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DONNE IN NERO: SOLIDARIETÅ E SOSTEGNO ALLE DONNE AFGHANE

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Donne in Nero Padova – Centro Pandora  8 gennaio 2022

SIT-IN a PADOVA angolo via S. Fermo-Piazza Garibaldi 12 GENNAIO 2022 dalle 17.00 alle 18.00 

GGGKAB06 A 77015918Nei giorni scorsi circa 100 donne con straordinario coraggio hanno manifestato a Kabul, contro la discriminazione e l’ingiustizia sociale a cui di nuovo il regime dei Talebani le vuole sottoporre.

Molte donne afghane negli ultimi decenni sono state attive nelle Organizzazioni Non Governative, hanno creato Case rifugio per le vittime di violenza, si sono affermate come giornaliste, hanno ricoperto incarichi politici, si sono liberate dell’obbligo di nascondere il proprio corpo, ecc. ora sono invece ricacciate nell’invisibilità della casa e del Burqa.

La precipitosa e rovinosa ritirata degli Usa, a cui si sono accodati l’Italia e altri Paesi Nato, dopo 20 anni di occupazione militare e miliardi di dollari di dollari dissipati con devastazioni in tutto il territorio, precipita nuovamente le donne in una condizione di terrore, di privazione della libertà, di negazione di diritti fondamentale e di autonomia. Di fronte al tragico fallimento della guerra, chiediamo a chi ne è stato responsabile, ai Paesi dell’Unione Europea e, in primis, al Governo Italiano di

  •   Dare supporto e protezione alle donne afghane in fuga, riconoscendo nella loro condizione di rifugiate l’aggravante di una persecuzione di genere
  •   Assicurare un’accoglienza dignitosa a tutte le persone in fuga dall’Afghanistan, garantendo loro l’esercizio del diritto d’asilo, come previsto dalle Convenzioni Internazionali
  •   Tutelare con gli strumenti della Diplomazia e Relazioni internazionali la vita di quanti e quante rimarranno nel Paese, a partire dalle donne e dalle bambine, sottoposte ad un regime patriarcale particolarmente misogino.

Il governo dei talebani infatti ha stabilito che le donne non possono viaggiare, se non accompagnate da un parente di sesso maschile, che la maggioranza delle scuole secondarie del Paese rimanga chiusa per le ragazze e che la maggior parte delle donne non possa tornare al lavoro.

La manifestazione è stata repressa dalle forze speciali talebane che hanno sparato in aria ed esploso gas lacrimogeni.

A tutte le donne afghane esprimiamo solidarietà e affettuosa vicinanza e i nostri più profondi sentimenti di riconoscenza per l’impegno nella lotta globale per la liberazione delle donne dalla Cultura Patriarcale.

 

Chi volesse contribuire ad aiutare le donne afghane anche con una piccola cifra può farlo con un bonifico sul conto del CISDA (Coordinamento italiano sostegno donne afghane onlus) specificando nell’oggetto “DONAZIONE LIBERALE – EMERGENZA AFGHANISTAN”.

BANCA POPOLARE ETICA agenzia via Scarlatti 31 – Milano IBAN: IT74Y0501801600000011136660

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NON CE NE ANDREMO, CONTINUEREMO A LOTTARE”

A parlare è una donna che preferisce non dire il suo nome. Parla al plurale, in nome di RAWA – Associazione Rivoluzionaria delle Donne Afghane di cui fa parte. Nata negli anni Settanta come movimento femminile di resistenza all’occupazione sovietica, oggi opera in clandestinità. È una delle organizzazioni più importanti per la difesa dei diritti delle donne in Afghanistan

«Il desiderio dei Talebani di essere presi sul serio dall’Occidente non ha cambiato la loro natura che è e sarà sempre misogina, inumana, barbara, reazionaria, antidemocratica e anti-progressista. La situazione nel Paese è di totale caos e devastazione. Oggi le città afgane sono tristi, cupe e grigie: non si sente più musica o le voci delle persone lungo le strade. La gente esce poco di casa perché ha paura. Ci sono pochissime automobili perché il gas e la benzina costano caro. La situazione economica è disastrosa: è quasi raddoppiato il prezzo degli alimenti di base, molti prodotti sono scomparsi dal mercato. Le banche, le imprese private, le start-up locali e anche i piccoli negozi

stanno chiudendo; le importazioni e le esportazioni sono bloccate. Non c’è denaro e i pochi che lo possiedono, non posso prelevare più di 200 dollari al mese. Secondo UNDP (United Nations Development Programme) il 97% della popolazione rischia di cadere in povertà entro la metà del 2022, se non vengono forniti aiuti internazionali. Anche il settore sanitario è in crisi, non ci sono le medicine, non ci sono gli strumenti, non ci sono gli operatori sanitari. Il tasso di disoccupazione è altissimo, sono aumentati i suicidi di chi non riesce a sfamare la famiglia o a pagare l’affitto. In molti affermano che quest’angoscia non è affatto diversa dalla sensazione di terrore che si prova in guerra. In più, una delle nostre più grandi paure è che i Talebani trasformino l’Afghanistan in un rifugio sicuro per i terroristi».

“Oggi è straziante vedere che gli obiettivi di tante donne, come quelli di studiare o di costruirsi una buona carriera, siano infranti, seppelliti sotto il burqa che in molte non erano più abituate a portare. I Talebani trattano le donne peggio delle bestie. Considerano illegale la detenzione degli animali in gabbia ma le imprigionano tra le quattro mura di casa. Mentre prima le donne costituivano poco più di un quarto del parlamento del paese e il 6,5% dei posti ministeriali, oggi sono escluse dal governo. E nonostante le false assicurazioni la maggior parte, deve ancora tornare in ufficio o in aula. L’edificio che una volta ospitava il Ministero degli Affari femminili da quando ci sono i Talebani è stato riadattato per accogliere il Ministero per la propagazione della virtù e la prevenzione del vizio, la polizia morale dei Talebani. E il fatto che ancora oggi menzionino costantemente il complesso di regole della Sharia significa che il sistema di restrizioni e regolamenti diventerà sempre più duro e stringente fino a che non ci soffocherà».

“Non pensiamo che fuggire dal Paese sia la soluzione giusta per le donne di RAWA perché, come abbiamo imparato dalla storia, nei momenti di guerra e oppressione il popolo mostra la sua capacità di resistenza. Proveremmo vergogna a lasciare il Paese e abbandonare milioni di persone

che soffrono. Forse non riusciremo a rovesciare il regime talebano ma non smettiamo di aiutare la nostra gente. È un dovere continuare la lotta e denunciare il regime, i suoi crimini e il ruolo da traditore che hanno avuto le potenze straniere. Nonostante viviamo in una società misogina, fondamentalista e patriarcale, nonostante i divieti, le botte, la paura, le minacce e le morti, le donne afghane continuano a protestare. Nessuna nazione può donare i diritti o la democrazia ad un altro stato. Perciò siamo certe che saranno proprio le nostre donne, ora politicamente consapevoli, a guidare la lotta per la resistenza in Afghanistan. Faranno da apripista perché sanno che cosa significa essere oppresse e, molto più di quanto accada agli uomini, stanno provando sulla loro pelle il dolore per la violazione dei diritti fondamentali, le brutalità del regime talebano».

(Dall’intervista di Chiara Sgreccia pubblicata da Repubblica lo scorso 9 novembre.)

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