, EMANCIPAZIONE DELLE DONNE e GUERRA AL TERRORE; abbiamo potuto vedere però cosa è successoS 20 anni fa quando gli Stati Uniti sono intervenuti nel nostro paese i talebani erano più deboli, oggi sono fortissimi. A questo è servita la guerra della NATO. 

Qual’è l’attività che Rawa può svolgere sotto il regime talebano?

 Facendo tesoro dell’esperienza faticosa accumulata durante il primo regime talebano con le scuole clandestine che abbiamo costruito rivolte alle bambine e alle ragazze, oggi siamo in grado di organizzare classi scolastiche in clandestinità con materie che nelle scuole dei talebani non vengono insegnate, come Inglese matematica e materie scientifiche.

 Oggi le donne afghane appaiono come l’opposizione possibile al regime talebano, e gli uomini?

 Moltissimi attivisti uomini impegnati in organizzazioni non governative e in vari servizi sociali sono stati oggetto di attacchi ed uccisioni mirate e tutto questo avviene in un modo molto subdolo silenzioso e non alla luce del sole.

Accade, e non emerge nei media occidentali, che molti uomini sono stati uccisi semplicemente perché hanno osato ascoltare musica. Ci sono molte restrizioni riservate agli uomini, ad esempio non possono tagliare la loro barba, non possono indossare jeans, devono recarsi per cinque volte al giorno in moschea a pregare.

Chi sta resistendo in Afghanistan?

Non c’è solamente Rawa, c’è una resistenza spontanea che è scesa in piazza in tutte le province dell’Afghanistan per protestare contro il regime talebano.

Per fortuna le donne afghane non sono più le stesse di venti anni fa, hanno imparato il valore dei loro diritti, hanno imparato quanto vale la loro libertà e la loro vita. Quando il paese è stato riconsegnato dagli USA ai Talebani, si sono rifiutate di fare tutta una serie di cose che vengono imposte dal regime, quando i talebani hanno imposto l’hijab nero, in tutte le province non solo nella capitale diverse donne si sono ribellate.

Quando i talebani hanno cominciato a impedire alle donne di andare a lavorare molte di loro sono andate ugualmente sul luogo di lavoro, e non solo perché sono vedove e in situazione di estremo bisogno e unica fonte di reddito della loro famiglia, ma anche perché non vogliono sottostare a questi dictat del governo.

A volte vediamo che i media occidentali descrivono i talebani come una realtà cambiata rispetto al primo regime, più liberali verso le donne, ma non è così e ormai la realtà sta venendo alla luce, e organizzazioni non governative come Amnesty International forniscono relazioni dettagliate sugli arresti di donne che si sono opposte alle regole del regime talebano che vengono catturate ed uccise, ma prima torturate violentate.

In Iran ci sono rivolte importanti guidate dalle donne, che legame sentite con queste ragazze?

È vero che non si può assolutamente paragonare le lotte e le manifestazioni che si stanno verificando in Iran con quelle in corso in Afghanistan ma sicuramente per noi donne afghane la rivolta delle donne iraniane è di grande ispirazione.

Il motivo per cui ci sentiamo così vicine alle donne iraniane è che abbiamo punti in comune che sono fondamentali, innanzitutto ci opponiamo all’estremismo e al fondamentalismo religioso di matrice islamica, ci opponiamo alle restrizioni della sharia e vogliamo portare avanti una lotta comune.

Anche se piccola, è significativa la manifestazione in solidarietà con le donne iraniane che Rawa è riuscita ad organizzare con la protesta contro l’ambasciata iraniana a Kabul.

Speriamo e lavoriamo affinché quello che sta accadendo in Iran oggi accadrà in futuro in Afghanistan.

Ci racconti che il regime talebano non è appoggiato dalla popolazione, in che modo puó manifestarsi questa diffusa contrarietà? Quali sono i rischi?

Tutte le volte che si parla di Afghanistan si immagina un paese devastato dalla guerra ma dobbiamo dire che la maggioranza della popolazione afghana, di qualsiasi etnia, non da nessun appoggio ai talebani in questo momento.

Il messaggio più grande che porto dall’Afghanistan nella mia missione politica in Occidente è che nessuno in Afghanistan né uomini né donne vogliono essere divise e divisi per etnia o per religione e tutte e tutti vogliono portare avanti la speranza di una idea di popolo e di una nazione unita.

Tutto quello che sta accadendo in Afghanistan colpisce la popolazione in tutte le sue componenti, dal punto di vista economico la perdita dei posti di lavoro, la povertà estrema, la mancanza assoluta di sicurezza.

È vero che la società afghana è di fondo conservatrice sulla condizione delle donne ma le cose sono cambiate e moltissimi uomini soprattutto quelli che hanno avuto la possibilità di studiare di vivere nelle città hanno cominciato a sostenere i diritti delle donne in particolare le giovani generazioni hanno preso consapevolezza e ci sostengono.

Naturalmente io sono una donna afghana femminista clandestina e rischio la vita quotidianamente, ma anche gli uomini rischiano moltissimo opponendosi al regime dei talebani sono destinati ad essere perseguitati e moltissimi perdono la vita in attacchi suicidi e nelle numerose esplosioni all’interno di molte aree del paese.

Non c’è nel mio paese nessuna donna e nessun uomo che appoggia il regime talebano.

Se i talebani sono al potere e sono molto forti, questa forza e questa potenza non è dovuta certo al supporto della popolazione ma alle armi che hanno in pugno e al supporto internazionale che ricevono dalle potenze regionali dell’Iran della Cina e della Russia.

C’è molta voglia di fuggire dall’Afghanistan?

Oggi in Afghanistan tutte e tutti vorrebbero andare via. Certamente per gli uomini è più facile, pagando un costo alto in denaro, affrontare il viaggio della speranza per uscire dal paese, ma c’è chi resta e chi decide di combattere e lottare per la giustizia e il riconoscimento dei diritti nel paese, e fa un enorme sacrificio, contrastare il regime si paga spesso con la vita.

Quali sono i sacrifici e come sono le vite delle attiviste e degli attivisti?

Se vi dovessi raccontare quel che è la mia vita ed entrare nel merito di questa situazione così dolorosa e faticosa che riguarda non soltanto la lotta che portiamo avanti ma anche la vita quotidiana e i doveri di ogni giorno e non soltanto quelli che riguardano il diritto all’istruzione e al lavoro ma anche nella vita di tutti i giorni dei bisogni essenziali…..Se guardiamo quel che è accaduto nel nostro paese in 40 anni, noi abbiamo avuto due occupazioni militari straniere quella sovietica e quella americana, la guerra civile nel mezzo, e due regimi talebani. E ora il nostro paese è noto per essere uno dei paesi più corrotto al mondo e per essere uno dei maggiori produttori di eroina al mondo, ed oggi è anche considerato, e lo è, uno dei paesi più insicuri al mondo. Ed è anche il paese più infelice al mondo.

Purtroppo ha tutti i peggiori primati, il paese più triste, il paese peggiore in cui nascere donna.

In Afghanistan è una grandissima sfida non solo essere un’attivista che lotta contro il regime ma anche essere semplicemente un essere umano.

Quando i talebani hanno tolto il diritto di studiare alle donne molti genitori hanno scelto di mandare le proprie figlie in scuole private ma questa scelta è una scelta molto pericolosa perché andare da casa a scuola è molto rischioso.

Poco tempo fa c’è stato un attacco suicida in una scuola che ha provocato 50 vittime più di 100 feriti  al centro di Kabul. E queste giovani donne di 16/17 anni sono state ammazzate solo per il loro impegno a crescere e formarsi.

Anche le lavoratrici del settore sanitario sono sotto attacco, noi abbiamo dedicato la nostra unità mobile sanitaria a Simi, che era una giovanissima operatrice sanitaria che si occupava di vaccinazioni, aveva 19 anni, si era appena diplomata, ed è stata ammazzata, è stato un omicidio mirato.

E purtroppo tutte le persone che subiscono questi attacchi suicidi mirati, quando non muoiono e sono ferite restano disabili per tutta la vita e non hanno assolutamente la possibilità di trovare cure adeguate per superare le ferite subite.

 Quali sono le ricadute psicologiche sulla popolazione?

Una statistica racconta che più del 90% della popolazione afghana soffre di depressione e di stress. Provate a pensare anche a chi ha un figlio o, come me, una figlia, io se la mando a scuola non so mai se torna a casa e io stessa quando parto per queste campagne di assistenza alla distribuzione del cibo alla popolazione non so mai se io e mio marito torneremo a casa vivi.

Moltissimi giovani afghani che vanno in Pakistan per lavorare finiscono nel settore edilizio e sono oggetto di sfruttamento brutale e quindi molto spesso cominciano a drogarsi.

Quindi la vita quotidiana della popolazione normale è a fortissimo rischio ed è stressante vivere in questo modo e quindi potete aggiungere tutto il rischio ulteriore che corrono le persone che svolgono attivismo politico e sociale contro il regime.

Il pericolo più grande a cui sono sottoposti gli attivisti sono gli attacchi personali mirati, arresti rapimenti scomparse e uccisioni.

Non c’è un sistema giudiziario a cui rivolgersi ma vale la legge imposta dal regime.

E continuano ancora esecuzioni con lapidazione nel nostro paese.

Si può quindi immaginare quanto la vita di chi si oppone sia faticosa e difficile e Rawa è riuscita a sopravvivere per 40 anni grazie alle attività svolte in clandestinità.

L’Afghanistan è un paese martoriato ma anche molto bello, quali sono le bellezze a cui ancora riesci a pensare?

La bellezza del mio paese sta nel fatto che nonostante tutte le sofferenze le persone resistono continuando ad esempio a far studiare le proprie figlie e figli.

Anche nei villaggi più periferici mi è capitato di vedere uomini anziani accompagnare le bambine a scuola con tutti i rischi che questo comporta anche per lunghi tragitti a piedi.

La gente in Afghanistan sa molto bene che l’unico modo per cambiare le cose è permettere ai propri figli e alle proprie figlie di studiare e questo in un paese la cui economia si basa soprattutto sull’agricoltura.

Un’altra cosa bella del mio paese è l’amicizia che sperimentano le persone nonostante le differenze etniche e religiose e questo avviene non soltanto tra le e gli intellettuali ma anche nelle aree rurali.

Sappiamo di essere un paese molto povero ma sappiamo anche che il nostro paese possiede enormi risorse che lo rendono in realtà ricchissimo.

Abbiamo subito tutte le guerre perché siamo un paese ricco di risorse, abbiamo molta acqua, motivo di future guerre.

E l’arte? L’attività creativa è ancora possibile?

Gli artisti devono nascondere la loro attività perché è proibito produrre arte. Devono mimetizzarsi perché a rischio di uccisioni mirate e repressione e quindi  è quasi impossibile produrre arte ma la si produce ugualmente in maniera clandestina.

A livello di opinione pubblica internazionale c’è molta sensibilità sulle vicende afghane, quanto è importante disconoscere il regime talebano e quindi interrompere le relazioni commerciali con il regime

È molto importante. C’è una scollatura tra quel che vuole la società civile e le politiche internazionali, i vostri governi occidentali continuano a commerciare con l’Afghanistan proprio per le sue materie prime come ad esempio il litio che serve per costruire cellulari e l’azione della società civile deve essere quella di premere sui vostri governi per bloccare questi rapporti con il regime talebano e disconoscere completamente l’attuale governo fondamentalista, come chiede Rawa.

Cosa significa essere un’organizzazione politica che si oppone al regime talebano?

Essere un’organizzazione politica per noi significa innanzitutto partire dai bisogni essenziali della popolazione che è in una condizione di grande povertà con alta mortalità per fame diffusa in tutto il paese. Rawa non è mai stata un’organizzazione non governativa non si è mai registrata negli uffici governativi, è sempre stata un’organizzazione illegale, è sempre stata un’organizzazione di base che per fortuna ha sviluppato nel tempo relazioni con altre organizzazioni a livello internazionale, in modo particolare con le organizzazioni progressiste femministe che hanno iniziato e continuano a supportarci.

In Italia abbiamo il supporto del CISDA ed è molto importante, come molto importanti sono le missioni che il CISDA ha realizzato dall’Italia all’Afghanistan e viceversa dall’Afghanistan all’Italia come quest’ultima che mi ha portata qui in Italia.

Quale aiuto concreto possiamo darvi?

Naturalmente per continuare ad operare abbiamo bisogno di fondi, l’attività di raccolta fondi diventa molto difficile quando l’attenzione dei media è bassa, e quindi occorre rivitalizzare questa raccolta fondi che per gli attivisti antigovernativi è vitale.

Tutta la nostra attività umanitaria non è mai fatta a nome di Rawa per ragioni di sicurezza.

Se paragoniamo quello che noi siamo in grado di fare con gli enormi bisogni della popolazione afghana la nostra azione è una piccola goccia.

Ma la differenza tra la nostra raccolta fondi e quella realizzata in altri modi è che ogni fondo che noi raccogliamo raggiunge immediatamente il paese e la popolazione afghana. E naturalmente sia noi in Afghanistan che il CISDA in Italia facciamo un’attività completamente volontaria non ci sono retribuzioni.

È poi importante aderire alle campagne internazionali a nostro sostegno, in Italia proposte dal CISDA e continuare a parlare di Afghanistan per mantenere viva l’attenzione internazionale.

La tua partenza dall’Afghanistan come il tuo ritorno comportano dei rischi notevoli?

Da venti anni ci sono delegazioni tra Italia e Afghanistan e come io sia riuscita oggi ad arrivare sarebbe una lunga storia da raccontare. L’ultima visita in Italia da parte di Rawa è stata nel 2017 e l’ultima visita da parte dell’Italia in Afghanistan organizzata dal CISDA è stata nel 2019 e da allora ci sono stati una serie di problemi e di restrizioni per il viaggio legate alla concessione di visti, ma anche il Covid ha reso difficili queste visite. Il problema grosso per noi donne afghane è anche arrivare soltanto alla frontiera, è molto difficile perché non possiamo viaggiare da sole ma dobbiamo essere scortate da uomini e quindi arrivare fin qui è molto complicato anche perché spesso richiede di rimanere nei paesi confinanti come il Pakistan e l’Iran per mesi prima di riuscire ad ottenere l’ok del visto per permettere di entrare in area Schengen. Per questo chiedo di non farmi foto e se le fate di coprire il mio viso proprio perché devo tornare nel mio paese e corro un grande rischio, non devo essere riconosciuta, sono clandestina.

 

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