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L’Afghanistan e il traffico illecito di beni culturali

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Perché l’Afghanistan è una miniera d’oro per il traffico illecito di beni culturali? Una serie concatenate di cause spiega il motivo.

DirittoConsenso – 22 febbraio 2021, di Lorenzo Venezia Afghanistan treasures01

Le ferite aperte dell’Afghanistan e il traffico illecito di beni culturali

L’Afghanistan è uno Stato che da molti anni soffre un’instabilità generale. Tra i tanti problemi, anche se è poco conosciuto, c’è il traffico illecito di beni culturali. Ci sono infatti numerosi studi che confermano che l’Afghanistan sia uno stato di origine dei beni culturali. Con questa espressione si indica uno Stato il cui patrimonio culturale sia stato rubato e illegittimamente esportato. E non si cada nell’errore che la qualifica (come viene detto in inglese di source country) sia una condizione esclusiva dell’Afghanistan.

La presenza di inestimabili beni culturali però non fa gola solamente ai commercianti disonesti, ai curatori d’aste compiacenti o ai compratori che intendono rimanere anonimi il più a lungo possibile. Infatti anche i gruppi terroristi intendono mettere le mani su queste ricchezze. Pezzi antichi, ori, statue e preziosi finemente lavorati rappresentano ottimi investimenti per il finanziamento delle attività terroristiche. Se poi a queste attività si aggiunge la distruzione dei beni, l’Afghanistan è forse lo Stato che più ha subito l’onta della riduzione in polvere (letteralmente, e vedremo perchè) del proprio patrimonio culturale.

Più cause, un unico sconfitto: il patrimonio culturale afgano

L’Afghanistan è severamente colpito dal traffico illecito dei beni culturali. La difficile situazione interna a seguito di due invasioni militari e poi il conflitto tra governo centrale e gruppi dei talebani dagli anni 90 crea deboli presupposti per una salvaguardia sufficiente del patrimonio nazionale. Tra le cause del danneggiamento del patrimonio afgano, ricchissimo e oggetto di influenze di numerose civiltà, vi è, sorprendentemente, l’urbanizzazione e la crescita della popolazione nelle città.

Inoltre la presenza di gruppi terroristici non aiuta ad arginare il fenomeno del traffico illecito, specie del saccheggio dei beni culturali e della distruzione dei beni culturali: il caso più eclatante è stata la distruzione delle statue dei Buddah di Bamiyan nel 2001 da parte dei talebani. Ma c’è di più. Le ricerche effettuate e i casi scoperti nel traffico internazionale di beni culturali hanno mostrato diverse forme organizzative criminali. Negli ultimi anni si è data sempre più importanza al rapporto tra il furto o il saccheggio di opere d’arte o di beni archeologici e il finanziamento di attività illecite

Come citato in Charney:

“I gruppi terroristici fondamentali si affidano alle antichità saccheggiate come una delle principali fonti di finanziamento. Mohammed Atta ha cercato di vendere antichità saccheggiate nel 1999 come fonte di finanziamento per gli attacchi dell’11 settembre. In regioni come l’Afghanistan, gli agricoltori locali scavano tesori sotterranei e li vendono a organizzazioni criminali o governative locali per una piccola frazione del loro valore effettivo. Le antichità poi vengono contrabbandate all’estero, con una falsa provenienza e vendute, spesso su un mercato aperto, a ignari musei e collezionisti che non immaginerebbero mai che il loro acquisto possa finanziare indirettamente i talebani. Uno dei modi più importanti per convincere il pubblico in generale e i governi a prendere sul serio il crimine artistico tanto quanto merita è quello di evidenziare i modi in cui questa categoria di crimine apparentemente innocua non solo esaurisce e danneggia l’arte del mondo e la sua comprensione di essa, ma alimenta anche il commercio di armi, il traffico di droga e l’attività terroristica.”.

Il saccheggio di beni culturali

Il saccheggio di beni culturali, in particolare, avviene per cause economiche e per la povertà dei cittadini. In Van Krieken-Pieters si legge:

“Il problema più importante attualmente è il saccheggio indiscriminato di siti archeologici conosciuti e sconosciuti. Interi siti sono stati scavati utilizzando pale e bulldozer. Ad Aï Khanoum, una città greca probabilmente fondata da Alessandro Magno, furono scoperte tracce di un teatro, una palestra e dei mosaici. Tutto ciò che resta oggi è un campo adatto solo alla coltivazione. Altri esempi di siti che sono caduti vittima di scavatori illegali che lavorano per commercianti senza scrupoli sono i numerosi siti buddisti di Hadda e le montagne dorate di Tellya Tepe. È impossibile proteggere i siti in un Paese che è ancora soggetto a guerre latenti e dove è troppo pericoloso avviare scavi ufficiali.”.

Inoltre nei risultati ottenuti dall’analisi sul saccheggio dei beni culturali in Afghanistan di Hammer et al. si legge:

“La nostra analisi indica una tempistica prolungata per i saccheggi in Afghanistan, con quantità significative di danni ai siti verificatisi prima e dopo l’invasione degli Stati Uniti e che continuano fino ad oggi. I danni ai siti in Afghanistan sono causati da una pluralità di fattori non direttamente motivati dalla vendita di antichità saccheggiate. Tuttavia, questi fattori (in particolare l’agricoltura e lo sviluppo) distruggono i siti e aprono possibilità di saccheggio dei manufatti. I saccheggi in corso si verificano in tutto il paese, ma sono fortemente concentrati nelle aree settentrionali che non sono state roccaforti talebane. Ciò suggerisce che attori di varie fazioni e affiliazioni etniche siano coinvolti nel saccheggio e nel traffico di antichità, non solo i talebani estremisti.”.

Afghanistan e il traffico illecito dei beni culturali: bastano i trattati internazionali?

Una maggior cooperazione internazionale sarebbe auspicabile dato che l’attuale sistema dei trattati non consente una tutela piena ed efficace. Nonostante infatti l’ampia rete di collegamenti e di sforzi comuni delle organizzazioni internazionali (ICCROM, INTERPOL, UNICRI, UNIDROIT, a capo delle quali vi è simbolicamente l’UNESCO), è richiesto, a parere di chi scrive, un impegno più costante nella lotta al traffico illecito dei beni culturali.

Tra i progetti a conduzione UNESCO da menzionare, vi è quello dell’International Coordination Committee for the Safeguarding of Afghanistan’s Cultural Heritage (ICC). Si intravedono inoltre spiragli di luce anche con il ripristino di collezioni del Museo Nazionale Afghano oppure la restaurazione del tetto dell’antica moschea di Haji Pyada. A tutto questo dovrà seguire un impegno profondo frutto sia di una scelta politica precisa che dell’impegno della società afghana: la lotta al traffico illecito di beni culturali in Afghanistan passa soprattutto da qui.

Bibliografia

Campbell, The illicit antiquities trade as a transnational criminal network: characterizing and anticipating trafficking of cultural heritage, in International Journal of Cultural Property, 2013, p. 126

Charney, Denton and Kleberg, Protecting Cultural Heritage from Art Theft: International Challenge, Local Opportunity, in FBI Law Enforcement Bulletin, 2012

Hammer et al., Remote assessments of the archaeological heritage situation in Afghanistan, in Journal of Cultural Heritage, 2018

Kristy, The impact of urban sprawl on cultural heritage in Herat, Afghanistan: a GIS analysis, in Digital Applications in Archaeology and Cultural Heritage, 2018, p. e00086

https://www.unodc.org/unodc/en/about-unodc/campaigns/list-of-further-resources-on-trafficking-in-cultural-property.html

https://whc.unesco.org/en/activities/245/

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